Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 127 del 20/08/2009

IL VINO SICILIANO NEL MONDO La nuova frontiera si chiama Cina

20 Agosto 2009
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IL VINO SICILIANO NEL MONDO

altI dati parlano di 622 ettolitri di prodotto imbottigliato trasferito dall’Isola. E nove imprenditori hanno creato un consorzio per l’export in Estremo Oriente

La nuova frontiera
si chiama Cina

Probabilmente la Cina non è ancora il posto migliore dove selezionare una bottiglia di vino al ristorante. Il lungo isolamento, la situazione politica, la scarsa apertura nei confronti degli imprenditori stranieri non è stato certo finora un terreno fertile per produttori e importatori di vino italiano e non solo. Adesso, però, la situazione sta cambiando.

Un dato per tutti è emblematico del cambiamento: è previsto che entro il 2011 il consumo di vino in Cina supererà il miliardo di bottiglie. E pensare che fino a questo momento il vino italiano ha avuto solo un timido successo, detenendo meno del 20 per cento come quota di esportazione, con le tavole dei ristoranti e degli alberghi di lusso invase dalle etichette cilene ed australiane.
Per quel che riguarda la Sicilia, i numeri dicono che in Cina, secondo i dati Coreras-Istat ed elaborati dall’Istituto regionale della Vite e del Vino, l’Isola ha toccato quota 197.850 euro in valore e 623 ettolitri (di cui 622 di prodotto confezionato) in quantità. Le statistiche, le più recenti a disposizione, si riferiscono al 2006, intanto l’export verso l’Estremo oriente ha subito una crescita. Tanto che nove imprenditori del vino, capitanati dalla siciliana Barbera di Menfi, hanno dato vita al Consorzio Italia Wine Alliance che porta, sotto il marchio Italia, alcuni rappresentanti delle regioni vitivinicole più vocate d’Italia. altDal Piemonte alla Sicilia, sono nove le cantine che insieme rappresentano il made in Italy in un mercato che presenta vertiginosi tassi di crescita annuali: negli ultimi quattro anni il consumo di vino è aumentato del 67% portando la Cina ad essere primo paese consumatore in Asia. “Il consorzio – spiega Marilena Barbera, presidente del Consorzio – nasce dall’esigenza di presentare e promuovere il vino italiano con un’immagine solida e soprattutto unitaria. Con un unico marchio, che ne affermi l’alta qualità e ne identifichi la peculiarità di essere frutto di un territorio e di una cultura millenaria. Abbiamo infatti rilevato come presso i consumatori cinesi non ci sia una corretta rappresentazione del sistema vinicolo italiano: ancora non si percepiscono le variegate realtà regionali, le differenze e le tipicità che rendono unici i vini italiani nel mondo”.
Ma naturalmente in un mercato così importante è fondamentale anche scegliere le “piazze” giuste. Shanghai è considerata quella più trendy, quella che detta la moda del Paese non è un caso che il prossimo anno ospiterà l’Esposizione Universale (basta fare un giro in centro per notare centinaia di cantieri aperti notte e giorno). Inoltre Shanghai è anche la città cinese con i più alti redditi pro-capite e con una corposa popolazione giovane e benestante. Hong Kong, invece, è considerato il più importante punto di incontro di tutta l’Asia, uno stato nello stato, probabilmente la più occidentale delle metropoli cinesi. Chiarissimo anche l’identikit degli abitanti di Hong Kong che amano il vino: solo il quattro per cento della popolazione ha preso confidenza con le bollicine, mentre nella divisione fra bianchi e rossi, sono questi ultimi a fare la parte del leone, dominando il 72 per cento del mercato.

Marco Volpe