Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 178 del 12/08/2010

LA PROVOCAZIONE Quel vino Doc per la Simmenthal

29 Aprile 2010
simmenthal simmenthal

LA PROVOCAZIONE

Oltre un quarto della produzione di Marsala Fine non viene prodotto per essere bevuto ma viene utilizzato dall’industria alimentare. La nostra proposta: esca dal disciplinare o cambi nome

Quel vino Doc
per la Simmenthal

di Fabrizio Carrera

Ho letto gli ingredienti della carne Simmenthal. Ad un certo punto c’è scritto Marsala. Non è un errore. E’ il famoso vino doc siciliano che in questo caso viene utilizzato come conservante della carne in scatola. E, a giudicare dall’uso che se ne fa da lustri, con ottimi risultati. La vicenda non è nuova, pertanto. Ma ci chiediamo: che c’azzecca un vino Doc per conservare la carne in scatola?

Ve l’immaginate un Brunello di Montalcino o un Colli Orientali o un’altra Doc italiana qualsiasi finire tra gli ingredienti di una merendina o di una confezione di carne in scatola? No, non ce l’immaginiamo e non riusciamo a capire perché invece deve accadere per la più antica Doc siciliana, per un vino ricco di storia, per quello che, a ragione, possiamo definire il primo vino globale italiano e che viene regalato al presidente della Repubblica (è accaduto al Vinitaly) come simbolo di tutta la Sicilia enologica.

D’accordo, a finire nella carne in scatola o in altri prodotti alimentari è la tipologia meno pregiata, quella che nel disciplinare viene indicata con la tipologia “Fine”. Ma poco importa. Il mondo intero sa che la Doc, importante e ambita certificazione, è attribuita a vini che si bevono.  Ripetiamo, che c’azzecca un vino Doc nella carne Simmenthal? Soprattutto se poi scopriamo che ben oltre un quarto della produzione di Marsala Fine, ovvero ben 20 mila ettolitri circa, secondo un dato, è venduto sfuso. Un business che coinvolge una ventina di aziende – e tra queste anche nomi blasonati che è facile intuire – ma che in termini di immagine spinge verso il basso in modo deciso il Marsala. Sfuso, quindi con molta probabilità vino prodotto non per essere bevuto come è normale che accada, ma per finire nelle fabbriche di carne in scatola o di merendine. Ecco allora la nostra proposta, se volete un po’ provocatoria, ma riteniamo assolutamente doverosa: il Marsala Fine esca dalla Doc, oppure lo si chiami in un altro modo, ma per favore non chiamatelo più Marsala. Insomma, serve un atto di coraggio, secondo noi è necessario cambiare il disciplinare. Cambiare le regole di una Doc spetta soprattutto ai produttori, sono loro che hanno in mano le sorti del Marsala. E se fosse arrivato il tempo di modificare il disciplinare? Noi siamo convinti di sì. E lo faremo sentendo esperti, opinion leader, giornalisti, produttori. Creando nel nostro piccolo un movimento d’opinione. Ne abbiamo sentito già uno di questi esperti: il professore Attilio Scienza, il quale nell’intervista a Manuela Laiacona, che trovate nell’home page di questo giornale, traccia un quadro impietoso del Marsala, definito senza mezzi termini un vino senza futuro. Noi vogliamo credere che sia ancora possibile fare qualcosa. E ce la metteremo tutta. In nome del Marsala, l’unico vino immortale italiano. E della Sicilia, of course.