Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 4 del 12/04/2007

L’INTERVENTO: “Noi missionari del vino”

12 Aprile 2007
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    L'INTERVENTO

salvo_foti_volto.jpgIl rapporto di odio e amore con l'Etna, i timori di un'innovazione esagerata, il futuro pieno di incognite di una vitivinicoltura estrema

“Noi missionari
del vino”

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dell'enologo Salvo Foti al dibattito che si è svolto nell'ambito di Sicilia en Primeur sul tema “La  vitivinicoltura etnea: le radici del passato, l’enologia del futuro”


Il professore Attilio Scienza ha parlato dell’importanza di accettare e non aver timore dell’innovazione. Io vorrei aggiungere che l’innovazione deve essere prima attentamente valutata e verificata. Ma questo oggi è difficile, poiché coinvolge un fattore, un grande limite: il tempo.
Il tempo e il denaro spesso non ci fanno valutare opportunamente l’Innovazione. Avendo, oggi, la possibilità di viaggiare facilmente nello spazio – abbiamo ridotto lo spazio – crediamo che sia possibile fare la stessa cosa con il tempo. Ma non è cosi. Quindi una valutazione superficiale dell’Innovazione rischia di diventare non evoluzione ma involuzione, spesso di tipo irreversibile.
L'Etna, per noi etnei, è un sicuro un riferimento. Non potrebbe essere altrimenti. E' una presenza maestosa, non solo geografica. Fisica, psicologica, da cui gli anziani agricoltori, mio nonno, rivolgendo lo sguardo, alla bianca sommità del vulcano, hanno assunto premonizioni, auspici, previsioni climatiche. Sono stati loro che mi hanno trasmesso il fascino del vulcano Etna. Da piccolo non riuscivo ad immaginare la mia terra senza la Montagna e, ingenuamente, chiedevo, con ovvia ilarità di chi mi ascoltava, ma come fanno gli altri senza “a Muntagna” ?

L’Etna ha, a seconda dei suoi versanti e dell’altitudine, differenze notevoli, sia climatiche che podologiche. In alcune zone del vulcano è vero che vi è difficoltà ad avere delle uve mature tutti gli anni. Ma questo secondo me non è un problema. Bisogna solo avere l’intelligenza di farlo diventare un’opportunità….vedi il Pietramarina!
Più che di uve etnee, io parlerei di vigne. Sono quelle più vecchie, spesso franche di piede, a volte in situazioni pedo climatiche più difficili a dare i risultati migliori. Ovviamente queste vigne sono composte più delle volte da vitigni autoctoni etnei. Uno dei grandi pregi dell'Etna è proprio la presenza di queste vecchissime vigne.
salvo_foti.jpgOgni vino è un  libro, che va letto con attenzione, di cui dobbiamo conoscere l’autore, l’ambientazione, e quando è stato scritto.  Da esso apprenderemo una storia ogni volta diversa e sempre riconducibile ad un territorio, a dei vitigni ed alla cultura degli uomini che lo hanno prodotto.  Prima di valutare o definire un vino, d’altronde come dovrebbe farsi per le persone,  è necessario documentarsi, dobbiamo far precedere la conoscenza al giudizio. La conoscenza aiuta a capire e a ben giudicare. Se il consumatore parte da questi presupposti capirà facilmente che poco vi è di simile tra i vini etnei e il resto dei vini siciliani, indipendentemente dalla loro qualità. E quindi se beve un vino etneo che sembra un vino siciliano dovrebbe preoccuparsene. Il vino etneo ha un suo stile: può piacere come non può piacere, l'importante che esso rimanga sempre se stesso!
Il consumatore con la sua cultura, intelligenza, sensibilità, deve capire chi fa dei vini etnei o solamente dei vini prodotti sull’Etna E’ da capire quanta di questa gente che, sovente in modo chiassoso, spende belle parole e si propone con importanti progetti vitivinicoli, farà dei vini che siano veramente l’espressione di questo territorio. Oppure, sfruttando la “Montagna”, il suo fascino, l’antichissima viticoltura, i particolari vigneti, viene ad imporre il proprio modello produttivo. Tutto questo va aldilà dalla qualità dei vini. E’ più un concetto che coinvolge l’integrità e l’onestà della produzione.
L'uomo tecnologico, l'interesse economico a tutti i costi, hanno trovato di poco interesse la vitivinicoltura etnea, proprio per questa sua scarsa possibilità di essere meccanizzata. Questo ha significato, sino a pochi anni fa, una scarsa considerazione per i vini etnei. Benanti e (pochi) altri hanno comunque continuato il loro lavoro anche senza gratificazioni dei vari guru ed opinion leader del settore. Anche se snobbati,  sono andati avanti per la loro strada, senza seguire le mode. Ovviamente oggi siamo contenti dei risultati e delle attenzioni che tutti i promotori del settore enologico ci riservano. Ma noi da sempre abbiamo creduto all’Etna, alle sue vigne, ai suoi vitigni, alla particolare eleganza dei suoi vini. Se questa notorietà odierna è il prodotto di un cambiamento, sicuramente non siamo noi etnei che siamo cambiati. Noi continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto, dei vini etnei.
Il problema di oggi è il viticoltore, la sua preparazione professionale e umana, la continuità generazionale. Non è solo la continuità e l’esperienza che abbiamo quasi definitivamente perso, ma anche i viticoltori autoctoni che sono sempre meno, sempre più vecchi, e bisogna sforzarsi di formarne altri che sempre più non sono locali, a quest’ultimi, spesso, non interessa fare i viticoltori.
Da tempo ormai, è tra gli immigrati che si cerca di trovare quelli più adatti a fare questo lavoro. Questa ricerca dell’immigrato tipo più adatto a diventare viticoltore a cui affidare le nostre vigne, ovviamente non è una scelta, ma una pressante necessità. Non vi è altra soluzione, i figli non fanno e non vogliono fare più il lavoro dei nonni, dei  padri. I figli non hanno più chi insegna loro la cultura vitivinicola. Questa è ormai una nuova cultura, da imparare sui libri, e non da tramandare da padre in figlio. Non vi è più in maniera estesa, territoriale, tra una generazione e un’altra, continuità, trasferimento di informazioni, di simboli, di tecniche di civiltà vitivinicola. Avremo sempre più l’esigenza di dare le nostre vigne, non ai nostri figli, ma ad altri uomini di diverse civiltà, costretti ad abbandonare la loro cultura (o disperazione) e a sforzarsi a diventare dei coltivatori di viti.
Se è vero, come è vero, che dietro una bottiglia di vino oltre il territorio, il vitigno autoctono del territorio c’è anche e soprattutto l’uomo, con la sua civiltà e cultura vitivinicola, l’uomo autoctono, dobbiamo chiederci, chi sarà domani a coltivare le nostre vigne?
Noi, I Vigneri, lavoriamo sull’uomo vitivinicolo etneo, sulla sua preparazione professionale e umana per ridare dignità a degli uomini a cui oggi non è solo richiesto di fare i viticoltori, ma di curare, di valorizzare il territorio, di essere dei custodi delle vigne e della nostra “Muntagna”: questo è la nostra missione, questo è il nostro futuro!
  

Salvo Foti