Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 55 del 03/04/2008

IL LIBRO Il grano degli Dei

02 Aprile 2008
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    IL LIBRO

granoxlibro.jpgI cereali, la simbologia, le tradizioni della Sicilia antica, in una pubblicazione diretta da Claudio Paterna, direttore del servizio Beni storico-artistici ed etnoantrpologici della Regione

Il grano degli Dei

Il “Ciclo del grano nella terra di Demetra” è una pubblicazione coordinata da Claudio Paterna, direttore del servizio Beni storico-artistici ed etnoantrpologici della Regione. Racconta dell’importanza dell’orzo e del grano nell’economia delle civiltà classiche e della rilevanza simbolica dei cereali nel complesso delle divinità greco-romane. Pubblichiamo uno stralcio del libro.


    IL LIBRO

granoxlibro.jpgI cereali, la simbologia, le tradizioni della Sicilia antica, in una pubblicazione diretta da Claudio Paterna, direttore del servizio Beni storico-artistici ed etnoantrpologici della Regione

Il grano degli Dei

Il “Ciclo del grano nella terra di Demetra” è una pubblicazione coordinata da Claudio Paterna, direttore del servizio Beni storico-artistici ed etnoantrpologici della Regione. Racconta dell’importanza dell’orzo e del grano nell’economia delle civiltà classiche e della rilevanza simbolica dei cereali nel complesso delle divinità greco-romane. Pubblichiamo uno stralcio del libro.

di Claudio Paterna

Madre Terra
Gli scavi archeologici più recenti hanno dimostrato che la parte dell’isola più sensibile alla cultura primitiva delle granaglie fosse l’area tra i fiumi Gornalunga, Dittaino e Simeto (province di Enna e Catania), dove pare che la pianta selvatica del farro fosse abbondante.
Gli abitanti dell’età tardo-neolitica che ivi sorsero (cultura di Stentinello e Matrensa) adottavano grandi terrazzamenti alla base dei loro insediamenti a scopi difensivi. Ne è un chiaro esempio l’abitato in località San Marco (Paternò) o Rocchicella (Mineo) che testimoniano oltretutto forme di architettura arcaica d’escavazione, e primigeni culti ai defunti.
I. E. Buttitta sottolinea come questa cultura tardo-neolitica abbia restituito decorazioni fittili di contenitori, destinati alle sementi, vagamente raffiguranti il sesso femminile.
L’arcaicità del mito di Demetra attesta l’ampia diffusione fin dalla preistoria delle coltivazioni di semi: M. Eliade sottolinea come Demetra, dea degli antri, paleolitica, mostruosa signora della fecondità, divenga dominatrice del destino degli uomini e delle piante, fino a essere protettrice benevola delle bionde messi.
L’agricoltore del Neolitico stabilisce un legame quasi mistico tra funzioni riproduttive femminili e feracità della terra. Vale per tutti il caso dei santuari dell’Eneolitico e della prima età del bronzo a Malta (2200-1600 a.C.): i culti per la Madre Terra potevano avere santuari esclusivi anche su un’isola solitaria come Malta, ma i popoli che veneravano la grande Dea provenivano da luoghi svariati del Mediterraneo.
L’osservazione di Maria Gimbutas (1989) che nell’Europa meridionale e sud-orientale, le tombe neolitiche avessero forma ovale, simbolica dell’uovo o dell’utero, e che le tombe a pithos, sepoltura in posizione fetale in un vaso a forma di uovo, o quelle stesse a forno, esprimessero il concetto della sepoltura nel grembo materno. Ciò sembra convincente, come del resto l’idea della sepoltura nel grembo, che essa sia analoga a quella della sepoltura del seme.
Nel dimostrare la sua tesi del legame tra Terra Madre feconda e destino dei defunti, gli studiosi sottolineano che una gran parte di reperti raffiguranti attributi muliebri provenga oltre che da ambienti templari primitivi e domestici, anche da contesti funerari (le grandi necropoli a grotticella come quella di Pantalica, di Dessueri, di Monte San Mauro a Caltagirone, di S. Angelo Muxaro, ecc.).
D’altra parte il mito (Tucidide, Diodoro) vuole che a introdurre la cultura del grano in Sicilia sia stata Demetra stessa, ma si deve alle storie di Aristeo, identificabili nel periodo minoico-miceneo, se vengono introdotti gli strumenti della coltivazione, quali la falce, o gli otri per la conservazione delle sementi. Alla popolazione dei Sicani è addirittura attribuita l’invenzione della falce (Sika) ma evidentemente attorno al Bronzo medio (1500 a.C.) la coltivazione del grano dà forma alle prime manifestazioni religiose rappresentate nel Tempio. Il forte legame tra ciclo agrario, forze della natura e religiosità, è ampiamente documentato sia per l’alto patrocinio offerto dagli dei e dai santi per ogni giorno dell’anno, (e in particolare per i lavori agricoli), sia per una rete di simboli e riti che accompagnavano la vita dell’uomo dall’antichità al medioevo. Di seguito offriamo una breve rassegna di proverbi popolari significativi dell’argomento di cui si tratta, presi a caso tra le comunità isolane, con riferimenti più espliciti alla provincia di Enna, ma soprattutto evidenziando la ricerca di un modus vivendi e di un modo di pensare tradizionale, che è alla base della filosofia popolare o etnofilosofia, come si dice oggi riferendosi ai popoli senza scrittura.
I tempi dell’estinzione dei riti – arcaici per quanto possano essere, rispetto al collegamento diretto tra ciclo agrario e religiosità – sono più lunghi. Ragion per cui resistono ritualità religiose legate al ciclo del grano.
Computo del tempo (detti sui mesi, sui giorni della settimana, sul tempo)
Nell’analisi delle tradizioni popolari afferenti le mutazioni del tempo, della vegetazione, della natura, siamo indotti a credere che il contadino eleggesse a sue «protettrici» le stesse forze della natura. Come largamente condiviso dagli antropologi, il concetto di Tempo veniva interpretato in due modi: il tempo cronologico – che è quello cui ci affidiamo nel calendario solare, e il tempo mitico o sacro – che è quello legato alle divinità, ai santi e agli eventi prodigiosi «scritti» nel libro dei miti e delle leggende o semplicemente delle agiografie dei santi patroni (13). Il computo del Tempo andrà così considerato iniziando, dall’idea di anno solare, dai mesi, dai giorni della settimana (dimensione cronologica del tempo), dai pronostici sul tempo stesso (dimensione mitico-magica).
Tra i sistemi di misurazione del tempo in rapporto allo spazio celeste, esisteva anche un sistema siciliano documentato sull’encliclopedia Treccani come «sistema di derivazione giudeo-siriaco» (mesopotamico). Ovviamente i pronostici sulla resa dei campi erano gran parte frutto dell’esperienza contadina, ipotesi a lungo verificata; tuttavia essi rientrano nella dimensione non oggettiva, cui appartengono gli stessi proverbi.
Degni di menzione anzitutto i nomi dei mesi, conservati con le profonde radici linguistiche sicule: Innaru, mienzu duci e mienzu amaru (Agira); Jinnaru fa agneddi e frivaru fa i peddi.
Frivaru, frivaru frivaluoru ogni tinta addina fa u so ovu. Frivaru scorcia a vecchia o cufularu.
Marzu, U suli i marzu annurica u catinazzu. U friddu i marzu s’infila nno cuornu do voi.
Avrili, Avrili friddulinu, assai pani e picca vinu. Avrili ti vegnu a vidiri.
Maju, a zita majulina un si oda a vistina.
Ggiugnu, Ggiugnu trasi di notti e i lavora si trovino cotti.
Giugnettu, A giugnettu uomini all’antu e fimmini o suli.
Austu, acqua d’austu, uogghiu, meli e mustu. Austu riustu e capu ’mmiernu.
Sittiemmiru, Sittiemmiru nne vigni c’è nsolia, muscatedda e frutti magni.
Ottuviru, Ottuviru i terri si lavurinu. Ottuviru assai piciniusu.
Nuviemmiru, Si a nuviemmiru trona, annata è bona.
Diciemmiru, o dui san Conu o quattru Santa Barbira o siei Nicola, l’uottu Maria e tridici Lucia e o vinticincu u veru Misia.
Particolare attenzione merita il mese di luglio detto Giugnettu, un prolungamento di giugno. Pitré spiega molto dettagliatamente come avveniva il computo dei mesi con le dita delle mani.
Ma più affidabile doveva essere l’agrimensore, il Mensores dei romani, il quale dotato del suo strumento il Groma, doveva stabilire in base alle fasi lunari e solari, il passaggio effettivo delle stagioni e l’articolazione del calendario festivo.
I giorni della settimana: finché si sono conservati nella forma sicula tradizionale i nomi della settimana erano del tutto simili a quelli italiani, e in più ampio contesto a quelli latini:
LUNI – Ù luni si nni va a ruzzuluni
MARTI – Di marti né si spusa né si parti
MIERCURI – M. intra e simana fora
JOVIRI – Giovedì
VENNIRI – Cu arrida di venniri ciancia di sabitu
SABITU – O sabitu simu junti, lesti i manu e luonghi i punti
DUMINICA – Domenica.