Numeri Aprile 2008
CIBO & STORIA Ravioli, dolce melodia

Ravioli, dolce melodia
Una sinfonia di gusto. Paganini non è stato solo un grande violinista, compositore, esecutore e direttore d’orchestra. Tra le mille curiosità della sua vita movimentata e sregolata, appassionato anche del gioco d'azzardo e di belle donne, non manca l’aspetto gastronomico.
L’artista, maestro di note, oltre ai ventiquattro “Capricci” per violino, ha scritto di suo pugno anche la ricetta del sugo di manzo per i ravioli alla genovese, il cui manoscritto è oggi disponibile presso la Library del Congresso di Washington (Usa).
Le memorie di Paganini, ancora oggi, sono popolate da ravioli fumanti e gustosi secondo la tipica variante genovese caratterizzata da una farcia di polpa di vitello macinata con la borragine e da frattaglie quali le animelle, le cervella e gli schienali, ripieno estremamente sofisticato nei sapori.
E i ravioli di Paganini sono gettonatissimi nei menu sofisticati per cene importanti. Magari abbinati a creazioni che portano il nome di altri grandi artisti. Ed ecco che non è difficile proporre un menu con un antipasto di carpaccio alla Stravinskij di salmone al pepe rosa con crostini dorati, un risotto primavera di Vivaldi, con capesante e mandorle tostate al profumo di basilico, e i ravioli di Niccolò Paganini, alle erbe di campo presentati su guazzetto di pomodoro fresco.

“Per una libbra e mezza di farina due libbre di buon manzo magro per fare il suco. Nel tegame si mette del butirro, indi un poco di cipolla ben tritolata che soffrigga un poco. Si mette il manzo, e fare che prenda un po’ di colore. E per ottenere un suco consistente si prende poche prese di farina, ed adagio si semina in detto suco affinché prenda il colore. Poi si prende della conserva di pomodoro, si disfa nell’acqua, e di quest’acqua se ne versa entro alla farina che sta nel tegame e si mescola per scioglierla maggiormente, e per ultimo si pongono entro dei fonghi secchi ben tritolati e pestati; ed ecco fatto il suco.
Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi.
Un poco di sale entro la pasta gioverà alla consistenza della medesima.
Ora veniamo al pieno. Nello stesso tegame colla carne si fa in quel suco cuocere mezza libbra di vitella magra, poi si leva, si tritola e si pesta molto. Si prende un cervello di vitello, si cuoce nell’acqua, poi si cava la pelle che copre il cervello, si tritola e si pesta bene separatamente, si prende quattro soldi di salsiccia luganega, si cava la pelle, si tritola e si pesta separatamente. Si prende un pugno di borage chiamata in Nizza boraj, si fanno bollire, si premono molto, e si pestano come sopra. Si prendono tre ovi che bastano per una libbra e mezza di farina. Si sbattano, ed uniti e nuovamente pestati insieme tutti gli oggetti soprannominati, in detti ovi ponendovi un poco di formaggio parmigiano. Ecco fatto il pieno.
Potete servirvi del capone in luogo del vitello, dei laccetti in luogo di cervello, per ottenere un pieno piu’ delicato. Se il pieno restasse duro, si mette nel suco. Per il ravioli, la pasta si lascia un poco molla. Si lascia per un’ora sotto coperta da un piato per ottenere le foglie sottili.”
Carla Fernandez
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