Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 162 del 22/04/2010

L’AZIENDA/2 Il vino che rilancia Gibellina

22 Aprile 2010
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L’AZIENDA/2

Orestiadi vini è la nuova promessa vitivinicola della Valle del Belice. A soli tre anni di vita cinque menzioni al Vinitaly e una medaglia d’argento al Concours Mondial de Bruxelles

Il vino che rilancia
Gibellina

Rinasce il territorio di Gibellina e lo fa con il vino. Dietro questa sfida c’è una realtà in fermento. Orestiadi Vini non è una semplice cantina ma un progetto di sinergie fatto da giovanissimi che operano nel mondo del vino, provenienti dalle cantine Ermes, e patrocinato dalla Fondazione Istituto di alta cultura Orestiadi.


Due linee, Orestiadi e Monte Fusco, ciascuna composta da quattro e sei etichette, 160 ettari di vigneto distribuiti in un areale di 18 chilometri attorno a Ghibellina, 30 l’età media del team aziendale: sono questi i numeri della realtà che sta rilanciando la Valle del Belice. “Orestiadi vini nasce dalla volontà di proporre il territorio di Gibellina attraverso uno dei prodotti che più lo rappresentano – spiega Alessandro Parisi, direttore marketing dell’azienda -. Abbiamo presentato il progetto alla fondazione, al senatore Ludovico Corrao, il quale è impegnato in prima persona nello sviluppo di questo territorio. Non solo lo hanno sposato ma ci hanno consentito anche di usare il marchio Orestiadi. Per noi un modo per legare ancora di più il vino al territorio. Con i vini vogliamo portarci dietro il territorio”.
A dare fondamento al progetto un lungo percorso di sperimentazione basato sulla zonazione che ha consentito di rivalutare il patrimonio vitivinicolo del Belice e di riportare alla luce varietà non più coltivate. “Ancora questa fase sperimentale prosegue – precisa Antonio Miliardi, enologo ventottenne -. Ad oggi però ci ha consentito di rendere operativi 120 ettari estesi dal mare alle colline di Gibellina, anche se ancora su 40 vigneti continuiamo con la sperimentazione . Abbiamo anche selezionato, secondo un nostro protocollo interno, i vitigni migliori, tra questi il Cataratto extralucido, che ha un patrimonio aromatico superiore al Catarratto comune. Su 40 vigneti ancora continuiamo con la sperimentazione”.
Un biotipo a rischio estinzione, che, come racconta Miliardi da sempre veniva coltivato diffuso in tutta la provincia di Trapani ma che nell’ultimo decennio sarebbe stato preferito al comune Catarratto perché meno produttivo. L’identità dei vini di Orestiadi vini però non sarebbe data solo dai vitigni autoctoni, come precisa l’enologo. “Sia nei rossi che nei bianchi sono presenti anche vitigni internazionali. Questo perché nel nostro progetto vogliamo offrire una lettura del territorio sotto diversi punti di vista. Con i bianchi abbiamo voluto puntare all’eleganza e a prodotti raffinati, con i rossi abbiamo voluto valorizzare invece le caratteristiche del frutto”.
Una chiave di promozione vincente visti i riconoscimenti che in appena tre anni di vita l’azienda ha portato a casa. Gli ultimi quelli ottenuti al Vintaly, dove hanno sancito il loro debutto. Cinque grandi menzioni. Quattro conferite alla linea Orestiadi: Egisto, un grillo del 2009, a Clitennestra, un blend di Cataratto e Chardonnay del 2009, e Cassandra un Sirah del 2007. Una gran menzione anche al Nero d’Avola della linea Monte Fusco. Ma anche nel panorama internazionale Orestiadi Vini si è fatta valere con la medaglia d’argento ricevuta alla scorsa edizione del Concours Mondial de Bruxelles. Il vino però per l’azienda sembra essere solo un trampolino di lancio. Dal turismo verde ad una rete di sinergie, la cantina scommette nella rinascita del territorio. “La nostra intenzione è quella di creare sinergie con tutti gli attori del territorio, dal produttore di olio, al casaro al panificatore. Tutti con la propria identità ma insieme. Così da essere diversi attori nella stessa scena – dice Parisi -. Perché se non c’è dialogo tra questi attori non può esserci territorio. E’ questa la chiave del successo”. Il fare squadra è quindi la filosofia con cui si esprime la nuova generazione del vino del Belice. “In azienda siamo uno staff di giovani. Abbiamo deciso di portare avanti un nuovo modo di fare impresa: la responsabilizzazione. Ognuno si assume i propri compiti e le proprie responsabilità senza delegare ad altri. Siamo affiatati e ci intendiamo molto. Stiamo investendo sulle persone”.
Come hanno fatto anche con il progetto Giovani fermenti, un bando organizzato assieme alla Fondazione Orestiadi, che ha appena affidato ad un gruppo di giovani artisti palermitani una valorizzazione artistica dei sylos e della struttura della cantina.

Manuela Laiacona