Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 203 del 03/02/2011

IL CASO Slow Food parte civile per la biodiversità

03 Febbraio 2011
roberto-burdese roberto-burdese

IL CASO

L’associazione in prima linea nel processo contro l’imprenditore friulano Giogio Fidenato che seminò nei suoi campi mais geneticamente modificato Mon 810. Burdese: “Soddisfatti perché è stato riconosciuto il nostro ruolo”

Slow Food
parte civile
per la biodiversità

Con la costituzione delle parti e l’ammissione delle prove, ha preso il via il processo contro l’imprenditore agricolo friulano Giorgio Fidenato che nella primavera 2010 seminò nei suoi campi a Fanna e Vivaro (provincia di Pordenone) mais geneticamente modificato Mon 810.

Nell’udienza tenutasi al tribunale di Pordenone, il giudice monocratico Rodolfo Piccin ha accolto la richiesta di Slow Food Italia di costituirsi parte civile. Accettando la domanda, il giudice ha riconosciuto centrale l’attività di Slow Food, rappresentata dallo studio legale Lamacchia, Cavallito e Piane, a difesa del consumatore, dell’ambiente e della biodiversità.
«Siamo soddisfatti perché è stato riconosciuto il nostro ruolo – ha dichiarato il presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese (nella foto) – ma questo è solo l’inizio di un iter processuale che potrà rivelarsi fondamentale per il futuro dell’agricoltura italiana e per la conservazione della biodiversità nel nostro Paese. Continueremo a vigilare, studiare e a mettere in atto ogni iniziativa possibile affinché non siano scavalcate leggi che tutelano la sovranità alimentare nazionale e il lavoro degli agricoltori».
Giorgio Fidenato aveva ricevuto nell’estate scorsa dal tribunale di Pordenone un decreto penale di condanna al pagamento di 30mila euro, oltre alla distruzione delle piante di mais transgenico. Un provvedimento giusto, che secondo Slow Food ripristinava la legalità. Giorgio Fidenato si era opposto portando all’avvio del processo la cui prossima udienza si terrà il 29 giugno prossimo. Oltre a Slow Food sono stati ammessi come parte civile la regione Friuli Venezia Giulia, la provincia di Pordenone, Coldiretti e Codacons. Sono stati inoltre accettati tutti i mezzi di prova dai testi, ai documenti alle indagini scientifiche.
La vicenda in corso, la cui sentenza Slow Food spera sia emessa in tempi brevi, si rivelerà determinante per quanto successo l’anno passato, ma anche e soprattutto per regolare le prossime semine che, nonostante in Italia sia illegale piantare Ogm senza autorizzazione, sono comunque a rischio. L’Italia è e deve rimanere un Paese libero da Ogm.