Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 203 del 03/02/2011

LA RICERCA Ostriche a rischio estinzione

03 Febbraio 2011
ostriche ostriche

LA RICERCA

Colpa di inquinamento, raccolte sregolate e introduzione massiccia di specie alloctone nei mari. E’ già allarme in America. Ma in Italia gli appassionati mangiano solo quelle da allevamento

Ostriche a rischio estinzione

Nei bistrot francesi, così come nei wine bar di San Francisco, e nei ristoranti italiani, sarà sempre più dura trovare ostriche selvagge.

Questa prelibatezza, di cui l’Italia è il massimo importatore al mondo come sottolinea Federpesca, rischia di sparire dal mercato per la scomparsa, segnalata dalla rivista BioScience, del 90% degli stock di questi molluschi bivalvi. L’eccessivo prelievo avrebbe provocato la scomparsa dell’85% delle scogliere dove vivono le ostriche naturali, secondo lo studio dell’Università della California e dell’organizzazione americana Nature Conservancy che hanno monitorato 144 baie e 44 ecoregioni in tutto il mondo.

Il pericolo di estinzione sarebbe determinato non solo da una raccolta sregolata, ma anche da patologie causate principalmente dall’introduzione di specie di ostriche non autoctone.

Attualmente il 75% delle ostriche ‘selvatiche’ pescate viene da cinque aree del nord America, le cui condizioni però sono in rapido declino, fatta eccezione per il golfo del Messico.

«Una volta le ostriche dominavano diversi estuari ed erano un elemento fondamentale per l’ecosistema – spiegano i ricercatori Usa – ma secoli di sfruttamento uniti alla degradazione delle coste hanno ormai spinto i banchi sull’orlo dell’estinzione in quasi tutto il mondo». Dopo l’emergenza marea nera, osserva la ricercatrice Inran Elena Orban, «per questi organismi filtratori è importante la qualità delle acque, dal punto di vista dell’ossigenazione e ricchezza di plancton. I consumatori italiani di ostriche allevate possono, tuttavia, contare su allevamenti molto controllati e etichette che indicano il produttore e il centro di depurazione, oltre la data di scadenza».

«L’allarme può essere legato al surplus di raccolta, all’inquinamento, e soprattutto – sottolinea la ricercatrice dell’Università di Firenze Giuliana Parisi – per il cambiamento delle condizioni ambientali: minime variazioni di temperatura dell’habitat marino possono essere mortali per le ostriche.

Anche in Europa, del resto, la situazione non è tranquilla – continua Parisi: da alcuni anni – ricorda la biotecnologa – c’è una mortalità devastante per il virus che ha colpito la produzione francese in maniera drastica e poi l’Irlanda. Con episodi registrati da dieci anni, e manifestazioni più clamorose negli ultimi due periodi estivi (summer mortality), al punto che è stata avviata una selezione genetica dei ceppi resistenti che richiederà alcune generazioni di ostriche, che si riproducono in due-tre anni».

L’Italia, precisa Parisi, «è l’importatore n.1 al mondo di ostriche (in massima parte allevate, l’ostrica concava), con circa 7500 tonnellate di import, a fronte di appena 300 tonnellate di produzione Made in Italy (a Manfredonia, Sardegna, e piccole produzioni in Sardegna e Lazio) crollata a circa 10 tonnellate nell’ultimo anno per problemi di approvvigionamento del seme, dopo lo stop delle vendite francesi.

»Nessuna impennata di prezzi nei listini «viene registrata, salvo il periodo natalizio, al mercato ittico di Pozzuoli vicino Napoli, dice il direttore Giuseppe Palma che è veterinario, nel precisare che» in Italia le ostriche sono quasi tutte d’allevamento e provenienti da Francia e Spagna. Vanno obbligatoriamente commercializzati solo esemplari vivi, e per il consumo a crudo i rischi sanitari si concentrano nella manipolazione. Ma se anche dovessero sparire le ostriche selvatiche i consumatori italiani hanno un’alternativa: il tartufo di mare, costa di più ma – secondo Palma – è imparagonabile come ricchezza di gusto ».