Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 43 del 10/01/2008

VERDE A TAVOLA Cardi, must della friggitoria

10 Gennaio 2008
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    VERDE A TAVOLA

foto_cardi.jpgMa vanno bene anche lessi. Nella cucina popolare siciliana hanno la fama di essere uno dei più potenti “chiama vino”, a cui vanno associati rossi corposi

Cardi, must
della friggitoria

Affiorano da enormi pentoloni posti in punti strategici del mercato. Ancora fumanti di bollitura, i cardi sono piazzati sul bordo delle maniglie, in equilibrio molto precario. Ma tanto basta al passante per capire che il contenuto dei marmittoni è quello.

E per quanto non siano dorati di croccante frittura vanno bene lo stesso. “Che Iddio salvi la cucina di strada di Palermo “, direbbe Raspelli, grande estimatore delle nostre “delicatessen”. Magari non mondate delle foglie, come succede ai cardi, che finiscono in pentola con tutti gli annessi e i connessi.
I “carduni” in pastetta sono uno dei “must” della stagione in friggitoria. Sbollentati per dieci-quindici minuti in acqua salata, vanno poi fritti con una pastetta di acqua, farina e uovo, a cui talvolta si aggiunge un po’ di acciuga salata. Vanno mangiati però caldissimi. La variante più leggera prevede l’infarinatura semplice dei cardi scolati e la “saltata” in padella con aglio e un filo d’olio. Ma esistono altre ricette più elaborate. Nella cucina popolare siciliana i cardi hanno la fama di essere uno dei più potenti “chiama vino” a cui vanno associati rossi corposi.
Il cardo, appartenente alla famiglia delle Composite, (Cynara cardunculus altilis) vive proprio adesso il suo momento di maggiore gloria. Provenienti dalle pianure alluvionali di Termini e Cerda, giungono al mercato in quantità notevoli, tanto che il prezzo scende fino a un euro il mazzo. Ne esistono diverse varietà: Avorio riccio di Asti, Bolognese, Gigante di Romagna, Spadone di Nizza Monferrato, Verde di Chieri, Cardo di Tours. Anticamente il fiore del cardo era usato dai pastori per la “presura”, in sostituzione del caglio animale. Di un’altra specie selvatica, invece, si usava il capolino secco per cardare la lana. Nella campagna siciliana vegetano vari cardi selvatici. C’è il cardo mariano (Silybum marianum) le cui venature bianche rimandano alla leggenda secondo cui le foglie furono macchiate da qualche goccia di latte della Vergine quando nascose Gesù alla furia sterminatrice di Erode. Tanto le foglie quanto i capolini possono essere mangiati. In infusione sono febbrifughe e agiscono contro le affezioni epatiche. Il cardo santo (Cnicus benedictus), invece, presente spesso a sud e dal caratteristico fiore giallo estivo, fu una panacea per Federico III che guarì dalle emicranie grazie ad abbondanti infusi.

Mario Pintagro