Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 149 del 21/01/2010

LO SCENARIO “Prezzi un po’ più alti per resistere alla crisi”

21 Gennaio 2010
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LO SCENARIO

Alberto Tasca d’Almerita indica strategie e tira le somme: “Fatturato in lieve calo nel 2009 e nei prossimi mesi il lancio del nuovo rosso etneo. Ma la crisi non ha finito di provocare vittime”. E per il futuro “la parola d’ordine sarà sostenibilità”. Mentre cambiano alcuni incarichi aziendali…

“Prezzi un po’
più alti
per resistere
alla crisi”

La novità di casa Tasca d’Almerita si chiamerà Tascante, rosso dell’Etna, annata 2008, il primo vino prodotto alle pendici del vulcano grazie all’acquisizione di una tenuta nel territorio di Castiglione di Sicilia. Non sarà l’unica prevista per quest?anno appena cominciato. C’è anche un’ampia veduta sugli aspetti commerciali che dopo un anno difficile come il 2009 non possono essere trascurati. Facciamo il punto con Alberto Tasca d’Almerita che assieme al fratello Giuseppe e al padre Lucio gestisce le varie tenute sparse per la Sicilia e la cantina di Regaleali.

Come si chiude il 2009?
«Con un meno 4,5 per cento sul fatturato totale. Abbiamo sofferto di più sul versante estero, mentre ha tenuto la vendita in Italia. Oggi Italia ed export sono così suddivisi: 60% e 40% Il peso della Sicilia in queste cifre? Il 45% del fatturato Italia».

Quante bottiglie prodotte? E quali le etichette che hanno avuto le migliori perfomance?
«Circa 3 milioni di bottiglie prodotte in cinque tenute diverse. Le etichette? Bene Leone, Lamuri, Regaleali bianco che in Germania è stato anche contraffatto come le grandi griffe della moda italiana, il Grillo di Mozia, il Camastra ed i vini top, soprattutto Rosso del Conte e Malvasia di Capofaro la cui produzione è sempre stata limitata rispetto alle richieste dei mercati».

Non potete lamentarvi…
«Il fattore che rende il nostro 2009 vincente nonostante la flessione dei volumi dovuta alla riduzione delle scorte degli importatori nei mercati esteri è l’aumento del nostro prezzo medio di vendita del tre per cento circa».

Cosa è cambiato nel 2009 dal punto di vista commerciale nella vostra azienda?
«Quasi nulla. Semmai a cambiare molto è il mercato».

In che senso?
«È aumentata la richiesta di partnership con aziende familiari che sono attive da più generazioni, questo è dovuto al voler privilegiare le visioni e le strategie a lungo termine. Nei progetti modali in molti si sono scottati le dita. Nessuno vuole più rischiare di prendere fregature. Ma c’è dell’altro…».

Per esempio?
«È aumentata la necessità di offrire servizi alla vendita, il cliente non vuole più fare acquisti ingenti dal punto di vista quantitativo, preferisce alleggerire le scorte di magazzino, questo implica il dover servire i clienti più volte ed il relativo aumento dei costi di trasporto. Mentre il marketing sarà sempre più comunicazione dell’anima aziendale non più espressione di un ideale ma della realtà».

E il consumatore finale? Cambia anche lui?
«Il consumatore è molto più attento a cosa compra, disposto anche a spendere tanto ma per qualcosa di certo, e questo succede anche nei confronti dei prezzi bassi. Ed, infine, la produzione sostenibile sta diventando imprescindibile».

Insomma un quadro in grandissima evoluzione. E voi state cambiando uomini nella vostra rete vendita?
«Nel 2009 la direzione delle vendite nazionali è stata affidata ad un giovane palermitano di 28 anni che ha già ricoperto questo ruolo in una prestigiosa cantina veneta. Si chiama Francesco Giattino e subentra a Marco Giambastiani che ha lavorato con noi per cinque anni circa. Nel marketing quest’anno è tornato Ivo Basile dopo qualche anno in altre realtà. Mentre ci abbandonerà presto Luigi Pavesi che dopo 7 anni in azienda ha deciso di cambiare vita. Anche Giulia Messina, collaboratrice nel settore marketing è attratta dal settore commerciale e si accinge a fare qualche esperienza di affiancamento nel settore vendite».

Nel 2010 nuove etichette, nuovi mercati, nuove iniziative? E poi credete che il 2010 sarà un anno migliore o il peggio dovrà ancora arrivare?
«Il 2010 per noi sarà l’anno di tante novità e cambiamenti: il primo passo sarà l’attuazione del codice di sostenibilità in azienda che affiancherà il nostro codice etico: abbiamo siglato un accordo con l’università cattolica di Piacenza per un progetto pilota nel settore vino. L’obiettivo è la sostenibilità totale in ogni nostra azione o comportamento, inizieremo dall’analisi del punto in cui siamo e adotteremo tutte le misure necessarie per migliorarci in ogni azione. Quest’anno presenteremo la nostra prima annata del Tascante annata 2008, l’inizio della nostra avventura nelle terre vulcaniche dell’Etna…e qualche altra piccola sorpresa. Stento a credere che il 2010 possa essere peggio del 2009 anche se per alcuni arriveranno definitivamente i nodi al pettine».

Qual è la vostra idea sulla Doc Sicilia che sembra in dirittura d’arrivo?
«Come in tutti i casi molto dipenderà dalla capacità di saperla gestire e di saper convivere sotto lo stesso tetto, fattore importantissimo, anzi fondamentale per potersi affermare nel mercato. Noi siciliani siamo ancora lontani dall’essere riconosciuti nel mondo come grandi produttori di vino. Dobbiamo imparare a fidarci l’uno dell’altro e fruire delle esperienze di chi vive i mercati, se continuiamo a guardare solo il nostro piatto sarà dura. Oggi i veri business sotto il nome Sicilia vengono fatti da imbottigliatori extra isolani. Avremo bisogno della classe politica che ci sostenga e che sostenga il territorio tramite infrastrutture e servizi. La distribuzione dei soldi per far contenti più persone possibile a fini elettorali è una logica arcaica e controproducente per il politico stesso. Pensate che a causa di queste logiche quest’anno la Regione Siciliana ha perso circa 5 milioni di euro destinati alla promozione nei Paesi esteri».

È vero che le bollicine sono in grande espansione nei mercati? Sarà un vino del futuro?
«Occhio alle mode. È vero che lo champagne ha ceduto tante quote di mercato a favore di Franciacorta e Prosecco, ma occhio ai fenomeni modali. Nel nostro settore hanno una durata media di circa 5 anni per poi inflazionarsi e creare morti e feriti. Da noi percepisco comunque una buona energia produttiva a favore delle bollicine e questo è divertente ed interessante. Ma come dicono gli americani parliamo di ‘pinuts’, ovvero noccioline, numeri minuscoli».

F. C.