Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 117 del 11/06/2009

IL PROVVEDIMENTO Vino rosé, no alla miscela

11 Giugno 2009
rose rose

IL PROVVEDIMENTO

La Commissione europea rinuncia alla proposta per autorizzare la produzione del rosato, unendo bianco e rosso. La Cia: “Una vittoria italiana che garantisce sia le cantine che i consumatori”

Vino rosé,
no alla miscela

Il vino rosé rimarrà inalterato. La Commissione europea a Bruxelles ha infatti deciso di fare dietrofront e rinunciare alla sua proposta che puntava ad autorizzare in Europa la produzione del finto rosé frutto della miscela di vini da tavola bianchi e rossi e non della lunga e speciale vinificazione alla base del rosé tradizionale.


Soddisfatto il ministro per le Politiche agricole e alimentari, Luca Zaia, che accanto al collega francese si era lanciato nella battaglia insieme alle organizzazioni agricole, dalla Coldiretti alla Confagricoltura alla Cia. Insomma, gli europei potranno continuare a gustare il loro rosé tradizionale sostenendo un settore che rischiava di soccombere alla concorrenza di un prodotto a buon mercato “made in Ue”.
Dovranno però fare attenzione all’etichetta in quanto il rosé miscelato importato potrà essere venduto in Europa. Ma per una battaglia vinta, molto rimane ancora da fare. L’Europa infatti continua ad autorizzare, anche se in misura minore, lo zuccheraggio dei vini europei del Centro e del Nord Europa, oltre a permettere l’aggiunta di trucioli di legno per dare al consumatore la falsa illusione che il vino é stato invecchiato in botti di rovere.
Si tratta di pratiche enologiche previste dalla riforma del settore nel 2006, o autorizzate in Europa per permettere ai vini dell’emisfero sud, o prodotti negli Usa di entrare liberamente in Europa.
Tra le nuove alchimie c’è anche il vino dealcolato che permette di eliminare parte dell’alcol naturalmente contenuto nel prodotto. I consumatori potranno però sempre contare sui vini italiani in cui è vietata l’aggiunta di zucchero oltre ad avere la certezza che per quelli a denominazione d’origine controllata una certa espressione fruttata, il colore intenso, l’aroma o la morbidezza saranno il frutto del tradizionale invecchiamento in ‘barrique’, e non per l’aggiunta di trucioli di quercia.
“Si tratta di una vittoria italiana ottenuta anche grazie al nostro pressing – afferma la Coldiretti -  che ha sollevato il problema nell’ambito del forum organizzato a Bruxelles sulle “trappole europee nella spesa degli italiani” dove si è fatto luce su una pratica che avrebbe consentito, senza indicazione obbligatoria in etichetta, di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi: la semplice miscelazione di bianco e rosso rispetto alla tradizionale vinificazione in bianco delle uve rosse utilizzata in Italia, dove si contano oltre 700 etichette nazionali”.
“Il metodo ‘tradizionale’ – afferma la Cia – sottintende, infatti, come pratica enologica un raffinato processo produttivo, ovvero una particolare e delicata vinificazione delle uve. Il fatto che le imprese che, secondo la iniziale proposta di Bruxelles, avrebbero scelto la via naturale per la produzione di rosato potevano volontariamente indicarlo in etichetta con la scritta ‘vino rosato tradizionale’, risultava del tutto insufficiente per tutelare il mercato dalla concorrenza sleale”.

Elena Mancuso