Numeri Maggio 2007
IL PRODOTTO/2: Asiago, le radici nel passato
Lo Stravecchio d'Allevo è una varietà che può vantare una tradizione antichissima. Le varianti del formaggio veneto: da quelle destinate alla stagionatura a quelle da mangiare fresche

Asiago,
le radici nel passato
Nel febbraio del 2002 mi trovavo a Palermo per uno dei miei week-end gastronomici. In una delle più belle enoteche della città, dopo un pasto raffinato e ben “abbinato”, mi venne offerta una specialità di chiusura: un formaggio stagionato delizioso, profumato, ricco di sfumature, perfettamente sposato ad un Passito di Pantelleria.

La storia ha origine dall'Altopiano dei Sette comuni, dal cui capoluogo prende il nome. L’altopiano di Asiago è caratterizzato da terreni fertili e ricchi di ottimo foraggio, fattori che determinano la qualità e le caratteristiche organolettiche di qualsiasi formaggio. L'Asiago è uno dei trenta formaggi italiani a Denominazione di origine protetta e uno dei più diffusi, tanto che lo si può acquistare un po’ dappertutto, supermercati compresi.
Le varietà di questo prodotto sono molte. C’è l’Asiago Pressato dei caseifici di pianura, che si ricava dal latte intero e si consuma fresco, dopo appena 20/40 giorni dalla produzione e c'è l'Asiago d'Allevo, ottenuto dal latte parzialmente scremato e destinato ad essere stagionato. Di questo tipo, di cui ne vengono prodotte circa 300 mila forme l'anno, solo una piccola parte è prodotta in alpeggio, nelle 27 malghe ancora attive ad Asiago. L’allevo può essere consumato mezzano, dopo 4/8 mesi, stagionato dopo 8/18 mesi o stravecchio dopo almeno 19 mesi.
Ed è proprio lo Stravecchio d'Allevo (presìdio Slow Food) il protagonista, un prodotto particolare e raro per la complessità di gusti, sapori e aromi, la cui tradizione ha radici molto antiche. La sua pasta è molto saporita e compatta, con un colore giallo oro; lo si fa in montagna, con il latte delle vacche al pascolo sugli alpeggi. Nelle malghe si allevano Bruno Alpine, Frisone e Rendene, ma sono queste ultime le vacche tradizionali di queste montagne, arrivate alla fine del Settecento dalla trentina Val Rendena, che danno il latte migliore.
Al naso richiama l’odore del lievito, della frutta secca, e alle volte anche di castagna bollita. Il colore giallo paglierino più deciso, può arrivare fino all’ambrato. In bocca mostra la sua decisa consistenza, richiede una maggiore masticazione, ma è anche piuttosto solubile. Il sapore, a seconda del grado di stagionatura, può diventare sempre più saporito fino al piccante. Il ricco aroma, si affina con la stagionatura, richiamando sempre sentori di frutta secca, di burro, alle volte perfino di frutta esotica. L’abbinamento per contrapposizione alla sensazione piccante con il dolce del vino diventa esperienza esaltante. Consigliamo, quindi, vini passiti evoluti, come quelli dell’isola pantesca ma anche come quelli del territorio veneto, quali il Vin Santo di Gambellara.
Ci vorranno comunque struttura e soprattutto generosità in zuccheri perché il vino abbinato abbia l’autorità per sostenere confronti con l’Asiago stravecchio di nobile e prolungata stagionatura. Il dolce, la morbidezza, saranno nella nostra bocca splendido contrappunto alle “punte” piccanti del formaggio.
Daniele Meledandri
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