Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 8 del 10/05/2007

LA PROVOCAZIONE: Cari pizzaioli, fateci dormire

10 Maggio 2007
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    LA PROVOCAZIONE

Spesso mangiare una Margherita ci provoca notti insonni. Colpa di lievitazioni frettolose. Ecco alcuni consigli per evitare pizze di cattivo gusto

Cari pizzaioli, fateci dormire

Tradizione ed esperienza. Ecco le parole chiave per cominciare a parlare di pizze. Sì, perché la stragrande maggioranza di pizzaioli ha imparato così a fare l’impasto e a cuocere le pizze, senza avere nemmeno lontanamente idea dei processi chimici che si scatenano durante il processo di lievitazione.

pizza.jpgNessuno pretende che il pizzaiolo abbia una laurea in chimica o in tecnologie alimentari, però vorremmo capire perché, spesso, quando andiamo in pizzeria per trascorrere una piacevole serata con amici o colleghi, dobbiamo poi pagarne lo scotto durante la notte, con una sete che non ci dà tregua e la sensazione di peso sullo stomaco che ci fa stare lontani dalla pizzeria per un po’ di tempo.
Una volta, forse, si dava la colpa alla presenza delle acciughe, ma mi sembra che ormai siano quasi scomparse dalla lista degli ingredienti più usati, confinate solo in quelle tradizionali come la Napoli o il “cudduruni”.
Questo è solo un aspetto di una problematica più complessa che riguarda la qualità complessiva del prodotto pizza.
Qualche sera fa in una pizzeria di quelle che vanno per la maggiore, pensando sempre a tutto ciò che gravita attorno al mondo delle conserve di pomodoro in scatola, poiché il gusto della salsa – cruda e disgustosamente abbondante sulla mia Margherita – non era di mio gradimento, mi sono permessa di chiedere al cameriere la marca della salsa usata.
Prima reazione: sono stata guardata dal cameriere come un extraterrestre.
Seconda reazione: il pizzaiolo infastidito mi ha mandato a dire che era una sua miscela particolare e che comunque non ne ricordava la marca.
Vorrei capire se ciascuno di noi, quando va al supermercato, compra le derrate alimentari senza scegliere le marche, così a casaccio.
Forse dovremmo far capire ai signori pizzaioli che la pizza non è “terra di nessuno” e che non possono farci mangiare tutto quello che vogliono, senza badare alla qualità dei prodotti usati a partire dal pomodoro, salsa o polpa che sia, passando per le sedicenti mozzarelle, che spesso non sono nemmeno fior di latte, ma un prodotto fatto con gli scarti delle lavorazioni casearie delle industrie alimentari (chi non ricorda quella specie di cilindro biancastro posato sul tavolo da lavoro dei pizzaioli meno accorti), per finire alla spalla di prosciutto cotto che solo a guardarla fa passare la voglia di mangiarla.
Perché questo non avvenga, dobbiamo essere noi a chiedere e a pretendere di sapere i prodotti che usano ed a controllare.
Senza voler fare un trattato scientifico, ma con l’intenzione di mettervi una pulce nell’orecchio, di seguito proveremo a dare qualche informazione che vuole essere solo lo stimolo per cercare di approfondire e riflettere sull’argomento.

Cominciamo con le farine. Chiedete al vostro pizzaiolo se per fare l’impasto della pizza usa farine forti (dai 280 ai 350 w) o deboli (fino a 170 w). Se conosce il valore del W (capacità di panificazione), se calcola la quantità di lievito da utilizzare in relazione alla lievitazione, che può essere lunga o breve, a secondo del tipo di farina usata. Si può dire che per fare un impasto per pizza con maturazione su sei ore, è consigliabile usare una farina con “W” tra i 140 e 160.
Chiedetegli se sa che il sale ha anche la funzione di favorire la lievitazione, e che va messo in relazione alla tipologia di farina, quasi all’inizio dell’impastazione se debole, a tre quarti se forte, e mai con il lievito. Chiedete per quanto tempo fanno maturare l’impasto, oltre la lievitazione.
Un suggerimento spicciolo per vedere se la lievitazione è avvenuta correttamente: osservate la sezione dello spicchio di pizza e vedete se ha alveoli ampi e un colore bruno naturale. Deve presentare un cornicione regolare, gonfio, privo di bolle e bruciature, di colore dorato e profumo di pane. Spesso il profumo che si sente è, invece, quello del lievito messo in eccesso per spingere la lievitazione.
Al di là dall’aver esaurito l’argomento, questa è solo la prima ….puntata di una “telenovela” per la-battaglia-della-pizza-di-qualità, intitolata  “signori pizzaioli per favore.. fateci dormire la notte!”, state pur certi che ritorneremo ancora sull’argomento.


Annalisa Sagona