Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 60 del 08/05/2008

L’AZIENDA Se l’amore si fa formaggio

07 Maggio 2008
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    L’AZIENDA

Lorenzo Pagliaroli e Simona Chessa, 28 anni, hanno deciso di trasferirsi nel Trapanese dove formaggi_hp60.jpgproducono Vastedda, Pecorino e Canestrato. “L’allevatore deve essere il custode dell’ambiente”

Se l’amore
si fa formaggio

Un caseificio giovane, giovanissimo. Lo gestiscono Lorenzo Pagliaroli e Simona Chessa, fidanzati, ventottenni, innamorati, laureandi in Scienze e tecnologie delle produzioni animali all’Università di Pisa dove si sono conosciuti una decina di anni fa.

simona_e_lorenzo_chessa.jpgÈ cominciato tutto lì, in Toscana, dove entrambi avevano deciso di andare a studiare dopo il liceo frequentato in Sicilia da lui e in Sardegna da Simona. Poi l’amore e una stage insieme al Corfilac di Ragusa hanno fatto il resto portando la coppia alla scelta di trasferirsi in Sicilia a Poggioreale, provincia di Trapani, dove la famiglia di Lorenzo ha una proprietà.
Un ritorno alle radici, una migrazione all’inverso che porta la firma di due neanche trentenni che insieme hanno avviato la produzione dei formaggi storici più importanti della Sicilia occidentale: il Pecorino Dop (un centinaio di forme l’anno), la Vastedda del Belìce Dop (la cui previsione è di quattromila forme l’anno), il Picurino (venti quintali all’anno), il Canestrato (venti forme l’anno). Tutti vengono realizzati utilizzando il latte delle loro 350 pecore di razza Comisana, Valle del Belice, Pinzirita, duecento delle quali sono in produzione e che pascolano su 150 ettari, in parte di proprietà, in parte in affitto; soltanto per realizzare il Canestrato, per cui è necessaria l’aggiunta anche di latte di vacca, viene acquistato dal prodotto da un’azienda vicina.
“La passione per gli animali – spiega Lorenzo – ci ha portato ad intraprendere questo impegnativo lavoro in un’ ottica diversa da quella di molti allevatori impegnati nella ricerca del lucro come unico motivo di lavoro. Siamo coscienti che il grande impegno che richiede questa professione ha senso soltanto se si ha ben chiaro che l’allevatore deve essere il custode dell’ambiente e che deve avere un ruolo di trascinamento per tutta l’agricoltura della sua zona”.

Marco Volpe