Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 112 del 07/05/2009

IL DIBATTITO “Doc Sicilia, attenzione al disciplinare”

07 Maggio 2009
Gaspare-Triolo Gaspare-Triolo

IL DIBATTITO

Pubblichiamo l’intervento sulla denominazione unica di Gaspare Triolo, produttore a Camporeale. “Sono d’accordo ma il rischio è promuovere anche vini di scarsa qualità”

“Doc Sicilia,
attenzione
al disciplinare”

di Gaspare Triolo *

Sulla Doc Sicilia, sono “Favorevole con riserva”, secondo la classificazione che fa Cronache di gusto. Sull’adozione della denominazione la mia riserva è da attribuire ad alcuni risvolti, ad oggi difficilmente prevedibili, che questa potrebbe avere sulla vitivinicoltura siciliana.
L’indiscusso vantaggio sarebbe quello di creare un brand unico, forte e che si promuove (quasi) da solo: Sicilia.
La mia azienda, per intenderci, ricade nel territorio di due Doc: Alcamo e Monreale. Eppure, i tre vini della mia azienda sono tutti Igt Sicilia. Questo perché poter scrivere “Sicilia” in etichetta, specialmente per una piccola e giovane realtà come la mia, assume una valenza nettamente superiore.
Con tutto il rispetto per le due Doc, infatti, non stiamo certo parlando di nomi “blasonati” come “Chianti” e “Barolo”. Purtroppo, prima che le piccole denominazioni, quelle che definiscono un’area sicuramente di eccezionale valore enologico, ma poco o nulla conosciute nel mondo, assumano l’importanza che meritano, è necessaria un’azione promozionale mirata, che richiede comunque molto tempo e un impegno ancora maggiore.
Gli sforzi in tal senso, a mio parere, sono invece già stati fatti per il marchio Sicilia, da anni alacremente promosso dalla Regione e dalle aziende, non solo vitivinicole, nelle diverse manifestazioni di settore e sulla stampa. Oggi, per fortuna, il nome Sicilia non evoca più, nel consumatore, le annose problematiche legate alla criminalità organizzata, ma è anche e soprattutto sinonimo di qualità, genuinità e onestà dei suoi prodotti e dei suoi produttori.
Di contro, sempre più spesso, i consumatori tendono a sminuire i prodotti ad Igt, perché è ormai affermato in loro il concetto che Doc significhi garanzia di qualità. E questo, prescindendo dalla polemica sulla reale garanzia di qualità di una Doc, credo sia dovuto al fatto che col marchio Igt Sicilia si è, in effetti, imbottigliato un po’ di tutto (e soprattutto ovunque) negli ultimi anni.
Non è infrequente, infatti, imbattersi in vini da uve Nero d’Avola o Grillo Igt Sicilia imbottigliati nelle più svariate località del Nord Italia. Questo, crea non poche perplessità nel consumatore, che non è tenuto a sapere che la normativa prevede la possibilità di imbottigliare fuori dai confini isolani vini prodotti da uve coltivate in Sicilia.
In questo senso, la Doc Sicilia si pone, a mio parere, come un valido strumento per superare tutti i limiti della IGT, con tre punti di forza:
– identifica con certezza la provenienza dei prodotti;
– utilizza un brand conosciuto in tutto il mondo;
– garantisce la qualità dei vini.
 
Su quest’ultimo punto, ossia sul concetto di qualità, rimango sempre dell’avviso che non sia una denominazione, piuttosto che un’altra, a fare la qualità di un vino, ma la passione e l’onestà di chi lo produce.
E’ vero, c’è il rischio di uniformare le produzioni (da qui la mia riserva), ma non è quello che accade già oggi con l’Igt? Eppure, la stragrande maggioranza dei vini premiati nei vari concorsi è proprio ad Igt.
Tutto sommato, mi sento di poter affermare che i vantaggi siano superiori agli svantaggi: è necessario, però, che si faccia molta attenzione alla redazione del disciplinare, onde evitare di vanificare con prodotti di scarsa qualità il lavoro di promozione fatto in tutti questi anni.
 

* Terre di Gratia