Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 166 del 20/05/2010

LA TELEFONATA DEL SABATO “Una Doc Val di Mazara”

22 Maggio 2010
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LA TELEFONATA DEL SABATO

Salvatore Ajello, lascia la carica di presidente della strada del vino e lancia un appello per cambiare il nome alla denominazione Delia Nivolelli. “Più garanzie per il territorio”. E sulla crisi: “Selezionare i clienti, c’è chi maltratta il nostro lavoro”

“Una Doc
Val di Mazara”

Salvatore Ajello ha lasciato la carica di presidente della strada del vino e dei sapori Val di Mazara. Si è dimesso dopo tre anni “per favorire un ricambio di idee e di volti”. Ajello è titolare di una cantina a Mazara del Vallo che ormai è un punto di riferimento per questa porzione di territorio del Trapanese che guarda il mare africano.

Trecentomila bottiglie, nove etichette, un distributore come Classica che si preoccupa di vendere il vino in tutta Italia, Ajello traccia un bilancio della sua presidenza. “Abbiamo installato la segnaletica, abbiamo consolidato la nostra presenza e il numero dei soci, che oggi sono una trentina tra cui cinque cantine, quattro alberghi, quattro ristoranti, due aziende olearie e una di ceramica”. Il posto di presidente forse andrà ad Alessandro Foraci, titolare assieme ai fratelli di un’altra azienda del territorio. Con Ajello si continua a parlare di strada del vino e di vino. E lancia subito un appello: “Creare subito le condizioni per modificare il nome della nostra Doc. Non più Delia Nivolelli ma Val di Mazara, come è più giusto che sia. Bisogna muoversi in fretta”.

E la strada Val di Mazara ha un futuro?
“Sì, ma solo se i soci lavorano per un percorso unicovo. Dalla nostra parte abbiamo comunque un sindaco, quello di Mazara, Nicola Cristaldi che decisamente sta facendo molte belle cose”.

Come sta il vino siciliano?
“Manifesta sensazioni variegate. Sta bene se si fa un progetto orientato verso la qualità e senza spingere sui quantitativi e sui numeri aziendali. Ma serve un buon lavoro di comunicazione, senza frenesie, cercando di sostenere il territorio”.

La crisi si fa sentire?
“Sì, ma è anche l’occasione per selezionare i clienti. Ci sono quelli che pagano e quelli che non pagano o pagano male perché pensano che il vino sia una merce da maltrattare. Sbagliato. Il vino non è una merce che, dopo averci lavorato tre anni, puoi pagare un anno dopo come se nulla fosse”.

Con Classica questi problemi si vivono meno…
“Certo. Ma ascolto molti colleghi. E ci sono tante aziende che stanno soffrendo, ci sono in giro problemi di finanza aziendale che alla fine ti fanno passare notti insonni”.

Come va con Classica?
“Va molto bene. C’è un rapporto di fiducia reciproca. Non è il momento comunque di chiedere ma piuttosto di lavorare insieme in modo sodo”.

La crisi spinge tutti ad innovare?
“Direi di sì. È un momento propizio per concentrare gli sforzi. Noi, nel nostro piccolo, stiamo realizzando un laboratorio di analisi molto avanzato per i parametri sulle uve aziendali. L’obiettivo è quello di continuare su questa strada, di migliorare la conoscenza della materia prima per rafforzare il legame con la zona in cui lavoriamo”.

Un’opinione sulla Doc Sicilia?
“Spero che le strutture a cui verrà affidata la certificazione svolgano bene il proprio lavoro. Spero anche che le sottozone siano tutelate, la Sicilia è molto varia, è sterminata dal punto di vista enologico. E poi mi piacerebbe che ci fosse un imbottigliamento obbligatorio nell’Isola ma temo che non sarà così”.

Ultimo vino bevuto?
“Amarone ’05 della cantina Negrar. Ottimo”.

F. C.