Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 52 del 13/03/2008

PICCOLO È BUONO Il vino che racconta un angolo di mondo

12 Marzo 2008
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    PICCOLO È BUONO

Si chiama “1693” e ricorda l’anno di quell’11 gennaio in cui fu distrutta la Val di Noto. L’avventura di cinque amici che quasi per gioco hanno scelto di trasformare la passione per noto_piccolobuono.jpguna terra, in qualcosa di tangibile

Il vino che racconta
un angolo di mondo

Sedici Novantatre una data che è sinonimo di rinascita per il Val di Noto, distrutta da un terremoto l’11 gennaio 1693.

Dal 2006 è anche il nome di un vino espressione più sincera dell’amore per questa terra, luogo incontaminato dove “il giallo delle cattedrali barocche dialoga con il verde delle viti e con l’azzurro del mare”.
Cinque amici, Lorenza Battigello, Giorgio De Flaviis, Teresa la Rosa, Lucia Rappazzo e Salvatore Tringali, tutti con interessi diversi ma accomunati da un unico amore, quasi per gioco hanno scelto di trasformare la passione per una terra in qualcosa di tangibile. Nasce così “1693” un blend di Syrah e Nero d’Avola, dell’azienda Vigne in Val di Noto, nei cui aromi si può trovare la rudezza di luoghi ancora incontaminati e ricchi di natura, ma anche la struttura e la complessità del barocco siciliano, un biglietto da visita per portare un po’ di Sicilia nel resto del mondo. “Un vino che si fa interprete e ambasciatore di un’emozione – spiega Lucia Rappezzo -: quella che sempre prende chi attraversa quelle terre con occhio capace di guardare, con cuore capace di sentire. Un vino che racconta la complessa bellezza di quell’angolo di mondo”.
La produzione per ora ha come obbiettivo principale la qualità, una realtà di dimensioni ridotte che vanta una produzione limitata e d’eccellenza. Non più di tremila bottiglie per l’annata 2006, cinquemila la vendemmia del 2007, una crescita lenta che ha più il sapore del gioco che dell’avventura imprenditoriale. “Vigne in Val di Noto è nata una sera d’inverno – racconta l’architetto Salvatore Tringali -, in una casa di legno e vetro in riva al mare, non lontano da Capo Passero. Quando cinque amici, riuniti attorno a un tavolo, guardando le onde alte sollevate dallo scirocco e assaporando un Nero d’Avola, hanno cominciato a vagheggiare un vino capace di esprimere la cultura e la natura di quel territorio”.
“Così abbiamo trovato il terreno dove realizzare il nostro piccolo sogno – continua Tringali – un appezzamento di terra, sulle colline prospicienti il mare, tra Noto e Capo Passero, su colline ondulate in vista del mare. La nostra sede è nel cuore della Sicilia barocca, a metà strada tra Noto e Modica, zona che l’Unesco ha definito patrimonio dell’umanità. Cinque ettari dove crescono i vitigni: Nero d’Avola e Syrah, 4.500 ceppi per ettaro”.
Il vino che nasce in questa terra ha un colore rosso rubino cupo, impenetrabile, con leggeri toni violacei. Il profumo è delicato, elegante e complesso. Spiccano sentori di gelsi neri, liquirizia e frutti a bacca rossa; al gusto è morbido e ampio, con acidità equilibrata
I primi riconoscimenti sono arrivati con la settimana della Moda a Milano. Un primo passo in un lungo cammino che come meta ha l’eccellenza. “Non abbiamo bisogno di fare cassa – aggiunge Trincali – il nostro vino si attesta su valori di qualità, abbiamo intenzione di crescere ma senza il bisogno di fare i numeri delle grandi aziende. Il nostro obiettivo è quello di regalare a chi assaggia questo vino un po’ della gioia che proviamo quando ci troviamo nella nostra terra. Un vino destinato a un pubblico che condivida con noi l’amore per la qualità, l’autenticità e la ricerca”.


Ciro Frisco