Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 191 del 11/11/2010

IL RITO Dai samurai ai salutisti

11 Novembre 2010
te te

IL RITO

La cerimonia del tè verde è stata fatta rivivere da una stilista e confezionatrice di kimono di Tokyo. Ecco le immagini

Dai samurai ai salutisti

Sempre prerogativa dei samurai, oggi è il simbolo dei salutisti. Parliamo del tè verde, ultimamente alla ribalta come rimedio naturale contro il cancro.

Se quindi tutti quotidianamente ne fanno dei beveroni, pochi invece ne conoscono la portata storica ed anche filosofica. In queste foglie sarebbero racchiusi infatti non solo i principi Zen ma proprio quelli del codice d’onore dei Samurai. Parliamo di quelle foglie cotte al vapore ed essiccate che vanno a comporre il Matcha: finissima e pregiatissima polvere di tè. Il culto di questa bevanda nasce proprio nel medioevo e la sua storia è legata al consumo che ne facevano questi misteriosi e taciturni maestri dell’arte marziale. Una cerimonia cui davano vita nel momento più importante e decisivo, quello prima della battaglia: il tempo della strategia. Si riunivano nello cya shitu, una sorta di casa deputata alla meditazione, e qui, seduti sul tatami, i guerrieri solevano preparare, sorseggiare il tè prezioso assunto quasi come una pozione. Ad averci raccontato le origini di questa antica bevanda è stata Kazuko Sugiura, una stilista e confezionatrice di Kimono di Tokyo. Protagonista di un incontro surreale e variopinto che non poteva non avvenire che sul palco del movimento Tegami, a casa dell’architetto Maria Randazzo.
Rigorosamente in Kimono di seta (Kinu), vestite da cerimonia, la padrona di casa e Kazuko hanno fatto prender parte gli ospiti al rituale della preparazione del tè. Non una sequenza di procedure, come può essere l’esecuzione di qualsiasi ricetta, ma una funzione quasi liturgica fatta di piccoli gesti e movimenti accorti che seguono un tempo altro, lento, immersi in una dimensione di rigoroso silenzio. Così si è svolto lo spettacolo del Matcha. Al centro della sala, Kazuko, assorta officiante. Attorno a lei un’elegante esposizione di simboli e colori, gli Higashi, zollette di zucchero e farina chiamate dolcetti secchi. In quattro varianti, fatte con farina di fagioli, di castagne, di orzo, o di farina riso, si offrono alla vista come piccole rappresentazioni delle quattro stagioni con temi floreali e di vegetazione, tra cui spicca il loto, simbolo del Giappone. Il fruscio delle stoffe, il picchiettare del bastoncino di legno sul bordo della tazza per far cadere sul fondo il grammo centellinato di Matcha, l’acqua bollente che viene versata: queste le note della prima parte di questa insolita partitura per gli occidentali. Poi un secondo tempo scandito in cui è andato in scena il momento della mescolata affidato al Cyasen, un frustino di bambù che per cinquanta volte deve essere fatto girare energicamente per far montare una schiuma densa e far disciogliere il tè. Come ultimo atto, il rituale del ringraziamento. La tazza sollevata verso il cielo, la testa che si inchina per ringraziare gli dei e gli ospiti presenti ed  infine un Higashi prima di degustare la bevanda. Il clou della cerimonia. L’incontro con questo tesoro d’oriente. Un raffinatissimo complesso erbaceo che si evolve al palato con note di miele e corteccia. Intensi e morbidi allo stesso tempo, i vapori e la consistenza di questo tè così singolare sembrano agire per purificare oltre i sensi soprattutto la mente. Questo il Matcha dei samurai. Il metodo che invece ha dimostrato la stilista è il Sado. Il rituale messo a punto dal grande maestro del tè verde Senno Rikyu nel 500. E grazie a cui la bevanda fa il suo ingresso nelle case dei giapponesi, rimasta però sempre un’arte custodita dagli uomini fino a 180 anni fa quando anche le donne furono ammesse all’antichissima cerimonia. Di seguito le immagini del rito.

Manuela Laiacona
 

{yoogallery src=[/images/gallery/te/] width=[100] height=[100]}