Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 29 del 04/10/2007

LA LETTERA “Volevano un Perricone? Che fortuna…”

03 Ottobre 2007

    LA LETTERA

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Bonetta Dell'Oglio, de “La Dispensa dei Monsù”, che risponde a Pippo Anastasio protagonista della provocazione sull’ultimo numero di Cronache di gusto

“Volevano un Perricone?
Che fortuna…”

Desidero rispondere anche se non siamo in un blog (a quanto pare è l'era dei blog) all'articolo lanciato dal signor Anastasio il quale si lamenta delle richieste dei suoi clienti in merito agli uvaggi usati per la vinificazione.


Ritengo che i bevitori di vino oggi si stiano svegliando, sono rimasti in pochi a bere un'etichetta solo magari perché ha un nome famoso, senza curarsi di come è fatto un vino e di che cosa ci hanno messo dentro. Per fortuna sempre di più si va verso la ricerca del famoso “terroir”, e non è casuale che il signor Anastasio citi proprio vitigni autoctoni. Evidentemente i clienti più desti sono desiderosi di gustare vini veri, vini fatti con il ricco bagaglio del territorio dove ogni chicco è cresciuto e maturato, certe persone cercano emozioni, non cercano etichette.
Anche io sono una ristoratrice, non sarò famosa come il signor Anastasio, ma di clienti e amici dal mio locale ne passano tanti, e vengono tutto ascoltati con cura ed attenzione e soprattutto senza imposizioni.
Perché a tavola chiediamo specificatamente un caprino o un pecorino magari sardo e non possiamo chiedere un cataratto o un perricone? Sarà che certe persone sono stufe di blend fatti con stranieri vinificati in Sicilia? Sono d'accordo che un vino debba essere principalmente buono, questo non esclude che nella ricerca di fare un vino buono non si possa scegliere di fare vini che siano rappresentativi di un territorio, partendo da materie prime che sono espressione esclusivamente di quel territorio.
Quando il signor Anastasio dice che tra le sue rapide statistiche 4 o 5 clienti si lasciano consigliare, è proprio là che è mancata la comunicazione, su una evoluzione che per fortuna è in corso, posso bere un ottimo chardonnay vinificato in Sicilia, ma sicuramente non sarà l'espressione più genuina del territorio siciliano. Diceva il saggio: “Chi compra un etichetta generalmente non ha un nome”.
Morale: signor Anastasio non si arrabbi con i suoi preziosi clienti, si faccia un giro per le piccole cantine, magari meno conosciute, ascolti i suoi clienti, potrebbe essere che sono proprio l'espressione di un risveglio sensoriale?

Bonetta Dell'Oglio
La Dispensa dei Monsù