Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 30 del 11/10/2007

L’INTERVISTA Graziano sbarca in America

10 Ottobre 2007
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    L’INTERVISTA


Dal Semifreddo, il locale di Mosca inaugurato tre anni fa, lo chef siciliano racconta il suo futuro: “Aprirò altri graziano.jpgtre Mulinazzo a New York, Las Vegas e Caracas”. I russi a tavola: “Ho visto allungare con l'acqua un Sassicaia del '76”

Nino Graziano
sbarca in America

All’appuntamento al Ritz Carlton eravamo un po’ in ritardo e Nino aspettava già. Alla splendida galleria Tretiakov il tempo era volato via per colpa o, piuttosto dovremmo dire, grazie ad Andrej, medico disoccupato e nostra guida personale in lingua italiana nella pinacoteca.


Anche se Nino ci aveva consigliato di prendere un taxi qualsiasi, di quelli abusivi per 100 rubli, avevamo desiderio di fare una passeggiata lungo le mura del Cremlino. Non vedevamo Nino da tre anni, tanti ne sono passati da quando il Mulinazzo di Villafrati ha chiuso e riaperto come “Semifreddo-Mulinazzo” a Mosca. La prima impressione è quella di trovare quasi un ragazzino, e l’accoglienza è calorosa. Nino ha concluso qui al Ritz una consulenza e ci propone di trasferirci al suo ristorante. Niente di meglio. Durante il tragitto, 10 minuti circa, iniziamo una piccola intervista che si protrarrà anche durante il pranzo.
Nino, come ti trovi a Mosca?
“Benissimo. Possiamo dire che qui sono rinato. I primi tempi sono stati piuttosto difficili, per la lingua, per il lavoro di impostazione del locale che ha curato Sabine (la moglie, ndr), siamo dovuti ripartire da zero. Adesso che questa fase è terminata e che lo standard che ci eravamo prefissati è raggiunto, Sabine è tornata a Palermo con mia figlia, la piccola. Io seguo questo ristorante e faccio consulenza per terzi, tra cui una catena di ristoranti-pizzerie italiani che si chiama Accademia (www.academiya.ru), e altri, tra cui il Ritz il cui direttore è un amico. Ho abbastanza tempo a disposizione e riesco anche ad andare in palestra. Però quando posso torno a casa, faccio il pendolare”.
ristor.jpgQuindi Mosca è una città tranquilla.
“Assolutamente sì. Riesco a lavorare bene, non rilevo problemi di sorta, e ho dei soci molto validi. Certo le regole ci sono, ad esempio al volante vige la regola ‘zero alcol’. Se bevo qualcosa devo prendere un taxi o chiamare l’autista, e la lingua va imparata. L’inglese lo conoscono in pochissimi”.
Hai un autista?
“Non più, ce l’avevo. Mi sono stancato. In fondo non serve molto, adesso conosco meglio la città. Devo precisare però che non sono mai uscito dal centro di Mosca, che è grandissimo. Mosca è una città di 11 milioni di abitanti che ha 400 mila ricchi, ricchi a tal punto da non avere alcun limite di spesa. Per me è un gran lavorare. Se c’è da chiamare Jennifer Lopez per uno spettacolo privato, lo si fa senz’altro, senza problemi. Mi hanno detto che quella mezz’oretta è costata al committente un milione di dollari”.
Abbiamo notato infatti prezzi piuttosto alti. Quanto si paga da te?
“Vini compresi, nella media… tra i 180 e i 200 euro, e non sono tra i più cari. I moscoviti difficilmente scelgono il menu degustazione, io l’ho introdotto da poco, è una novità. Scelgono alla carta. Poi occorre valutare bene il prezzo dei vini, qui assai cari. Meno di 3.000 rubli si trova ben poco (85 euro)”.

Nel frattempo siamo arrivati. Un valletto con l’ombrello ci apre la portiera e ci accompagna. Un altro posteggia l’auto di Nino. All’ingresso due uscieri in abito scuro ci aprono la porta e ci fanno segno di lasciare soprabiti e ombrelli al guardaroba, dal quale un altro inserviente ci viene incontro. Nino è sparito verso le cucine, ricomparirà qualche istante dopo invitandoci ad un giro per il locale e per le cucine. Il locale ha un taglio dal design elegante e moderno è accattivante, con un touch tipicamente italiano. Una grande veranda è organizzata su due livelli, in un angolo c’è una zona fornelli a vista dove la sera Nino si esibisce dal vivo. Siamo al tavolo. Ci sentiamo nuovamente a casa. Ci vengono serviti per aperitivo un gazpacho di pomodoro con granita al cetriolo; poi delle tagliatelle con granchio e pomodorini. Nino ci racconta che il granchio era 4 chili e che nulla ha da invidiare all’aragosta. Mentre lo dice un tocchetto di polpa si squaglia in bocca e comprendiamo. Poi dei ravioli lunghi con caprino e miele; un shashlik di pollo e manzo servito con una sorta di crepe che si utilizza per mangiare i tocchetti di carne con le mani e per intingerla in alcune salsine. Poi arriva un filetto di nasello nero. La crosta è croccante e ha la consistenza deliziosa di una chip. Accompagniamo con una Budweiser Budwar e con un Chianti Classico di Col d’Orcia.

Ti sono mai capitati episodi sgradevoli?
“No… mi arrabbio e faccio pressione per ottenere il massimo dalle cucine e dal servizio in sala. Non è facile scardinare vecchie abitudini. Fortunatamente ho collaboratori svegli e intelligenti. Tutti hanno un livello di istruzione generale molto alto, quello meno istruito si sta laureando. Per fare un esempio, qui il servizio ha l’abitudine di toglierti il piatto nell’istante in cui stai addentando l’ultimo boccone. Un’abitudine odiosa”.
Che tipo di cucina ti chiedono, cucina italiana o internazionale?
“I russi mi chiedono piatti semplicissimi della cucina tradizionale italiana, meno creativi dunque, come spaghetti alla carbonara e parmigiana di melanzane. Il cliente va accontentato sempre. Lo faccio senza problemi. Amano le speziature forti, la cipolla, l’aglio. Non ci sono orari. Il ristorante apre alle 12 e chiude alle 24, orario continuato, il flusso è continuo. Il lavoro è tantissimo. Ho ceduto sull’aspetto creativo e cerco di portare avanti una cucina italiana tradizionale di eccellenza. I clienti mi premiano”.
Che evoluzione vedi nella ristorazione in Russia?
“Quello che è successo in Italia succederà anche qui, mi riferisco a Mosca. Conosco a grandi linee le prossime tappe. Per raggiungere i nostri livelli ci vorranno 15 anni circa. Giocherò d’anticipo. Adesso si sta entrando nella fase creativa. Tra qualche anno si raggiungerà il livello degli stellati Michelin europei, e si raggiungerà un standard anche qui”.
E la cucina russa come e dove si muove?
“C’è poco al momento. La cucina è orientata al fusion e allo stile internazionale; la cucina francese è in caduta libera. La cucina italiana, invece, va fortissima. I passi successivi che prevedo, e mi riallaccio alla domanda di prima per concluderla, sono una involuzione tecnica e un ritorno alle tradizioni, così come avvenuto in Italia. I primi fermenti ci sono. Esploderanno al momento giusto, e si ritornerà al prodotto russo. In fondo è un’evoluzione naturale, o involuzione… dipende dai punti di vista”.
Episodi divertenti?
Tanti… Ad esempio un tipo mi ha chiesto di affettare un tartufo bianco a fette grosse e di servirlo alla griglia. Una signora mi ha chiesto invece di ricoprire il pesce con mollica e formaggio e di infornarlo. Ci sono anche cose belle. Mi vengono a trovare i figli dei ministri con le fidanzatine. È come se li tirassi su io (sorride ammiccando)”.
Episodi divertenti anche sul vino?
“Ovvio. Mi è capitato una coppia che aveva chiesto un Sassicaia del 1976. Immaginerai la sorpresa quando ho notato che lo allungavano con l’acqua. Lo stesso è capitato in un’altra occasione con una bottiglia di Masseto. Non vi dico nemmeno il prezzo che avevano questi due vini in carta”.
tavolo.jpgHai ricevuto qualche personalità nel tuo locale?
“Sì, per esempio Condoleeza Rice e Gerhard Schroeder. C’è una saletta appartata in fondo al locale, si mettono lì (indica una salettina appartata con un bel tavolo tondo). Ad un compleanno di una signora il marito ha ingaggiato gli Earth Wind & Fire. Non se li filava nessuno, applaudivano solo la festeggiata e Sabine. Poi è arrivato un gruppo folk e si sono scaldati tutti. Riccardo Fogli, in un altro festeggiamento, mi ha fatto una simpatia immensa. Abbiamo mangiato assieme in cucina una mozzarella di bufala campana”.
Quali saranno i tuoi prossimi passi? Dopo Mosca ti metterai a riposo?
“Assolutamente no. Questa parentesi russa mi è di stimolo, credo di aver fatto il passo giusto nel momento giusto. Ho avviato un progetto per aprire altri tre Mulinazzo, è solo questione di tempo”.
Dove?
“A Caracas, New York e Las Vegas. A Tokio ci sono già, anche se non si chiama Mulinazzo. Aprirò i nuovi Mulinazzo in palazzi gastronomici dove ci affiancheremo tra chef stellati. Io sarò a fianco di Ramiro Sánchez, un Tre Stelle Michelin, tutti e due al primo piano”.
Che tempi prevedi?
“Il palazzo di nuova costruzione dovrebbe essere pronto a novembre. Prevedo di aprire a Caracas entro l’anno. Per New York e Las Vegas ci vorrà qualcosa in più, ma anche lì sono a buon punto. Come vedi nel mio futuro c’è tantissimo lavoro”.

Marina V. Carrera
Francesco Pensovecchio

Semifreddo Mulinazzo, Ristorante
tel. +7 495 2486169
Rossolimo, 2 – Mosca, Russia
semifreddo-restaurant.com