Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 135 del 15/10/2009

L’INTERVISTA/2 Duecento metri sopra il mare

15 Ottobre 2009
veduta-vigneti veduta-vigneti

L’INTERVISTA/2

La scommessa dell’azienda Baglio del Cristo di Campobello di Licata (Agrigento) sulle colline calcaree e gessose. Il patron Carmelo Bonetta: “Ecco il segreto dei nostri vini”

Duecento metri
sopra il mare

Lavorare con pazienza. E mai buttarsi a occhi chiusi. Non è un motto, ma quasi per Carmelo, Angelo e Domenico Bonetta dell’azienda Baglio del Cristo di Campobello di Licata. Trenta ettari di vigneti nell’Agrigentino, un organismo unico di dieci microaree in un terreno profondo, misto calcareo e gessoso, in collina, tra i 230 e i 270 metri sopra il mare e a ottomila metri dalla costa.

Cinquemila piante per ettaro, tutte vendemmiate a mano, in piccole cassette.
Pazienza, si diceva, perché come racconta Carmelo Bonetta “abbiamo piantato le vigne nel 2000, volevamo carpire le possibilità del territorio, all’inizio ci limitavamo alla vendita delle nostre uve. Pian piano ci siamo accorti della qualità della nostra materia prima”. Anche Giuseppe Lentini, enologo fisso, e Riccardo Cotarella, apprezzato winemaker,  hanno visto grandi potenzialità nel nostro territorio. Dopo sette anni, i primi vini messi in bottiglia. Ed etichettati con carta perlata. “Siamo attaccatissimi alla nostra terra – sottolinea Bonetta – era quasi un dovere che l’etichetta somigliasse molto al terreno gessoso in cui nascono i nostri prodotti”.

Come risponde il territorio a un’azienda relativamente nuova?
“Abbiamo visite giornaliere al baglio, arrivano da università, scuole, un pubblico di ogni genere. Siamo un’azienda aperta, accogliamo tutti i cultori del vino”. 

Vigneti sulle colline calcaree e gessose. Cosa dona questo terroir particolare ai vini?
“Mineralità e struttura.  Non lo diciamo solo noi, secondo molti Nero d’Avola e Syrah coltivati da queste parti hanno caratteristiche particolari. Si tenga presente anche che in estate c’è un’escursione termica di circa 20 gradi, un elemento che dà freschezza ai nostri vini”.

Intanto però sono arrivati subito i riconoscimenti: cinque grappoli al Lu Patri 2007 nella guida Duemilavini 2010 Ais Bibenda, e molti attestati per il rapporto qualità-prezzo. La strada è tracciata… 
“Siamo un’azienda giovane, cerchiamo di fare vini eccellenti e siamo attenti al prezzo. Ma cerchiamo sempre di migliorare e investiamo nella ricerca”.

Non pare che vi accontentiate?
“Certo, siamo solo alla partenza. Guardi, un nostro vino si chiama Adenzia, significa prestare attenzione. Ecco noi dalla vigna alla cantina, seguiamo passo passo tutti gli aspetti con la massima dedizione. Migliorare sempre”.

Etichette in arrivo?
“Insieme a Cotarella, stiamo pensando a Tuscilia, unione di Toscana e Sicilia, un blend con il nostro Nero d’Avola e il Sangiovese della Odere Centoia, di Montecucco, altra azienda seguita dal nostro winemaker. Ne produrremo poche bottiglie, perché è un elemento di rottura rispetto alla filosofia della nostra azienda, legata al territorio”.

E qual è invece l’etichetta del cuore?
“Lu Patri, un Nero d’Avola, in purezza, è proprio il vitigno padre. Senza nulla togliere agli altri, è il nostro portabandiera”.

Francesco Sicilia