Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 137 del 29/10/2009

IL VIAGGIO “Il vino che vogliono gli americani”

29 Ottobre 2009
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IL VIAGGIO

Bere bene e spendere meno: è questo lo slogan in voga negli Usa. Lo racconta Dario Cartabellotta, direttore Irvv di ritorno dal Vinitaly Tour. “Ecco le opportuinità della Sicilia”

“Il vino
che vogliono
gli americani”

Bere bene e spendere meno. Lo slogan non è originale ma efficace, pragmatico, come sanno essere gli americani. Ed infatti «drink well and less expansive» è il motto che regna incontrastato da New York a San Francisco tra enoteche e ristoranti, tra wine bar e vari locali-gourmet.


Lo racconta Dario Cartabellotta, direttore del siciliano Istituto regionale della vite e del vino, reduce dalla prima tappa del Vinitaly Tour, il giro organizzato da VeronaFiere per tastare il polso ai mercati intrnazionali e consolidare le posizioni o trovare nuovi sbocchi al vino made in Italy.
«Siamo stati a Chicago e San Francisco – racconta  Cartabellotta – in entrambi i posti abbiamo trovato un buon mix di importatori e distributori. Hanno le idee chiare e mi ha impressionato il dinamismo di un Paese che ha già imboccato la strada per uscire dalla crisi lasciando dietro di sè le conseguenze più nefaste. Lo stile di vita è già cambiato, gli americani ora cercano vini che non costino più di 20 dollari. Sono attratti dall’Italia e conoscono la Sicilia e alcune Doc più di quanto potessimo immaginare. Venti dollari significa vini che partono dalle cantine dai 4 ai sette euro, una fascia di prezzo su cui la Sicilia enologica può dire molto, moltissimo. Purché l’offerta non sia frazionata. Vogliono garanzie di continuità commerciale, un aspetto da non sottovalutare».
Al Vinitaly Tour oltreoceano hanno partecipato una decina di aziende siciliane: Birgi, Colomba Bianca, Paolini, Corbera, Viticultori associati, Fina, Abraxas e Avide a cui si sono aggiunti Tonnino e Don Tomasi. Piccole e grandi aziende, imprese familiari e cantine sociali, ovvero uno spaccato di quello che oggi è la Sicilia del vino. Un investimento che è costato ad ogni singola azienda almeno 2.500 euro. «Spero ne sia valsa la pena – commenta ancora il direttore dell’Istituto Vite e vino -. Abbiamo incontrato un centinaio di operatori sia a Chicago che a San Francisco. E poi non dimentichiamo che il vino, a prescindere dalla provenienza, è conosciuto solo lungo le coste. Le possibilità di crescita sono alte. Ma è necessario che l’offerta della Sicilia sia ben articolata. Noi come Irvv ce la metteremo tutta».
A novembre le prossime tappe del Vintaly tour a cui parteciperanno altre aziende siciliane: Cina, Giappone e Corea.

F. C.