Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 26 del 13/09/2007

IL PRODOTTO Fichidindia, esotica golosità

12 Settembre 2007
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    IL PRODOTTO

fichidindia_hp.jpgRicchi di acqua, di zuccheri, fonte preziosa di sali minerali come il calcio e il fosforo, di vitamine e sono anche il simbolo della Sicilia, come la coppola e la tarantella. La storia e gli impieghi di questo frutto

Fichidindia,
esotica golosità


“Mi scantu a pigghiàlla, mi scantu a tuccàlla, ci tagghiu la testa, ci tagghiu la cura e vidu ddà intra ‘na bedda signura”. È questo uno dei più antichi indovinelli siciliani inventati per celebrare la squisitezza di un frutto che, accanto a coppole e tarantelle, è il simbolo della Sicilia.

Il ficodindia, ostico ma succulento frutto dell’Opuntia, tipico delle regioni mediterranee, ha trovato soprattutto in Sicilia le condizioni ambientali ottimali per la sua crescita: è qui che filari immensi di ficodindia segnano le strade e colorano le campagne, e se un tempo erano destinati solamente a limitare i confini, a trattenere i dirupi, a frantumare la lava lungo i pendii dell’Etna e a nutrire contadini e bestiame, oggi, come prima detto, sono un simbolo di questa regione che grazie al clima e alla natura delle sue terre regala frutti gustosissimi, apprezzati anche dai consumatori più esigenti.
Ma ovviamente questi frutti non sono esclusivi della Sicilia. In altre parti della terra le Opuntie sono largamente presenti e hanno un posto importante anche nei consumi alimentari delle popolazioni locali. A cominciare dal Messico, ritenuta area di origine del genere Opuntia, dove esistono oltre 60 specie di questa pianta sia allo stato spontaneo che coltivate. Ed è dal Messico che giunse in Europa intorno alla metà del 1500 sulle navi dei conquistadores spagnoli, i quali, quando giunsero nel Nuovo Mondo per conquistarlo, rimasero affascinati dalla singolarità del ficodindia, anche se l’interesse verso i suoi frutti non andò a quei tempi al di là di una semplice curiosità e pertanto non si pensò ad eventuali potenzialità economiche.
fichidindia_dentro.jpgLa pianta, che nel 1535 per la prima volta è descritta ed illustrata da Oviedo y Valdes, fu introdotta in Europa in circostanze non documentate, ma comunque prima del 1552, quando ne scrive Lopez de Gomara dando per certo che essa sia già nota in Spagna. Si trattava dell’Opuntia ficus-indica , la quale inizialmente si diffuse nei giardini dei nobili come pianta ornamentale e negli orti botanici essendo una vera e propria rarità vegetale. Nelle regioni del nord non andò, però, oltre questi spazi privilegiati, riuscendo a superare i periodi freddi solo in luoghi riparati a differenza delle regioni mediterranee, più miti dove trovò invece condizioni ambientali ideali, coesistendo egregiamente con le piante della macchia spontanea.
Come specie da frutto si affermò soprattutto in Sicilia dove svolse un ruolo tale per l’alimentazione delle popolazioni rurali delle aree interne che De Gasparin arrivò a definirlo “la manna della Sicilia”. Ed è in terra sicula inoltre che avvenne il salto di qualità grazie alla scozzolatura, una tecnica colturale che consentiva l’ottenimento di frutti a maturazione autunnale di migliore qualità rispetto ai normali frutti “del tempo”, e consistente nell'eliminazione di buona parte dei fiori e dei frutticini allegati. L’origine della tecnica ci viene raccontata da Alfonso Spagna (1884), secondo il quale un colono di Capaci si rifiutò di vendere i suoi fichidindia, ancora sull’albero, ad un suo conoscente; costui, per ripicca, gli fece cadere tutti i frutti in piena fioritura. Ma ecco che i fichidindia rinacquero, come si racconta, in minor numero ma turgidi e promettenti oltre l’usato con polpa e buccia così serrate da potersi conservare in magazzino più mesi dell’anno..”
È dunque in Sicilia che ci specializziamo in questa coltivazione ed è qui che ancor oggi la “scuzzulata” ci consente di produrre frutti prelibati. Tre sono le varietà che si distinguono per la colorazione della polpa: la Sanguigna o Rossa, succosa dal gusto corposo, la Sulfarina o Gialla, consistente e saporita, e la Muscaredda o Bianca, dal sapore delicato, prodotte in tre località principali, nella valle del Belice, nel sud-ovest etneo e nella Sicilia centro-orientale sulle colline di San Cono, piccolo centro del catanese ritenuto la “Capitale della ficodindiacoltura” con i suoi 1400 ettari coltivati.
Per secoli pane dei poveri, il ficodindia ha sfamato intere generazioni. In passato veniva consumato allo stato fresco, come frutta. I vecchi contadini siciliani ne piantavano sempre una “macchia” vicino alla casetta rurale per assicurare una pronta fonte di approvvigionamento a se stessi e agli animali, e non iniziavano mai la giornata senza aver fatto colazione con pane e fichidindia appena raccolti.
La grande abbondanza stimolò nel tempo l’ingegno delle nostre nonne che, a forza di provare e riprovare, inventarono conserve e vari dolci le cui ricette ancor oggi vengono tramandate. Stiamo parlando dei “geli”, dei “mustazzola” e della “mustata”, quest’ultima una bontà assolutamente tra le più genuine preparata nelle antiche “quarare”, a fuoco lento, da gustare se si va a visitare soprattutto Militello, a 45 chilometri da Catania: qui la mostarda è proprio un’arte.
Ricco di acqua, di zuccheri semplici, fonte preziosa di sali minerali quali calcio e fosforo, di vitamine A e C, di fibre, al frutto del ficodindia, che contiene poche calorie, sono da tempo attribuite diverse azioni terapeutiche, tra queste quella depurativa. Ottimi sono anche i fiori, il cui infuso è un vero toccasana per la diuresi, e le bucce del frutto che despinate e sbollentate, possono essere fritte in pastella o addirittura a cotolette per rendere sfiziosi gli antipasti. Insomma una pianta dai tanti utilizzi, che in Sicilia viene coltivata con attenzione e grande cura per 3000 ettari producendo ogni anno circa 50000 tonnellate di prodotto. Questo è il periodo ideale per poterli degustare: a chi vuol saperne di più l’invito a visitare nei primi di ottobre le sagre dedicate al ficodindia. Vi troverete dinanzi uno spettacolo gastronomico davvero interessante circondati da un paesaggio mozzafiato, dove il verde intenso delle pale dei fichidindia, spruzzato dalle mille sfumature di giallo, rosso ed arancio si fonde armoniosamente con l’azzurro del cielo.

Gianna Bozzali