Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 27 del 20/09/2007

IL PRODOTTO/2 La Vastedda verso la Dop

19 Settembre 2007
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    IL PRODOTTO/2

vastedda_hp.jpgProdotta in diversi comuni fra Agrigento, Trapani e Palermo con il latte della pecora del Belìce. È l’unico formaggio di pecora a pasta filata

La Vastedda
verso la Dop

In arrivo la denominazione di origine protetta per la Vastedda, formaggio di pecora a pasta filata della Valle del Belice. La proposta è stata avanzata dal Consorzio per la tutela del formaggio “Vastedda Valle del Belice”, con sede ad Agrigento, al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Lunedì prossimo settembre, infatti, alle dieci a Palazzo Filangeri Cutò, presso il teatro Sant’Alessandro, a Santa Margherita di Belice, si terrà la riunione di pubblico accertamento su questa proposta.
L’audizione pubblica verrà condotta da Laura La Torre, dirigente generale del ministero. La riunione, vedrà la partecipazione del ministro delle Politiche agricole e forestali, Paolo De Castro, del senatore Nuccio Cusumano, presidente della Commissione agricoltura del Senato, del presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro e di Giovani La Via, l’assessore regionale all’Agricoltura.
La zona geografica di allevamento degli ovini, di produzione del latte, di trasformazione e di confezionamento della Vastedda della Valle del Belìce Dop, è compresa nell’ambito dei territori amministrativi di diversi comuni, nella provincia di Agrigento, Trapani e Palermo.
vastedda_1.jpgLa Vastedda è l’unico formaggio di pecora a pasta filata, storicamente lo producevano gli abili casari della Valle del Belìce nel periodo estivo, tentando di recuperare i pecorini che presentavano dei difetti. Il nome deriva infatti dal dialetto “vasta” cioè guasta, andata a male. “L’idea straordinariamente originale – spiega il produttore di Menfi, Salvatore Interrante – è stata quella di rilavorare i pecorini mal riusciti facendoli filare ad alta temperatura e producendo questo formaggio a forma ovoidale da consumare fresco, entro due o tre giorni. Il latte, proviene da una razza autoctona: la pecora del Belice, un animale di taglia media, con testa fine, allungata e leggera, arti robusti e vello bianco. La Vastedda è l’unico formaggio italiano a pasta filata di pecora. Lo stile di lavorazione varia a seconda della zona di produzione e delle abitudini del casaro. L’operazione più importante dopo aver ottenuto la pasta filata, è la prova di filatura, che viene effettuata con tecniche tradizionali, stabilendo manualmente l’esatta maturazione della pasta. “Quando si raggiunge la giusta acidità – continua Interrante – infatti, la massa viene tagliata a fette in un recipiente in legno, in cui si aggiunge acqua molto calda (novanta gradi), e lavorata con l’ausilio di una pala di legno, la vaciliatuma. Nella fase finale della filatura, la massa viene tagliata in porzioni che, lavorate manualmente, assumono la forma di sfere. Queste, accuratamente chiuse, sono collocate in un piatto fondo di ceramica, dove in breve tempo assumono la tipica forma ovoidale appiattita chiamata vastedda, simile ad una pagnotta piatta”. Questo formaggio va consumato freschissimo: dopo circa un’ora dalla formatura è pronto per il consumo. È delicatamente profumato e in bocca prevale una nota di burro con sottofondo di erbe della valle del Belice, come la valeriana. “Il modo migliore per gustarla – conclude il produttore – è utilizzarla per il tipico pane cunzato”. I pastori la accompagnano con vini rossi locali, ma un formaggio così delicato e fresco richiede piuttosto un bianco, meglio se dai locali vitigni grillo o inzolia.

Francesca Capizzi