Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 77 del 04/09/2008

>> Vi racconto come nasce il tritato

03 Settembre 2008
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Vi racconto come nasce il tritato

di Anna Maria Grasso *

La tecnica culinaria del tritare la carne ha origini antichissime: già nel celebre trattato di Celio Apicio, oracolo dei cuochi della Roma imperiale, c’è traccia di una ricetta di polpette. E dal Libro de arte coquinaria di Maestro Martino – illustre gastronomo del XV secolo – apprendiamo che «Carne grossa di bove et de vacca vole esser allessa; carne de vitelo, zioè il pecto davanti è bono allesso, et la lonza arrosto, et le cosse in polpette».
Il problema della carne bovina nell’antichità e poi nel Medioevo è sempre lo stesso: la digeribilità. Fino a tutto il Medioevo, infatti, grasso_annamaria77.jpgsi abbattevano quasi esclusivamente animali vecchi non più idonei al lavoro e soltanto a partire dal XV secolo la cucina di Corte comincia ad utilizzare in maggiore quantità la carne bovina, ma sempre destinata alla tavola di lusso. La «carne grossa», ovvero priva di finezza per i nobili di palato e stomaco delicato, andava bene invece solo per il popolo, abituato dalla necessità a digerire perfettamente qualsiasi cibo… In particolare in Sicilia l’assenza di foraggio abbondante rese difficile e costoso l’allevamento dei bovini cosicché il mangiarne la carne conservò più a lungo che altrove il valore di privilegio, come ci ricorda il gastronomo Pippo Perni nel suo bellissimo «I sapori della memoria. Viaggio in Sicilia». Ecco che allora per rendere commestibile la carne dura e fibrosa degli animali vecchi, i siciliani – esperti nell’arte di fare di necessità virtù – la usavano prevalentemente tritata per farne polpette e come farcia integrata con altri alimenti in un numero incredibile di ricette: il falsomagro, ad esempio, il cui nome deriva da «farce maigre», risalente con molta probabilità alla dominazione angioina; piatto che in origine doveva prevedere appunto una semplice farcia, priva di carni, ma che l’arte dei monsù siciliani trasformò poi in un piatto sontuoso, riempito da ogni sorta di ben di Dio, tra cui la carne tritata.
Persino nei dolci la carne tritata assolveva una sua funzione pratica: si racconta che la carne sia stata introdotta, o meglio nascosta, dalle monache di un convento di Modica, insieme al cioccolato, nei dolci detti ’mpanatigghie per permettere un pasto nutriente anche in periodo di Quaresima ai padri predicatori.

* studiosa di Storia dell’alimentazione all’Università di Catania