Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 129 del 03/09/2009

L’INTERVISTA A pesca in giù

03 Settembre 2009
pescatori pescatori

L’INTERVISTA

In Sicilia settore in difficoltà? Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto di Mazara: “Il pesce non manca, ma i nostri prodotti non sono valorizzati. Con più mercati ittici sarebbe un’altra cosa”

A pesca in giù

“Il pesce non manca, le nostre celle sono piene di gamberi rossi. Ma i nostri prodotti, pur essendo di ottima qualità, non sono valorizzati, così sui mercati subiscono la concorrenza aggressiva di quelli cinesi o argentini. E l’assenza di mercati ittici degni di questo nome non fa altro che peggiorare le cose, ostacolando il giusto sviluppo economico in questo settore nella nostra regione”.

Parola di Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto della pesca di Mazara del Vallo.
Insomma, parafrasando il grande Hemingway, potremmo dire “La vecchia Sicilia e il mare”. Proprio come il protagonista del racconto, infatti, i siciliani si spingono molto al largo, per pescare con un’abilità eccezionale gamberi rossi, bianchi e viola, unici e di qualità straordinaria. Ma alla fine, proprio come accade nel libro, è come se tornassero a riva solo con un lisca, perché non riescono a ricavare il giusto compenso.

Circondati dal mare, ma senza mercati ittici. È un paradosso.
“Sì, è assurdo. La Sicilia è la regione più peschereccia d’Italia e il suo contributo al Pil pesca del Paese si aggira intorno al trenta per cento, ma per un deficit organizzativo e la mancanza in senso lato di uno spirito imprenditoriale, non riesce a farne una fonte di ricchezza”.

È un problema legato alla mancanza di risorse economiche?
“No, lo escludo. Periodicamente vengono pubblicati bandi per la realizzazione di strutture e regolarmente le gare vanno deserte. I fondi ci sono. È un problema organizzativo, di gestione delle risorse. A Mazara il progetto per il mercato ittico risale a trentacinque anni fa, solo nel 2006, dopo tante proteste, è stata posata la prima pietra”.

Cosa cambierebbe se il mercato ittico invece ci fosse?
“Intanto il mercato ittico dovrebbe essere inteso come un centro polifunzionale di servizi, non come un luogo in cui svolgere soltanto aste. Si accorcerebbe la filiera e si eviterebbero certe speculazioni. Oggi la vendita delle pesce viene contrattata sulle banchine, con commercianti che hanno rapporti diretti con i pescherecci. E poi il mercato ittico potrebbe essere adibito a centro di stoccaggio ed anche alla certificazione della qualità del prodotto”.

Dunque non ci sono controlli al momento, né sulla qualità, né sulle quantità di pescato?
“Attenzione, i controlli sanitari ci sono e sono forse anche più intensi proprio perché manca il mercato ittico. Vengono effettuati su ogni partita e questo, tra l’altro, fa perdere altro tempo. Per quanto riguarda le quantità, il pesce non manca, glielo assicuro. Abbiamo le celle piene di gamberi, per esempio”.

Ma qualcuno sostiene che il Mediterraneo sia ormai un mare morto, che molte specie siano o sparite o in via d’estinzione.
“È una balla. Certo, le risorse marine sono diminuite anche in relazione alla crescita della popolazione. L’inquinamento ed il sovrasfruttamento contribuiscono senz’altro a ridurre ulteriormente queste risorse. In questo senso sono importanti tutte le iniziative per tutelarle e salvaguardarle, come ad esempio il fermo biologico. In certe aree tradizionali, penso alle Pelagie, alla Tunisia, ma anche a Pantelleria, sicuramente non si pesca più come una volta, anche perché sono zone in cui insistono tante flotte. Così come è vero che specie come l’aragosta e l’astice, vivendo sottocosta, sono a rischio. Ma non è il caso di gamberi e scampi, ad esempio. Il Mediterraneo comunque è enorme e posti come l’Egitto, la Siria, la Palestina e Cipro non sono molto sfruttati. Ora, non solo i pescherecci mazaresi sono in grado di spingersi molto al largo, ma hanno un know how che potrebbero utilizzare anche in queste zone o comunque ‘rivendere’ a questi Paesi”.

Se non manca il pesce, allora perché l’economia non gira?
“Ripeto, serve un’organizzazione complessa nel sistema pesca, in modo da accorciare la filiera. E poi la valorizzazione dei nostri prodotti, grazie anche a strutture mercantili che possano certificare la qualità e la provenienza. Solo così il nostro gambero potrà essere prezioso come il prosciutto San Daniele. Attualmente, invece, è costretto a subire la concorrenza aggressiva di quello cinese ed argentino, col quale magari viene anche confuso”.

Sandra Figliuolo