Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Le grandi verticali

Un racconto di Vigna della Congregazione

22 Ottobre 2013
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Una verticale dedicata al terroir d'Italia considerato culla di grandi bianchi.

Antoine Gaita di Villa Diamante ha raccontato la verde Irpinia a Taormina Gourmet. Sei annate di Fiano di Avellino Docg Vigna della Congregazione, per i wine lover un 'must'di questa parte di Campania. A partire da una annata da archivio storico della piccola azienda, la 1998, si è analizzata l'evoluzione di questi vitigno nelle annate 2004, 2006, 2009, 2010, 2011. Gaita è uno dei pochi vignaioli, il suo piccolo mondo si trova a Montefredane, che ha capito e tirato fuori le potenzialità del Fiano portandole a conoscenza della critica  e del pubblico. Figlio di un territorio estremo, questo mette radici in un terreno ricco di roccia, fa i conti con alti tassi di umidità e nel frattempo subisce (e gode) le forti escursioni termiche. Con il risultato che il vino supera a testa alta la prova del tempo,  e in questo suo lunghissimo ciclo esprime sempre intensità e mineralità. 

Due costanti in una “crescita” invece mai costante, instabile, da montagne russe. Ed è proprio questo il fascino del Fiano di Gaita. Cosi capita che un vino all'inizio sotto tono che lascia presagire un'annata sbagliata si riveli poi dopo anni in tutta la sua grandezza. Un vino che come dice il produttore: 'ha dentro davvero tutto' riferendosi alle peculiarità espressive di altri celebri vitigni e vini, come lo Chablis. Per il metodo di lavorazione Gaita si è ispirato allo Champagne, capendo che aveva tutte le caratteristiche per poterlo tenere sul feccino per mesi. Nell'approccio invece applica la politica del minor intervento possibile. Vivendo letteralmente in simbiosi con le sue vigne, la sua casa è infatti a ridosso dei filari, Gaita fa  praticamente “il vino in pianta”, usando volutamente l'inflazionata espressione. 

Il 1998, uscito sul mercato non come Doc ma come vino da tavola, è il ritratto perfetto della personalità del Fiano di Avellino. Grande freschezza, ancora vivo, grande acidità dopo ben 14 anni. Ricco al naso con note di pane, albicocca matura ed eleganti note fumé. Frutto di un'annata piovosa e dall'arte, dimostrata dal produttore, di sapere aspettare il momento giusto per la raccolta, accettando in toto il rischio.   

La 2004  un'annata chiusa, rimasta in silenzio nei suoi primi anni di vita ma che poi ha cominciato a concedersi. Al naso ricorda un vecchio Riesling, si presenta con piacevoli note di idrocarburi e muschiate che si amalgamo a quelle fumé ma non da tostatura.  Un vino che ha energia. Agrumato e fresco al palato e di lunghissima persistenza. 

Il 2006 è suadente. Più floreale. Raffinatissimo all'olfatto. La sua aromaticità rievoca gli oli essenziali del mandarino poco maturo. Grande acidità e molto beverino. Chiude al finale con note di idrocarburi.

La 2009 ha un'acidità spiccata, ancora giovane, in pieno tumulto adolescenziale. Lo si percepisce subito al palato. Bella freschezza valorizzata da punte amare. Al naso si sentono la pasta di pane e la frutta bianca matura.

Il 2010 regala un bouquet di fiori bianchi e note erbacee, fresco al naso. Strutturato, acidità ancora tagliente, molto persistente. 

Il 2011 Esplode in bocca. croccante, nel pieno della usa infanzia.

M.L.