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La storia delle Genovesi: “Ho rubato la ricetta alle suore, oggi le preparo così”

15 Novembre 2015

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di Roberto Chifari e Manuela Zanni

Ci sono libri che raccontano una vita intera, poche pagine per racchiudere la vera essenza di una persona, la sua forza, il suo coraggio, il suo carattere.

È questo il caso di “Mandorle Amare” in cui l'autrice Mary Tylor Simeti racconta la vita di Maria Grammatico che grazie alla sua passione per il dolci riesce a riscattarsi da una vita difficile creando un “impero” dal profumo intenso di mandorle amare. La storia e la preziosa ricetta delle celebri genovesi.
La protagonista del libro è Maria Grammatico che da bambina, in seguito alla morte del padre, viene trasferita in collegio poiché la mamma era rimasta con sei figli e da sola non poteva provvedere al sostentamento di tutti. Sicchè Maria, insieme alla sorella più piccola, si ritrova nel convento di clausura “San Carlo” ad Erice all'interno del quale riesce a carpire le ricette segrete delle monache di dolci antichi ed elaborati sbirciando le suore durante le preparazioni attraverso una grata.
L'unica suora da cui Maria riceve il dono dell'insegnamento è Suor Stellina, parlando della quale, anche se a distanza di parecchi anni, ancora stenta a trattenere le lacrime.

Uscita dal convento, Maria incontra l'uomo che sposerà e riesce a realizzarsi decidendo di aprire un piccolo laboratorio grazie al quale getta le basi del successo crescente di cui gode oggi, a capo di due punti vendita, di un bar e di un laboratorio ad Erice.

Mai come in questo caso si può affermare che la  ritualità legata alla creazione di questi dolci, prima ancora che gli ingredienti, sia la chiave del successo delle genovesi di Maria, in cui ogni passo è un “frammento di memoria” che si fonde con il presente fino ad ottenere un risultato perfetto che sfiora l’eccellenza fino a raggiungerla.

Anche se il nome potrebbe trarre in inganno,  la “genovese”,  è da considerarsi a pieno titolo un “must” della produzione dolciaria siciliana data l’opulenza della farcitura e la golosità dell’involucro che la contiene.
Si pensi che, per i più ” coraggiosi” , essa rappresenta una valida alternativa molto più golosa del tradizionale cornetto farcito, per una colazione di certo energetica ed in grado di dare la carica per una giornata intera.
Quanto al nome “genovese”, insolito se si pensa ad un dolce tipicamente siciliano, alcune ricerche farebbero ipotizzare che derivi da alcuni dolci genovesi detti “panarelle” che sono delle tortine ripiene di crema allo zabaione e quindi si pensa che,  per analogia, questi dolci siano stati definiti “genovesi” proprio per la loro somiglianza con queste. D’altra parte non è insolito che in Sicilia chi viene dal “continente” possa essere definito con il nome della città da cui proviene, o, più genericamente,“ u forestieru”.

Esistono dalle 3 alle 4 versioni di questa ghiotta meraviglia : la classica con ricotta, zuccata e gocce di coccolato, quella con crema gialla, quella con crema di latte, infine, pare ce ne sia un quarto tipo più raro da trovare ripiena di conserva di cedro. 

Quando con le labbra si intacca quel dolce involucro di pasta frolla da cui fuoriesce, come lava incandescente, la morbida crema calda, si capisce perché sia convinzione comune che le genovesi si debbano mangiare a “scotta- labbra”.
Tra le versioni sopra citate, noi, di seguito, vi proponiamo quella che da anni propone la nota pasticceria “ Grammatico” di  Erice, che prevede che il ripieno sia rigorosamente con crema gialla.
Maria Grammatico, nella nostra video-intervista tratteggia i ricordi passati, la storia di una cittadina Erice e del suo laboratorio che inebria con i suoi profumi, i passanti.

Per tutti coloro che volessero cimentarsi nella  reparazione delle genovesi riportiamo la ricetta di Maria Grammatico, tratta dal libro “Mandorle Amare” di Mary Tylor Simeti. 

GENOVESI 

(Ingredienti per 16 paste)
Per la pasta frolla

  • 250 g di farina di grano duro
  • 250 g di farina tipo 00
  • 200 g di zucchero
  • 200 g di burro o margarina
  • 4 tuorli d’uovo
  • qualche cucchiaio di acqua fredda.

Per la crema

  • 2 tuorli d’uova
  • 150 g di zucchero
  • 40 g amido di grano o di mais,
  • ½ litro di latte
  • buccia di mezzo limone grattugiata

Mescolate le due qualità di farina insieme allo zucchero in una terrina grande. Aggiungete il burro tagliato a pezzetti e fate la cosiddetta “sabbiatura” ossia amalgamate la farina al burro in modo da ottenere un composto granuloso simile alla sabbia. Incorporate i tuorli uno alla volta, e aggiungere tanta acqua quanto basta affinchè la pasta si compatti. Versate su una superficie infarinata e formate una palla. Avvolgetela con la pellicola e lasciatela riposare in frigo per almeno 30 minuti prima di stenderla. Intanto procedete con la preparazione della crema gialla che servirà per la farcitura.
Sbattete i tuorli insieme allo zucchero con una frusta. Fate sciogliere l’amido in mezzo bicchiere di latte, e poi aggiungetelo al latte rimanente, mescolando bene. Versate il tutto lentamente nel tegame con i tuorli sbattendo bene con la frusta.  Fate cuocere a fiamma bassa, mescolando continuamente, per 10-12 min. finché il composto non sarà molto denso, come un budino, quindi incorporate la buccia del limone grattugiata. Versate in una terrina e coprite con la pellicola, facendo in modo che la pellicola posi direttamente sulla crema, e lasciate raffreddare. Riscaldate il forno a 220° C.
Con le mani fate dei bastoncini di pasta di due cm di diametro. Tagliate in pezzi lunghi 8 cm, e stendete ciascuno con il matterello per formare rettangoli di 15 x 10 x ½ cm circa. Mettete due cucchiai di crema su metà d’ogni rettangolo e ripiegate l’altra metà premendo intorno ai bordi con le dita. Tagliate a cerchio con uno stampino rotondo, un bicchiere o un tagliapasta dai bordi dentellati. Posate su una teglia a distanza di circa 2,5 cm. Cuocete nel forno circa 7 minuti fino a fare dorare lievemente la superficie. Trasferite su una griglia e spolverate con zucchero a velo. Servire bollenti a “scottalabbra”.