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Vini e territori

Attilio Scienza: vi racconto perché la Sicilia del vino ha un grande futuro

25 Aprile 2013
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La Sicilia del vino ha un grande futuro grazie a un passato che dovrà essere tradito, alleggerito da tutto ciò che non ci serve più.

La ricerca genetica sta aprendo spazi inimmaginabili alle potenzialità del vitigno Sicilia e già oggi possiamo cominciare ad assaggiare i primi risultati di un grande lavoro scientifico cominciato dieci anni fa. Sono le parole di Attilio Scienza, uno dei nostri massimi esperti di vitivinicoltura e docente universitario a Milano che anche quest'anno sarà il testimonial di Sicilia en Primeur, la manifestazione ideata da Assovini Sicilia che ogni anno invita giornalisti da tutto il mondo per scoprire cantine e nuove annate. Cronache di Gusto anticipa anche questa volta il tema della relazione che Scienza terrà sabato mattina davanti a una platea di produttori e giornalisti. 

Spiega il docente universitario: “Daremo la giusta gloria alle scelte che la Sicilia fece nel 2003 avviando un lavoro di ricerca mai fatto prima d'ora in Italia, quella per riportare alla luce e sperimentare tutti quei vitigni dimenticati nell'ultimo secolo. Una scelta, badate, non facile, perchè nessuno si è mai cimentato come la Sicilia, nel campo genetico. Se ci pensate in questi ultimi 30/40 anni abbiamo studiato di tutto, dal suolo alla chioma dei vigneti, dal sistema di allevamento alle potature. Mai invece ci siamo concentrati sulla genetica, probabilmente per un fatto culturale. La Sicilia può dire di essere la prima ad aver riportato l'orologio indietro di cento anni per proiettarsi ancora di più nel futuro. E penso alla parola tradizione che ha un doppio significato. Da una parte vuol dire trasmettere, continuare, dall'altra vuol dire tradire, abbandonare quello che non funziona. Nessuno berrebbe più vini di Catarratto così come si facevano ai primi del'900. E così da un lato abbiamo cercato quei biotipi all'interno delle varietà più conosciute per capire come fare un vino moderno; dall'altro abbiamo rispolverato vecchie varietà, circa una settantina, di cui nessuno aveva più il ricordo. E ora, già a Sicilia en Primeur,  potremo assaggiare alcuni vini ottenuti da questi vitigni dai nomi strani e sconosciuti che possono tracciare la strada per un bere siciliano diverso e moderno. Qualche esempio? I rossi Orisi e Quattrorappi, il bianco da uve Vitruolo e un altro a cui ancora non abbiamo neanche dato un nome. Tutti vini diversi per i quali è consigliabile resettare i nostri parametri olfattivi e degustativi. Tanto sono diversi”. 

Scienza si appassiona: “La Sicilia già ai primi del secolo scorso e poi di più a cavallo tra le due guerre cominciò a produrre vini solo per il Nord. E il Nord devastato dalla fillossera cosa chiedeva? Produzioni per tagliare i propri vini e la Sicilia si adeguò a questa richiesta dimenticando di fare vini per essere bevuti, mettendo da parte anche un patrimonio importante. E oggi questi vitigni antichi rappresentano quella Sicilia che non abbiamo mai assaggiato. Conosciamo infatti solo i vini fatti per il Nord. Il percorso che ha la Sicilia davanti a sè è lungo e affascinante. Non ci sono solo i vitigni dimenticati, ma anche quelli noti che vanno sperimentati con cloni appropriati e in terroir diversi. La Sicilia inoltre ha una fortuna perchè dal punto di vista genetico non ha subìto profonde alterazioni e tutto questo oggi è un grande vantaggio. Anche in questo caso le sperimentazioni ci dicono che non esiste un Nero d'Avola o un Catarratto ma tanti  Nero d'Avola e tanti Catarratto quanti sono i territori del vino dove queste varietà portano a risultati importanti. Molti mi chiedono se questi vini, compresi quelli ottenuti dai vitigni dimenticati, possono trovare mercati favorevoli. Io dico fermamente di sì non solo perchè sono buoni ma anche perchè sono diversi e rispondono a quelle esigenze del consumatore moderno. Pensate al Frappato. Lo snobbavano tutti, oggi invece puó essere una delle varietà del futuro. Pensate al Nerello Mascalese. C'è chi lo paragona al Pinot Nero. E la Doc Sicilia fa bene a proteggere l'intera isola ma si pensi a far vivere anche le sottozone e quei tanti territori vocati al vino di qualità. E infine, se penso a una zona della Sicilia del vino che avrà tantissimo da dire, e allora penso a tutta l'area interna, anche ad altitudini impensabili fino a qualche anno fa. Lì c'è ancora tantissimo da scoprire e da fare e le potenzialità sono davvero enormi”.

F.C.