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Vini e territori

Cinque buoni motivi per bere Soave

24 Maggio 2018
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Un territorio diverso, l'annata 2017, la new generation. Ed un nuovo presidente che annuncia una piccola rivoluzione…


(Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del Bere e Sandro Gini, presidente del consorzio Doc Soave)

Alcuni buoni motivi per bere Soave. È una riflessione scandita in cinque punti. Calato il sipario su Soave Preview (che è poi il momento di massima celebrazione di questo vino veneto) è quasi istintivo lo spunto per ragionarci su con un bicchiere tra le mani. 

1 – Il valore aggiunto dei suoli vulcanici
Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del Bere mentre conduce una degustazione di 12 vini Soave spiega che con un suolo vulcanico ad ogni metro il tipo di terreno cambia caratteristiche. E per il vino è una fortuna. Il Soave poggia su terreni di natura vulcanica e calcarea formatisi in lontane ere geologiche. Che hanno reso tutto unico e inimitabile. Bere Soave significa bere diverso. È un territorio che può portare a vini straordinariamente complessi, profondi, longevi. Che poi questo obiettivo non sempre si sia raggiunto ci può anche stare. È un po' nelle cose per quanto la Doc compia 50 anni e le scelte delle aziende non sempre premino la forsennata ricerca della qualità. Ma molti produttori ormai sono sulla strada giusta.

2 – Il fattore tempo e gli assaggi della vendemmia 2017
Ho assaggiato una sessantina di Soave, millesimo 2017, alcuni buoni e vi dirò anche quali. Altri con un po' di solforosa spinta, altri con un tratto aromatico che personalmente non apprezzo. In generale una buona media. Tuttavia quando poi durante Soave Preview assaggio le annate più vecchie mi dico: ma perché questa fretta di portare subito all'assaggio annate troppo fresche? La Garganega e il Trebbiano di Soave sono vitigni autoctoni che vogliono tempo a dispetto delle tante vinificazioni possibili. Le annate più vecchie all'assaggio risultano molto più buone, compiute, ricche di profumi e sapori che danno molta piacevolezza e quel senso di biodiversità che è un innegabile punto di forza. A tal punto da farmi dire che forse bisognerebbe avere la pazienza di ritardare l'uscita in commercio e magari saltare qualche anteprima per dare ad esperti e consumatori vini non troppo acerbi. Impegnativo, lo so. Ma potrebbe collocare il Soave su un livello che spingerebbe questa denominazione verso i grandi vini italiani che certamente per disciplinare portano all'assaggio solo annate di alcuni anni prima.

3 – L'annata 2017
Ma già che ci siamo, ecco alcuni dei nostri assaggi della vendemmia 2017. Personalmente vi segnalo il Soave di Tamellini, il Soave Terrelunghe di Vicentini, il Soave Vigne di Sandè di Villa Canestrari, il Soave Classico di Gini e quello de La Cappuccina. Ed ancora il Soave La Cappellina di Franchetto e il classico Monopollo di Vitevis. Ed ancora il Soave classico di Montetondo. Ci sono vari spunti di piacevolezza. La frutta appena accennata, talvolta la buona persistenza o la freschezza. Ed in quelli più buoni un tratto così acciugoso e salino da rendere la bevuta molto, molto intrigante. Ma di questi aspetti ne parlerà ancora il nostro Federico Latteri.

4 – Soave new generation
Ne parleremo in un altro articolo ma è indubbio che tra le colline della Doc Soave molti giovani, alcuni poco più che ventenni hanno fatto il loro ingresso in azienda. Sono motivati, più aperti al mondo di quanto non lo fossero i loro genitori, conoscono l'inglese e, soprattutto, bevono il vino di altri e di tanti territori e hanno una visione del mondo vitivinicolo molto più approfondita. Il territorio, insomma, non è alla ricerca di eredi e in molte cantine il passaggio del testimone è vicino. È un bel segno di vitalità e di prospettiva che potrà fare solo bene al Soave. Racconteremo su Cronache di Gusto alcune storie di questa “Soave new generation”.

5 – La nuova governance
Nulla contro i 14 anni di presidenza del consorzio di tutela di Arturo Stocchetti. Ma ogni cosa ha il suo turn over. Ed ecco arrivare sulla plancia di comando Sandro Gini. Da pochi giorni è lui il nuovo volto a rappresentare i circa tremila soci di un territorio che conta settemila ettari e una produzione di 50 milioni di bottiglie. Gini ha un sorriso contagioso e disarmante e l'aria di chi non molla. Ha una sua idea molto chiara del futuro della denominazione. E riteniamo sia un presidente chiamato ad essere la sintesi delle tante declinazioni con cui si fa impresa del vino a Soave. Nessun annuncio roboante, Gini ha fatto sapere però che già da quest'anno vorrebbe da ogni socio un indirizzo qualitativo sui propri vigneti al fine di individuare un paio di mesi prima della vendemmia le uve migliori. Per cominciare a qualificare i livelli qualitativi diversi all'interno delle singole aziende. È un passo importante. Che immaginiamo scatenerà reazioni. Un altro buon motivo per bere Soave.

Fabrizio Carrera