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Vini e territori

Ecco come si difende la Francia per tutelare il marchio Champagne

12 Febbraio 2013
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Due milioni di euro, 16 uffici e 70 studi legali per difendere il nome Champagne.

E’ la strategia di difesa messa in campo dal Comité interprofessionnel des vins de champagne (CIVC) che riunisce i viticoltori e le maison della Champagne e che si trova ad Epernay. “E’ Champagne solo quello che proviene dalla Champagne”, suona perentorio il monito del Comitato deciso a preservare, con man forte e per via legale, il pregiatissimo vino, icona del vino francese e del bere raffinato in tutto il mondo, da chi vuole sfruttarne la fama. Sono, infatti, ogni anno, centinaia i tentativi di usurpazione o appropriazione indebita del nome Champagne. C’è poi il fenomeno di usurpazione legalizzata in quei Paesi dove è consentito l’utilizzo del termine. “Attraverso il Ministero delle Politiche Agricole siamo in costante negoziazione con questi Stati e con le ambasciate affinché riconoscano la denominazione Champagne”, dichiara il direttore del servizio di tutela del Civc Charles Goemaere.

Le battaglie più dure per il riconoscimento sono quelle portate avanti con gli Stati Uniti, la Russia (dove vengono prodotte 250 milioni di bottiglie che riportano in etichetta  la parola “champanskoïe”) e il Vietnam. Per quanto riguarda gli Usa, era stato siglato un accordo con l'Unione Europea nel 2006 che consentiva a chi aveva messo in commercio, prima di quella data, un prodotto chiamandolo Champagne (e si tratta per lo più di vini entry level venduti tra i 4 ei 10 dollari), poteva continuare ad usare il termine con l’obbligo di indicare accanto al nome la provenienza.

Si è invece risolta in una vittoria, incassata in data dicembre 2012,  la lunga trattativa con il Brasile, dove la parola Champagne dal 1974 valeva come termine generico. Comunque tra il 2005 e il 2012 ben 34 Paesi hanno deciso di legiferare per non consentire più l’utilizzo non legittimo.

Oggi sono più di 3 miliardi le bottiglie di vino spumante prodotte nel mondo e solo 300 milioni quelle di Champagne. Ma la violazione del marchio non sarebbe solo relegata ai vini frizzanti, cosmetici e altri prodotti di lusso in altri Pesi del mondo lo utilizzerebbero per  rendere accattivante il prodotto e catturare l’attenzione dei consumatori. E anche su quel fronte il Civc annuncia battaglia.

C.d.G.

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