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Vini e territori

Vini dell’altro mondo: Cloudy Bay in Nuova Zelanda che produce Chardonnay e Pinot Noir

24 Luglio 2016
vigneti_nuova_zelanda vigneti_nuova_zelanda

di Cristina Gambarini

Al fatto che vitigni autoctoni francesi possano regalare espressioni degne di nota in luoghi ubicati dall’altra parte del mondo rispetto ai territori d’origine siamo abituati, ma il sapere che questi vitigni possano dare vini che raggiungono livelli qualitativi d’eccellenza fuori dal terroir di riferimento è una notizia che sorprende sempre. 

E’ quello che è accaduto ai vini della tenuta Cloudy Bay, in Nuova Zelanda, nella regione di Marlborough, nell’estrema propaggine meridionale del mondo enologico. In questa parte di terra dal clima soleggiato, fresco e con importanti escursioni termiche, dove il suolo è alluvionale con strati di ghiaia, il Sauvignon Blanc ha trovato un luogo d’elezione. Nel 1985 David Hohnen, un vignaiuolo australiano lungimirante, decise di investire fuori dalla sua terra, e scelse il Marlborough come culla della sua Cloudy Bay, una delle cinque cantine a scegliere per prime quella regione per la propria produzione. La decisione si rivelò vincente perché in poco tempo i Sauvignon Blanc della Cloudy Bay divennero punti di riferimento in tutto il Paese, catturando il gusto dei tanti amanti del buon vino per lo straordinario aroma che ogni volta sanno sprigionare nel bicchiere. Al naso infatti esprimono un bouquet complesso e intenso, dove si riconoscono note di frutta esotica, come mango, papaia e frutto della passione. Al palato sono freschi, sapidi, intensi e con una leggera mineralità. L’occasione per degustarli è stata una cena al Sushi B di Milano, in cui l’estro dello chef Nobuya Niimori ha permesso un sodalizio perfetto tra proposte fusion e i vini della Cloudy Bay, Sauvignon Blanc, Chardonnay, ma anche Pinot Noir, per una esperienza sensoriale intrigante e sorprendente.


(Sauvignon Blanc 2015)

Il Sauvignon Blanc, annata 2015, è stato abbinato a un carpaccio di capesante di Hokkaido e gamberi rossi di Mazara del Vallo, bottarga e vinaigrette di yuzu soia. In questo piatto la dolcezza del gambero ha smorzato la sapidità della bottarga ed entrambi questi sapori sono stati esaltati dalla freschezza del vino, che ha accompagnato, senza sovrastare, la persistenza del gusto in un equilibrio perfetto.    

  
(Chardonnay 2014)

Un Salmone Tataki con salsa Karashi su miso ha invece visto l’abbinamento con uno Chardonnay 2014, vino dalla grande mineralità, fresco, che in bocca ha rilasciato sapori di frutti maturi e una nota di speziatura, datagli dal passaggio in botte di rovere francese, per un anno, prima di essere imbottigliato. Anche in questo caso un accostamento misurato e ben riuscito.


(Te Koko 2012)

La vera sorpresa della serata è stato il Cloudy Bay Te Koko 2012, un Sauvignon (dal tappo a vite) che ha fatto ben 14 mesi di barrique, il 14% in legno nuovo e il restante 86% in legno di secondo passaggio,e che si porta con sé, al naso e in bocca, tutto il sentore di affumicatura, lungo e persistente. E’ un vino intenso, pieno, dalla struttura importante, l’orgoglio della cantina. Tra le etichette della Cloudy Bay dal 2000, rappresenta un nuovo modo di fare Sauvignon, in cui gli interventi sono limitati al minimo, per lasciare il vino a fermentare lentamente nelle botti di quercia, prima di raggiungere la maturità. Perfetto servito con Carpaccio di tonno con mango e salsa ai frutti tropicali.


(Te Wahi 2014)

Il corrispettivo in nero del Te Koko è il Cloudy Bay Te Wahi 2014, un Pinor Noir Riserva, in cui le uve sono state diraspate per il 90%, mentre un 10% di raspi è stato lasciato durante la fermentazione. A contatto con le bucce dai 17 ai 22 giorni, il mosto è stato poi passato in barrique   di rovere francese (nuove per il 30%) per 14 mesi. Il risultato è un vino strutturato, che rilascia al naso sentori di frutta matura, lampone, mora, prugna nera e spezie,oltre al caratteristico profumo di affumicato. Al gusto è risultato fresco, con tannini importanti ma non più ruvidi, e con un finale persistente, che ha leggermente sovrastato l’ombrina Yuansansyo cotta alla brace cui era stato abbinato.

Grandi vini tutti, la scommessa sarebbe ora quella di provare a trovare nuovi accostamenti tra le proposte della più conosciuta cucina mediterranea.