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Vinitaly 2016

I 12 vini imperdibili al Vinitaly 2016 secondo Daniele Cernilli (Doctor Wine)

03 Aprile 2016
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Ad una settimana esatta dall’inizio del cinquantesimo Vinitaly, proviamo a fare ordine nell’immensa massa di vini che saranno disponibili tra i padiglioni. Assaggiarli tutti è davvero impossibile. 

E, dunque, serve il parere di un esperto. Anche quest’anno ci affidiamo a dei grandi conoscitori dei vini italiani che ci suggeriranno, volta dopo volta, i vini imperdibili al Vinitaly. Oggi è il turno di Daniele Cernilli, Doctor Wine, che quest’anno stupisce con una selezione dettata “dal cuore e dalla curiosità”
 

di Daniele Cernilli

Devo confessare che già il concetto di “grande vino” mi mette un po’ in difficoltà. Io, per esempio, possiedo una Panda 4X4 vecchia di undici anni che considero una “grande auto”, ma capisco che il mio entusiasmo possa non essere condiviso da tutti. Certe volte m’incanto davanti a un Dolcetto d’Alba e non davanti a un Barolo, insomma, quindi i miei 12 “grandi vini” saranno quest’anno più un itinerario del cuore e della curiosità che non una scontata sottolineatura di bottiglie preziose e costose, di vini immensi, per carità. Mi perdonerete, perciò, e mi perdoneranno i miei amici Giacomo Neri e Iacopo Biondi Santi, se non inserirò il Cerretalto e la Riserva 2010 dei loro Brunello, eccezionali, tra i più grandi di sempre, che non posso non ricordare, ma che assaggerò con calma e fra qualche mese. Non ora e non al Vinitaly. E iniziamo il viaggio. Inizio con un Roero, da uve nebbiolo, che mi ha veramente colpito durante un assaggio al Roero Days. È il 2011 di Massucco, azienda di Castagnito che non conoscevo bene. È il Roero che ti aspetti, non perfetto, magari un pochino tannico e increspato, ma di una territorialità assoluta. Emblematico.

Un po’ più a est ed ecco un altro vino imprevedibilmente delizioso. Lo fa una grande azienda, è una novità totale, ma è davvero buono. Franciacorta 61 Nature del 2009 di Guido Berlucchi, essenziale, elegante, tecnicamente ineccepibile. Sorprendente. La Cantina di Terlano è una sicurezza. Fa i migliori bianchi d’Italia, semplicemente.
Ma io andrò ad assaggiare quello che vorrei come bianco da tutti i giorni se dovessi diventare più ricco di come sono. Non è costosissimo, anzi, ma per ora tutti i giorni non potrei permettermelo. Alto Adige Terlano Pinot Bianco Riserva Vorberg 2013, frutto di una vendemmia straordinaria. Imperdibile.
Restiamo in Sudtirol e da Elena Walch ci andrò di sicuro. Per assaggiare l’Alto Adige Gewurztraminer Kastelaz 2015, profumato come una rosa di maggio. Affascinante.

Il Trentino è soprattutto spumantistica nella mia mente, ma qualche volta no, e qualche volta anche una cantina enorme e modernissima come la Cavit propone vini formidabili. Come il Teroldego Rotaliano Maso Cervara 2011. Delizioso.
In Veneto andrò per bianchi. E andrò soprattutto da Nino Pieropan certo che il suo Soave Classico Calvarino 2015 sarà una sicurezza. Territoriale.
In Friuli l’annata 2015 è fin troppo ricca. Bisognerà andare verso zone fresche e vini non troppo possenti. Come il Collio Friulano di Schiopetto del 2015. Una certezza.
Torniamo alle pianure emiliane per annunciare l’uscita di un vero fuoriclasse nel panorama lambruschista. Si chiama In Correggio 2005, è un metodo classico, fa dieci anni sui lieviti, ha la cremosità di un grande Champagne e lo produce Lini 910. Impressionante.
Per la Toscana scelgo un Chianti Classico, la Riserva Novecento del 2013 di Dievole, una cantina che risorge letteralmente dopo un periodo difficile. È splendido e la menzione vuole essere un augurio.

Torniamo a un bianco, nuovo, abruzzese, sensazionale. Pecorino Frontone 2013 di Cataldi Madonna, uno dei migliori bianchi di quest’anno. Eccezionale. L’ho assaggiato in anteprima lo scorso anno a Campania stories, non me lo farò scappare quest’anno che è in uscita.
Taurasi 2008 di Michele Perillo, un sogno. Meraviglioso.
Chiudo la dozzina, senza la Sicilia perché tanto ne parlerà ampiamente Fabrizio Carrera, senza Puglia e Basilicata, delle quali parlano tutti. Ma solo ricordando che in Sardegna l’annata 2014 è stata ottima, al contrario che altrove. Quindi il dodicesimo vino è un sardo, il Cannonau di Sardegna Mamuthone del 2014 di Giuseppe Sedilesu, appunto. Dai profumi speziati che ricordano afrori arabeggianti. Strepitoso.