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Vivere di vino

Marta Gaspari, Donnafugata: a comunicare il vino siamo più bravi noi italiani

03 Aprile 2012

Arriva nella Sicilia del vino per un desiderio espresso, o meglio un aut aut dato al marito: un trasferimento dal Veneto, la regione in cui viveva, sull’Isola solo a condizione di poter lavorare per una cantina vinicola.

Così Marta Gaspari (nella foto) dal mondo della moda, dove si è formata nel marketing, approda negli uffici di Donnafugata. Oggi è una delle figure chiave dell’azienda e collaborando a stretto contatto con la famiglia Rallo da dieci anni ricopre il ruolo di responsabile marketing e pubbliche relazioni. L’esperta in comunicazione in questa intervista racconta sue passioni, percorsi e punti di vista.
 
Come arriva nel mondo del vino?
“Da Coin. Preciso. Mi laureo in lettere, indirizzo artistico, e comincio a lavorare da subito nel mondo del marketing per un brand dell’intimo. Successivamente proseguo  il mio percorso nel marketing per il gruppo Coin. Allora mi occupavo di eventi e visual merchandising. In quel periodo capii che il vino si muoveva in modo nuovo, dal punto di vista di happening e occasioni di consumo. Così cominciai ad interessarmi a questo mondo. Ma allora non ero esperta. Mi piaceva bere, come piace alla gente comune”.

Il passo verso Donnafugata?
“Ho espresso un desiderio e si è esaudito. Mio marito è siciliano. Quando si presentò la prospettiva di dovere vivere insieme mi chiese di venire in Sicilia. Premetto che io non volevo venirci e la Sicilia non era nella mia mente come patria adottiva. Gli dissi che mi sarei trasferita ad una sola condizione: se mi trovava un contatto di lavoro per una cantina vinicola. Il caso poi volle che mio marito venisse a sapere che Donnafugata stava cercando personale per il settore marketing. Così mi candidai subito per il colloquio. Scattò subito la sintonia con José e il resto della famiglia”.

Lei segue una delle cantine che si muove e investe di più in marketing e comunicazione, ma in generale trova che in Sicilia si investa su questa leva?
“Non ancora. Per me mi pare impossibile che non lo si faccia. Senza il marketing non sei nulla. Non puoi vendere e un prodotto sugli scaffali se non aggiungi  la tua diversità.  In Sicilia avete la fortuna di avere cantine Family business, cosa che consente di abbinare al vino un volto, un tono di voce, un sorriso, una personalità. Il marketing serve a dare l’identità che serve per differenziarsi, appunto, dagli altri. Senza non ci sarebbe mercato”.

Secondo lei chi nel mondo o nella storia del vino ha saputo utilizzare il marketing?
“I francesi. Anche se loro non hanno comunicato ma sono stati “comunicati” dagli inglesi. La bravura dei francesi è stata quella di avere codificato in modo chiaro il loro vino e lo hanno protetto. A quei tempi lo hanno fatto bene.  Oggi però godono della rendita degli anni passati. Noi italiani siamo più bravi nella comunicazione e nel visual”.  
 
Beve francese?
“I vini francesi li ho nel cuore. I miei preferiti. Ma amo anche quelli italiani. Sono totalmente differenti.

In cosa?
“I vini francesi sono chiari, fortemente riconoscibili, sono quelli e basta. Gli italiani sono complessi, ciascuno di loro si abbina alla cucina del territorio. Non ho un legame regionale col vino. Non ho preferenze. Però quando bevo italiano lo posso fare in modo “relaxed”. Per i vini francesi bisogna mettersi, come posso dire, in tiro”. Li trovo estremi”.
 
A tavola, in casa, chi porta il vino?
“Io. Sono io quella che “impone i vini”. Mio marito non ha su questo molta voce in capitolo. Metto i vini della mia azienda, ogni tanto metto qualche Ribolla e Prosecco che manda mio padre”.
 
Quindi si occupa anche degli abbinamenti?
“Per me l’abbinamento per eccellenza cibo/vino è solo uno: un grande arrosto con un grande rosso. Ma io non cucino. Fosse per me andrei avanti a mozzarelle e insalate. Però amo tantissimo mangiare. E’ mio marito il cuoco”.
 
Rossista o bianchista?
“Bianchista”.
 
Oltre al vino un’altra sua passione?
“La lettura”.
 
Allora ci suggerisca un abbinamento libro/vino.
“Consiglio un Anna Karenina con un bianco barricato serio.  Con il libro di Haruki Murakami  “Kafka sulla spiaggia” un Traminer con buona acidità. Con l’ultimo che ha scritto, 1q 84 un  bianco fresco aromatico invece”.
 
Lei è stata tra quelli che hanno partecipato alla due giorni di lezioni in Toscana organizzate da Grandi Marchi e Master of Wine. Cosa pensa del metodo dei Master of Wine?
“E’ quello giusto. Perché guarda al mercato. Hanno una capacità di analizzare il vino considerando diversi aspetti, hanno una visione generale. Lo guardano da lontano. Mentre noi siamo troppo specialisti e ci concentriamo solo su determinati aspetti. Guardiamo con la lente d’ingrandimento senza avere una visione d’insieme”.
 
Come sta secondo lei il vino italiano nel mercato nazionale e all’estero?
“La forza del vino italiano è che riesce a proporsi con un ampia gamma. E’ in grado di accompagnare il consumatore dal grado più semplice al più complesso. Soddisfa tutti i palati. Questa è la nostra forza commerciale e credo che il nostro vino sarà sempre consumato. La Francia, invece, sullo scaffale è One Shot. La regione che attualmente sta facendo più rumore è la Puglia. Toscana e Piemonte rimangono le nostre roccaforti. Non c’è carta dei vini che non abbia queste due regioni. La Sicilia piace, soprattutto all’estero, perché coniuga vino a territorio. Se parlo di Sicilia la gente la associa al bel clima, alla natura incontaminata, al cibo e alle bellezze architettoniche. Sta crescendo”. 

M.L.