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La novità

Da un seme di pomodoro dimenticato in magazzino nasce la nuova passata De Rica

03 Aprile 2016
Marco_Bianchi_e_il_Vallivo Marco_Bianchi_e_il_Vallivo


(Marco Bianchi e il pomodoro Vallivo)

di Michele Pizzillo

Con Asdomar, Generale Conserve di Genova, è la seconda azienda del mercato del tonno all’olio d’oliva con quasi il 17% di quota di mercato. Ma il 40% del fatturato che nel 2015 è stato di 187 milioni di euro, arriva dal private label. 

E, adesso, anche da un marchio storico della tradizione agroalimentare italiana, De Rica, che Vito Gulli, presidente dell’azienda genovese ha acquisito nel 2013 con l’obiettivo di gestirne l’intera filiera produttiva, così come ha fatto con il tonno. Ma con lo storico marchio della passata di pomodoro a Gulli è capitata una fortuna imprevista, la disponibilità del seme di un pomodoro particolarmente adatto a produrre passata di grande qualità, il Vallivo. Lo conservava in un sacco quasi abbandonato in una stalla, un contadino di Ostellato, che appena entrato in contatto con i tecnici di De Rica per concordare un impianto di pomodori, ha mostrato il suo “tesoro”. “Che subito abbiamo messo a dimora per valutarne la capacità di produrre qualità – rammenta Nicola Martini, direttore sviluppo della De Rica -. Con risultati sorprendenti, al punto che nel 2015 abbiamo prodotto la prima pura passata di pomodoro vallivo, un prodotto davvero innovativo per quanto riguarda il mercato del pomodoro perché richiama ‘in tutto e per tutto’ una passata fatta in casa, con il risultato di un prodotto unicoche si differenzia per gusto, colore e profumo”.


(Marco Bianchi e Vito Gulli)

Per la produzione di “Pura Passata di pomodoro vallivo” la De Rica ha scelto un contesto unico: un’area rurale incontaminata, 18.000 ettari di terreno alle porte del Parco naturale del Delta del Po, “dove la natura è generosa, abbondano specie animali e la mano dell’uomo non è invasiva. Una vera distesa sconfinata, segnata solo da passaggi interpoderali e canali, senza costruzioni, tralicci e reti stradali”, sottolinea Martini.
Pura passata, inoltre, è realizzata con una sola varietà di pomodoro per garantire gusto e qualità costanti, cioè, il pomodoro vallivo, che viene coltivato, raccolto e lavorato proprio lì dove nasce, nelle immediate vicinanze del sito di trasformazione, nel pieno rispetto della tradizione e del lavoro, per garantire una filiera integrata a basso impatto ambientale.  Dice Gulli: “dalla selezione del seme di una varietà tradizionale, otteniamo un pomodoro dal colore rosso genuino, dal sapore inconfondibile, 100% italiano, certificato sostenibile da Friend of the Earth, il programma internazionale di certificazione per l’agricoltura sostenibile”.  In più, c’è da dire che Generale Conserve è convinta che la sostenibilità vada sempre applicata, innanzitutto al proprio “core business”: in questo caso il pomodoro e la sua catena del valore.


(Pomodoro Vallivo)

Per cui, il presidente Gulli può dire che “è diventato realtà un progetto ideale, e con un risultato eccellente. Il ‘progetto’ era quello di recuperare un seme di pomodoro autoctono e antico, non ibrido, e di coltivarlo nella fertilissima pianura emiliana. I consumatori sono rimasti letteralmente folgorati alla prova dell’assaggio ‘con gli occhi bendati’: tutti hanno riconosciuto come ‘migliore’ proprio la passata di pomodoro vallivo”.
In più la filiera corta e Ogm free, garantisce un controllo totale, dal seme al prodotto finito, per mantenere alti gli standard di qualità. Per esaltare ancora di più questo prodotto innovativo, Gulli ha coinvolto Marco Bianchi, divulgatore scientifico per Fondazione Umberto Veronesi e Ambassador di Expo 2015 che molti conoscono come lo chef-scienziato sempre pronto ad impegnarsi nel promuovere i fattori protettivi della dieta e le regole della buona alimentazione attraverso consigli gastronomici che aiutano a restare in salute con gusto e a prevenire le patologie più comuni. Nel corso della presentazione avvenuta a Milano, per esaltare la passata di pomodoro Vallivo, Bianchi ha preparato il gazpacho, la “torta brisè alla Marco Bianchi” e “crostini mediterranei con pura passata di pomodoro vallivo”. Piatti che hanno convinto tutti, riconoscendo a Bianchi la sua bravura di divulgatore scientifico che  grazie al suo blog di cucina e ai suoi account social, raggiunge ogni settimana oltre un milione di utenti e, così, ne approfitta per lanciare campagne di sensibilizzazione diventate immediatamente virali, sostenute da personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport e divenute oggetti d’interesse anche per i media tradizionali come #Iomimuovo  per spronare le persone a combattere la sedentarietà. La campagna, nata dalla consapevolezza che “la sedentarietà ogni anno fa più vittime del fumo” ha portato prima alla pubblicazione dell’omonimo libro, edito da Mondadori e divenuto un best seller in pochi mesi, e poi alla prima edizione del Milano Food & Wellness, la prima manifestazione interamente dedicata alla sana alimentazione e al movimento, ideata e prodotta da Show Reel e di cui Bianchi è direttore artistico. Un anno fa, poi, ha lanciato


(Marco Bianchi)

 #Tiriamolefuori, campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del cancro ai testicoli. Ma, anche, format come “tesoro, salviamo i ragazzi!” oppure il primo tour di corsi di cucina di Marco Bianchi, che da ottobre 2014 a marzo 2015 ha toccato in 21 tappe tutta l’Italia, nonché momenti di divulgazione pubblici in contesti d’eccezione. E, quindi, può affermare che “cucinare è il primo gesto d’amore che c’è, sia per noi stessi sia per chi ci circonda. La mia cucina è, innanzitutto, semplicità – per me non c’è nulla di più buono di una bella pasta (integrale) con i broccoli. Penso alle ricette un po’ come a dei matrimoni ben riusciti: un’unione di elementi che, per come sono naturalmente fatti, insieme danno il meglio di sé. Mi definiscono “chef-scienziato”, ma non indosso né camice né grembiule. E mi diverto di più quando cucino a piedi nudi”.