Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 23 del 23/08/2007

IL PRODOTTO/2 Maiorchino: latte e storia

22 Agosto 2007
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    IL PRODOTTO/2

maiorchino.jpgL’antico formaggio dei Peloritani viene prodotto dal 1600 ma oggi rischia di andare perduto. Colpa della brucellosi che riduce al minimo i capi di bestiame utilizzabili e le leggi che impongono la pastorizzazione

Maiorchino:
latte e storia

Tecniche antiche tramandate di padre in figlio, terra fertile, buoni pascoli e tanta pazienza. Ingredienti indispensabili per dar vita ad una forma di maiorchino, un formaggio a pasta dura cotta, tipico dei monti Peloritani nel messinese, dove i pascoli sono ricchi e con abbondanti erbe odorose. A contraddistinguerlo sono un colore giallo ambrato, la consistenza compatta ed un sapore tanto più deciso quanto maggiore è la stagionatura.

Secondo la tradizione, pare debba il suo nome ad una varietà di frumento detto “maiorca”, cibo preferito da capre e pecore. La storia racconta che fece la sua comparsa intorno al ‘600 in occasione della sagra della maiorchina. Ogni anno, durante il carnevale, nei comuni di Basicò e di Novara di Sicilia, in provincia di Messina, con le forme stagionate si effettua la tradizionale ruzzola: i pastori gareggiano facendole rotolare lungo il pendio della via principale del paese. Il maiorchino è generalmente prodotto in piccole quantità e solo in alcuni mesi dell’anno (da febbraio a giugno). La sua realizzazione, infatti, richiede cura, pazienza e una sapienza che solo in pochi possiedono.
Uno degli ultimi appassionati produttori di questo formaggio, apprezzato in tutto il mondo e che ha ottenuto dalla Regione siciliana la denominazione di prodotto tradizionale, è Mario Mirabile. mario_mirabile.jpgLa sua azienda agricola ha sede in collina, sopra Santa Lucia del Mela, vicino a Milazzo, nel Messinese. Il suo maiorchino nasce dalla miscela di latte di capra e di pecora in uguale percentuale, lavorati insieme e cotti ad una temperatura di 45 gradi. A procedimento ultimato, le forme di formaggio, che possono variare dagli otto ai venticinque chili, vengono lasciate stagionare ad una temperatura di circa 15 gradi. “La stagionatura – spiega Mirabile – può arrivare fino a tre anni, ma l’ideale è degustarlo dopo l’anno per poterne già apprezzare tutte le caratteristiche, magari accompagnandolo con un buon vino rosso”.
È un formaggio che, grazie ad una produzione che si avvale di antichi metodi di lavorazione, conserva intatti i profumi e gli aromi dei pascoli peloritani. Può essere gustato anche grattugiato per accompagnare altre pietanze. Recenti abbinamenti col miele di castagno o eucaliptus (rigorosamente dei Nebrodi) ne esaltano alcune caratteristiche. Ma questo pregiato e prezioso formaggio rischia oggi l’estinzione. “Fino a tre anni fa – racconta Mirabile – ne realizzavamo circa ottanta forme all’anno. Oggi la nostra produzione è in ginocchio, azzerata dalla brucellosi che ha colpito il bestiame e costretto, come prescrive la legge, ad abbatterlo. In un anno – continua – sono stati eliminati oltre mille capi di bestiame e le nuove normative che impongono la pastorizzazione del latte, di fatto, ci impediscono di continuare a produrre il formaggio che nasce come un prodotto a latte crudo e che proprio per questa sua tipicità, fino a qualche anno fa, ha ottenuto ottimi riscontri in tutto il mondo”. Il maiorchino di Mirabile, infatti è sbarcato persino in America e nel 2001 ha ottenuto il riconoscimento come miglior formaggio italiano a latte crudo a Saint Vincent
“L’obiettivo di noi produttori – afferma Mirabile – è quello di creare un consorzio per la tutela dei prodotti tipici di Nebrodi e Peloritani, con un occhio di riguardo per il maiorchino, per il quale vorremmo ottenere il marchio dop (denominazione di origine protetta)”. Impresa ardua, dato che, ad oggi, la produzione del formaggio è pressoché inesistente e si riesce a far fronte solo ad una piccolissima parte delle richieste che arrivano da tutta la Sicilia. “Il nostro è un grido d’allarme – conclude il produttore -. Se non si interverrà in modo serio e rapido, rischiamo davvero di non poter più produrre e dunque gustare questo ottimo prodotto della terra e dell’ingegno dell’uomo”.

C. M.