Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 169 del 10/06/2010

L’INTERVISTA “Troppi furbi tra i fornelli”

10 Giugno 2010
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L’INTERVISTA

Carmelo Chiaramonte, siciliano, accusa: “In cucina poca meritocrazia”. E racconta come si svolge la sua professione di chef errante per il mondo tra cura del dettaglio e tanta fantasia. Sulla crisi della ristorazione rivela: “Se non lavorassi per metà all’estero non ce la farei”

“Troppi furbi
tra i fornelli”

Si divide tra una preparazione i catering, le cene  di lavoro e gli aeroporti. I suoi strumenti sono una pentola, un biglietto aereo e l’ istrionica ironia che certo non gli manca. Il suo motto però è uno solo “Dove c’è vita c’è cibo”.

E a chi potrebbero essere attribuite queste parole se non all’eclettico chef Carmelo Chiaramonte? Lui che ormai da alcuni anni si è guadagnato l’appellativo di “chef errante”, e che girovaga per i cieli del mondo inseguendo la poesia del cibo. Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo lavoro e come un cuoco itinerante può combattere il fantasma della crisi.

Come mai uno “chef errante”?
“Il mio lavoro nasce da un’esigenza professionale ed intellettuale. Da alcuni anni porto la mia cucina dove non potrebbe arrivare in altro modo, se io stesso non ce la portassi. Non ero più soddisfatto della vita da ristorante, che resta per me un cartone di lusso bello e pronto.  Avevo la voglia e la curiosità di viaggiare e l’ho fatto”.

Di cosa si occupa in particolar modo?
“La mia è una cucina a soggetto. Io realizzo quello che mi chiede il pubblico, per cui spazio dai pranzi ludico- didattici per bambini, alle cene presso gli istituti internazionali per il made in Italy, fino alle più svariate ed eclettiche cene per poche o tante persone. Una volta mi è persino capitato di cucinare su un cavalcavia in Portogallo”.

Dove realizza le sue cene?
“In Italia un po’ dappertutto, ma molto anche in Giappone, negli stati Uniti ed anche in altri continenti. Ho richieste numerose e decido di andare solo dove penso che la mia cucina possa essere compresa. Per questo ho esclusivamente contatti diretti con i clienti”.

Cos’è importante nel suo lavoro?
“Sono prima di tutto un ottimo viaggiatore, guai se non fosse così. Ma la cosa indubbiamente più importante è una sorta di sesto senso per gli imprevisti. Tutto deve essere perfetto, ecco perchè in valigia non può mancare l’olio giusto o l’ingrediente meno reperibile”.

Quale crede che sia il ruolo dello chef oggi?
“Deve essere come l’ape per il fiore, deve saperne portare il profumo in giro. Anzi, le cito una poesia di Emily Dickinson “Ape, trifoglio e sogno. Se le api sono poche. Il sogno basterà – solo”. Se il cuoco non capisce che deve distribuire il profumo, allora si limiterà a cucinare”.

Cosa pensa della ristorazione classica e della crisi del settore?
La ristorazione classica è solo una parte della verità gastronomica che si può raccontare. A ciò si aggiunge che gli stipendi nel settore non ti danno la possibilità di vivere e di fare ricerca. Non c’è meritocrazia, non si distingue abbastanza chi lavora tanto e bene da chi lavora poco e male, ecco perchè ad avere la meglio sono spesso i furbi o chi si accontenta”.

Come vede il settore in Italia?
Il sistema fiscale italiano schiaccia tutti. Se non basassi la metà del mio lavoro all’estero non ce la farei”

Quando potremo vederla prossimamente cucinare da queste parti?
E’ probabile che a novembre organizzerò una cena alla Dispensa dei monsù a Palermo

Laura Di Trapani