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Vinitaly 2013

Chianti, miracolo d’identità

07 Aprile 2013
chianti chianti

di Andrea Gori

Parlare del Chianti Classico come zona vinicola del futuro a chi vive e lavora nel vino a Firenze non stupisce più di tanto.

Il Chianti Classico è il primo vino importante che si impara a bere e quello da cui non ci si stacca mai, il compagno fedele di merende e anche pranzi e cene importanti, ricorrenze, anniversari, molto più di casa e intimo di altri grandi toscani. La prima forza del Chianti Classico è la storia e il fatto di esserci sempre stato. Quando puoi vantare nel tuo stemma un 1716 che ricorda come il Granduca di Toscana, Cosimo III, ebbe bisogno di affidare a un bando la delimitazione dei suoi confini (che all'epoca chiamava semplicemente Chianti e che solo dopo è stato traslato a mezza regione rendendo obbligatoria la menzione Classico per definirne un areale più ristretto) realizzando il primo documento a valore legale al mondo che definisca una zona di produzione vinicola, capisci che sei davvero parte di qualcosa di straordinario.

Tutto questo prima di Bordeaux, prima dell'epopea degli Chateau che inventarono il sistema geniale della suddivisione in cru ma basandosi sul prezzo che spuntavano le bottiglie nel 1855, non certo o non solo per il territorio da cui provenivano. Ecco, forse basterebbe, in tempi come quelli di oggi dove mancano le certezze, a far capire che 300 anni di territorio, di richiamo alla geografia, ai boschi, ai monti, alle colline di questa zona richiamate in etichetta bastino a renderlo iconico e di buon auspicio per il futuro.

Ma la storia è solo la partenza perché è da questa denominazione che parte la conquista delle tavole di tutto il mondo da parte del vino italiano con il fiasco e le tovaglie a quadri, lo stesso fiasco che oggi dà segni di ritorno sotto forma di restyling e orgoglioso ritorno ad un passato prossimo in cui questo vino era ovunque anche se nemmeno paragonabile alla qualità di adesso.
E la qualità di adesso, per la Toscana e forse per gran parte d'Italia, parte di nuovo dal Chianti Classico stesso con il Tignanello degli anni '70 un vino che oggi potrebbe portare fiero il Gallo Nero sulla sua etichetta perché sono cambiati tempi e disciplinari.

Dal Tignanello e dall’epopea dei SuperTuscan rinasce l'idea della Toscana e si afferma il concetto di qualità assoluta del vino toscano nel mondo negli anni successivi. Di nuovo qualcosa di rivoluzionario e aperto al futuro che nasce dalla storia di questo territorio. Che non è mai stato fisso e immutevole dato che dalla zona storica compresa tra Radda, Gaiole e Castellina ci si è allargati a comprendere San Casciano, Greve, Panzano, Barberino Val d'Elsa e Poggibonsi: ma chi negherebbe che oggi anche da questi comuni nascono vini che possono definirsi “classici” a tutti gli effetti?

Una qualità che ha portato grandi sacrifici e tanti cambiamenti nelle aziende con il grande progetto Chianti Classico 2000, la selezione clonale, i nuovi impianti, la zonazione, il grande lavoro di agronomi ed enologi che dagli anni '80 ad oggi hanno cambiato completamente il materiale vitato e gli impianti donando nuova vita a zone che ne avevano bisogno e preservando il più possibile le vecchie vigne dove presenti. Una delle zone a subire per prima gli effetti del global warming ma anche una delle prime a beneficiarne con la nuova importanza di vigne in zone umide e più fredde ora capaci di dare nuova linfa ai vini che ne nascono grazie all'abilità di tanti vignaioli di lungo corso e giovani armati di voglia di fare.

Sì, perché se è vero che il prezzo delle uve non è mai stato così basso negli ultimi anni, è anche vero che proprio la scarsa remuneratività della vendita dell'uva ha portato tanti piccoli produttori di uva e conferitori ai grandi gruppi della zona a mettersi in proprio a imbottigliare e vendere il proprio vino sul mercato. E in questi casi abbiamo assistito a tante piccole meraviglie prima perse nel mare magnum dei grandi numeri emergere come fiori in un campo già di per sé colorato e bellissimo.

Negli ultimi 10 anni sono nate tante nuove aziende con le radici solide nel passato ma con lo sguardo rivolto al futuro, quasi tutte gestite da giovani che vogliono rilanciare la denominazione e le sorti della propria azienda di famiglia. Si sono assaggiati vini con i sapori di un tempo ma fatti con le nozioni e l'enologia più raffinata, ovvero non quella degli anni '90 e 2000 interventista e pesante ma quella di oggi, elegante e rispettosa del territorio. Una enologia che nasce dal rispetto dell'espressione del sangiovese e di tutte le altre varietà anche minori un tempo complementari al sangiovese. E anche il grande rispetto che oggi si porta a Malvasia Nera (forse addirittura Tempranillo in certi casi), Canaiolo, Pugnitello, Foglia Tonda mostrano la nuova sensibilità che è sì strumento di marketing ma che funziona alla grande ma funziona proprio perché affonda di nuovo le sue radici nella cultura contadina chiantigiana e non è operazione furba studiata a tavolino.

Nuovi vitigni e nuove sensibilità per un terroir che in parte è ancora inesplorato e che in parte è in continuo cambiamento ricordando in questo la Champagne e il suo sapersi adeguare ai tempi senza snaturarsi mai. Ma non servirebbe a nulla tutto questo se non ci fosse la comunicazione vecchia e nuova a far conoscere il territorio e i produttori. A partire dallo strumento della Collection, costoso magari ma formidabile per avere a disposizione per 2-3 giorni tutta la stampa del mondo a Firenze per assaggiare e discutere insieme del vino. Poi le iniziative social su facebook, twitter, pinterest…ogni nuovo strumento comunicativo è affrontato on umiltà e passione da un team giovane di comunicazione apposito.

Che poi sempre parlando di comunicazione avete idea di cosa significhi fare vino a 20 minuti dal Cupolone del Brunelleschi e in mezzo alle colline più belle del mondo? Anche solo per l'enoturismo, questo è un territorio che ha delle risorse incredibili. Molte delle quali già ben evidenti e fissate nell'immaginario collettivo globale sia in termini di paesaggio che di relazione al modo di vivere che porta la Toscana e il Chianti Classico in particolare come luogo ideale dove molta popolazione della terra vorrebbe vivere per sempre. Ma forse per caso si è smesso di investire in questo?

Nonostante ogni anno i Castelli come Brolio o Meleto o l'arte moderna e antica di luoghi magici come Castello di Ama e Badia a Coltibuono portino centinaia di migliaia di turisti in queste colline anche solo per il paesaggio, i 100 milioni di euro della cantina nuova della famiglia Antinori dimostrano come il futuro vinicolo e turistico del territorio sia tutto da scrivere e da vivere.

Firenze e la Toscana come pochi altri distretti in Italia sanno di essere seduti su un tesoro incredibile e frutto del lavoro di generazioni e da questo attingono ogni giorno per costruirsi il proprio futuro arricchendolo di contenuti e di qualità. Ma che forse proprio per questo riescono sempre ad adeguarsi ai tempi e alle sfide che la contemporaneità ci pone ogni giorno e a cui si guarda con speranza, sempre.