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Tendenze

Al ristorante gourmet un piatto…e poi via. Moda o colpa della crisi? Parlano gli chef

28 Agosto 2014
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da sinistra Gualtiero Marchesi, Alessandro Pipero e Christian Costardi

Ne abbiamo parlato qualche giorno fa di quella che sembra una tendenza da far tremare i polsi agli addetti ai lavori, così si è scritto: la moda di andare al ristorante, sedersi e … ordinare un solo piatto (clicca qui).

Il tema scotta, anche se non alla brace, in cucina di certo. E in quelle dei grandi ristoranti gourmet si avverte con vivacità quasi inquietante. I casi si susseguono uno alla volta e le segnalazioni anche. Qualcuno annuncia addirittura casi di prenotazioni anticipate, con tavoli da cinque persone che ordinano solo qualche primo, uno diverso dall’altro. Bloccati così, in un colpo solo, sala e cucina.

Alcuni chef lanciano l’allarme. Da qui la necessità di un’indagine sul tema. Cosa ne pensano i più grandi chef d’Italia? C’è veramente da preoccuparsi?
Cominciamo sentendo l’opinione del Maestro Gualtiero Marchesi, il grande cuoco che ha fatto la storia della cucina italiana e che oltrepassati gli ottant’anni si lancia nella nuova avventura:  la gestione di un albergo e di un ristorante nel Castello di Agrate Conturbia, in provincia di Novara. “Di certo, comincerei con il dire che ognuno ha il diritto di far come vuole. Sempre. A me sinceramente non è mai capitata una cosa simile. E mi viene oltremodo difficile pensare che possa accadere. Come si può scegliere un ristorante di alto livello e ridursi ad ordinare un solo piatto?”.

Effettivamente, il fenomeno stranisce. La tendenza tuttavia viene denunciata da molti e da più parti in Italia. Se dilagasse? “Se così fosse – dice Marchesi – probabilmente si dovrà trovare una soluzione. Per esempio, tornare a far pagare il coperto, il posto occupato. In tal modo, fatto questo, si potrà anche ordinare un semplicissimo primo e niente altro”.

Se anche Gualtiero Marchesi non sembra avvertire al momento il dilagare della moda ostile all’alta ristorazione, non si può dire lo stesso per altri chef al timone di ristoranti gourmet, che invece si dicono seriamente preoccupati. Tra questi ultimi, Giovanni Guarneri, chef del Don Camillo di Siracusa: “Mi è capitato tantissime volte – dice -. La media è di quattro tavoli al giorno da cinque o sei persone che oltretutto prenotano con largo anticipo”. “Qualche giorno fa – prosegue – una coppia ha ordinato un solo menù degustazione vegetariano, che costa solo 35 euro, aggiungendo acqua e niente altro. La cosa peggiore è che i due clienti hanno avuto il coraggio di scrivere una recensione su Tripadvisor sostenendo di aver mangiato poco, pagato tanto – solo 17 euro – ed essere usciti dal ristorante a stomaco vuoto! Da non crederci. Trent’anni fa mio padre clienti così non li avrebbe neanche fatti accomodare. Non c’è rispetto”. Stessa opinione per Christian Busca, executive chef dell’area Sicilia JSH, del Picciolo Etna Golf & Resort Spa e del Tout Va di Taormina: “Tre giorni fa si sono presentate cinque persone a cena, si sono sedute, hanno aperto il menù e dopo aver dato un’occhiata ai costi, si sono alzate e andate via dicendo semplicemente di non potersi permettere questo lusso”.”Purtroppo – prosegue lo chef – a volte mancano la conoscenza e l’informazione sui ristoranti in cui si va, ma è pur vero che il fenomeno è sintomo non solo di una moda, ma anche della forte crisi economica”.

Ma si tratta davvero di crisi? Non per tutti pare. Qualcuno pensa che sia più che altro uno stile di vita imperante. A pensarla così è Alessandro Pipero del ristorante Pipero al Rex di Roma: “Intanto penso che sia misero ordinare un piatto e dividerlo. Che fai ordini un piatto di ravioli, ne trovi quattro e ne mangi due? Piuttosto quando capita, rarissime volte per fortuna, ne porto io stesso un secondo e non lo faccio pagare. Non per umiliare ma perché è un’assurdità. Se non puoi permetterti di scegliere un ristorante di alto livello, non vai. Eppure non credo sia un fenomeno dovuto alla crisi, quanto piuttosto ad uno stile di vita, un modo di fare”. 

Crisi o non crisi, moda o non moda, stile di vita o mancanza di rispetto, bisognerà pur prendere provvedimenti. Il rischio altrimenti è che, se davvero dilagherà la tendenza, ci si troverà a dover chiudere bottega o quasi. Visione pessimistica? Può darsi. Rassicura a tal proposito Alessandro Pipero: “Non credo che questa moda dilagherà. Può capitare che si verifichino casi del genere, ma si tratta di un episodio su cento. E poi sono convinto di una cosa: l’appetito viene mangiando”.

Non si tratta di un fenomeno da crisi neppure secondo lo chef Guarneri: “Bisogna solo essere onesti e aver rispetto del lavoro altrui, esaminare la voglia che si ha di spendere, stabilendo quanto e facendo le scelte giuste”. Mentre lo chef Christian Costardi del ristorante dell’Hotel Cinzia di Vercelli, gestito insieme al fratello Manuel, pensa si tratti di un fenomeno che nasce dal cambiamento nello stile di vita degli italiani. “Anche a casa, ormai nessuno mangia primo, secondo, frutta e dessert. Per fortuna, ci sono i clienti stranieri che invece desiderano il menù completo”.

Intanto c’è già chi comincia a pensare ai provvedimenti da prendere per tutelarsi. E le proposte sembrano comuni. Anche se a qualcuno ancora non è successo di trovarsi al cospetto di una tale situazione, quasi farsesca. Patrizia Di Benedetto del ristorante Bye Bye Blues di Mondello a Palermo afferma: “Da me, al massimo, si sono presentati clienti a pranzo, dopo il mare, che hanno diviso tre piatti, non uno soltanto. Non c’è dubbio che emerge l’esigenza del risparmio. E se il fenomeno dovesse dilagare, si dovrà rimediare. I nostri costi sono alti”. “Se la moda attecchisce – continua Patrizia – allora saremo costretti ad eliminare un po’ di antipasti di benvenuto, focacce, baguette, pre-dessert ed extra omaggio” .

A cominciare ad attrezzarsi ai cambiamenti per non farsi cogliere impreparati e per andare incontro agli inaspettati modelli di consumo, c’è anche lo chef Busca: “Stiamo già lavorando ad un cambio di proposta culinaria ideando piatti leggeri e ricercati, ma costruiti con materie prime meno costose. Possiamo portare nel piatto tagli meno nobili della carne o pesci meno costosi, mostrando comunque la nostra arte culinaria. La lampuga, per esempio, poco conosciuta, è un pesce che può essere cucinato ad arte ed è economico. Con questi provvedimenti sarà più semplice passare il costo di un primo dalle 30 alle 15 euro ed assecondare tali esigenze”.

Come alternativa al cambio di proposta culinaria, sembra tornare valida l’ipotesi di Gualtiero Marchesi. Sulla stessa scia infatti Giovanni Guarneri afferma: “Stiamo pensando di mettere una postilla nel menù e di scrivere che non si paga coperto e servizio oppure che si riceve uno sconto se si ordinano almeno due piatti”. Simile proposta, quella di Christian Costardi: “potremmo fare come in Spagna dove il pane si paga a parte oppure seguire il modello anglosassone e far pagare il servizio”.

Il caso è aperto.

Francesca Landolina