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Tendenze

Importatrici, giornaliste e manager riunite a Shanghai per studiare le prospettive del vino italiano in Cina

28 Febbraio 2013
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Per le esperte bisogna puntare tutto sull'e-commerce, sempre più cinesi acquistano vino on line


Da sinistra Linda Wu (giornalista vinehoo.com), Joanne jiang (general manager Cuve International Trade) ,Stevie kim, Lu Zhang (general manager Innex China), Sophie liu (scrittrice, giornalista, critica enologica), Emma Tang (marketing manager cantina Iking),  Cin Xu (importatrice di Shanghai Chuxiao Trade)

da Shanghai Bianca Mazzinghi

Otto donne intorno al tavolo a discutere di vino dall'alto di uno dei grattacieli più famosi di Shanghai.

 A riunirle, Stevie Kim, managing director di Vinitaly International, nel tentativo di indagare una volta di più la direzione e le esigenze del mercato del settore in Cina. “Di solito le donne, più che i colleghi maschi, riescono ad andare oltre i grandi nomi e analizzare il settore con spirito critico”, esordisce Stevie. Per questo le ha chiamate qui: quattro importatrici, due giornaliste e la manager di una società di consulenza a presentare l'ultima ricerca sui trend dell'import di vino. L'obiettivo non è semplice, considerando che la finalità ultima sarebbe far conoscere e apprezzare a un paese con oltre centomila distributori e più di 10mila importatori un panorama, quello italiano, composto da 175mila produttori e 335 vitigni autoctoni.

Come a ogni dibattito sul tema, il confronto con i francesi è inevitabile: “Loro sono arrivati prima, hanno presentato i loro vini come i migliori al mondo e adesso è difficile smontare questa convinzione”, prova a spiegare Joanne Jiang, giovane general manager dell'azienda di importazione Cuve International trade. Dopo aver studiato a Londra, ha iniziato due anni fa a importare vini italiani “perché la concorrenza per lavorare con quelli francesi era troppo alta”. “Col tempo – continua – il vino italiano va affermandosi sempre di più ma è difficile spiegare a un cinese la complessità del panorama italiano. Prendiamo per esempio una persona rimasta poco entusiasta dall'accostamento di un sangiovese 'strong and dry' a un piatto della cucina tradizionale cinese a cui male si accompagna; questa persona difficilmente ordinerà nuovamente un vino italiano, considerando tutti i vini italiani troppo forti. Questo intendo quando dico che mancano la conoscenza e la consapevolezza delle differenze di ogni prodotto, di ogni cantina”.


Un momento della riunione

Uno degli interrogativi che alcuni importatori si pongono, dovendo lavorare in un paese il cui consumatore medio predilige sapori dolci e poco decisi, è appunto quanto cercare di soddisfare le richieste del mercato e quanto invece concentrarsi sui piccoli prodotti di qualità ma meno compresi in Asia. Nei negozi e nei ristoranti si trovano molte bottiglie vendute in origine a pochi euro e riproposte qui con prezzi quadruplicati. Soltanto le tasse fanno aumentare il prezzo di circa il 48%, a differenza dei prodotti di altri paesi più agevolati da accordi bilaterali. Si sommano poi tutti i diversi costi legati alla filiera della distribuzione. Il risultato è che sono poche (in percentuale) le persone che possono permettersi buoni vini italiani e chi può spendere di solito predilige andare sul sicuro sui grandi nomi o su cifre ancora più importanti. “Al ristorante qualcuno chiede informazioni sui vini, altri si limitano a scegliere le bottiglie più costose”, conferma Cin Xu, importatrice della Shanghai Chuxiao Trade. Su questo punto le donne presenti sono tutte d'accordo: gli alti costi e la reputazione internazionale di un vino hanno influenze determinanti nelle scelte dei loro clienti, tra cui figurano grandi banche, istituzioni, aziende.

La Cina è il paese in cui un importatore è riuscito a piazzare 25mila bottiglie di Sassicaia in un anno, ma anche quello in cui piccoli produttori italiani di qualità fanno fatica ad affermarsi, anche a causa della limitata possibilità d'investimento. Una soluzione potrebbe essere concentrarsi sull'e-commerce e creare piattaforme a sostegno del vino italiano, opportunamente pubblicizzate sui social network o siti locali come Sina Weibo, WeiXin, RenRen, Kaixin, Liba. Questo è almeno il suggerimento che offre lo studio di Lu Zhong, general manager di Innext China: “A Shanghai molti acquisti vengono fatti su internet: è ritenuto un metodo ottimo per risparmiare tempo e soldi e tutti ormai hanno telefoni in grado di mostrare prodotti ed effettuare acquisti”.

Nell'ultimo anno sono effettivamente aumentati gli acquisti di vino online e si sono di pari passo moltiplicati i siti che consentono di comprare sul web. Discoteche, club, enoteche famose e wine magazine hanno aperto i propri shop online; molti utilizzano la newsletter per proporre offerte particolari a ogni ricorrenza. Su ogni sito compaiono i nomi di sommelier internazionali che, più o meno pubblicizzati, estano di fatto gli opinion makers del settore in mancanza di figure di riferimento locali (l'unico citato è il giornalista e sommelier Yang Lu). Sono loro, i grandi assaggiatori al servizio degli alberghi di lusso, a influenzare maggiormente i trend del mercato. E i più sono francesi o anglosassoni.

Il vino va saputo fare e raccontare, ma va saputo anche vendere, è il messaggio delle donne cinesi, che si promettono di incontrarsi nuovamente a Shanghai tra un anno, non intorno a un tavolo, ma a un evento che metta insieme Wine and Women.