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Birra della settimana

Birra e crostata di frutta fresca, si può: “Occhio all’acidità e alla tannicità”

06 Agosto 2023
Crostata di frutta fresca Crostata di frutta fresca

In pochi, parlando di commedia all’italiana, non ricorderanno la voce di Carlo Verdone in “Viaggi di nozze” mentre, al volante di un’auto lanciata a gran velocità, provoca Claudia Gerini scandendo le parole ‘O famo strano! Ebbene, pur parlando di tutt’altra cosa (!), ovvero di abbinamenti, ci piace partire dallo stesso gusto per la sfida, nell’affrontare oggi la questione delle possibili combinazioni in tavola con un dolce tra i più popolari nel nostro Paese, le cui caratteristiche compositive e sensoriali pongono alcuni “paletti” impossibili da ignorare: pena il rischio di lanciarsi in accostamenti poco armonici, se non addirittura cacofonici. Già, perché il tema del giorno è la crostata di frutta: nella versione non guarnita con marmellate, bensì con polpe fresche; le quali (statisticamente) portano con sé una minore dote in zuccheri e un maggior equipaggiamento in acidi e tannini. Insomma un contenuto in “parti dure” col quale occorre fare i conti: specialmente in ordine ai loro possibili incroci stridenti con l’eventuale venatura amara della birra candidata al “sodalizio in tavola”.

CROSTATA: ORIGINE E VARIANTI
Attestato dai vocabolari italiani a partire dai primi del XVII secolo, il termine “crostata” deriva dalle voci latine “crusta” (focaccia) e “crustare” (incrostare), con evidente riferimento ai fondamentali della stessa ricetta. La quale prevede di partire da una base di pasta frolla – che è cotta al forno; e da qui il probabile aggancio etimologico – per poi guarnirla con farciture variabili: tra le quali creme, confetture e, appunto, frutta fresca. Insomma, un catalogo di versioni davvero difficile da schematizzare e quindi da trattare in modo generico; perché anche concentrandosi sull’interpretazione con polpe “al naturale”, è palese come la loro diversa natura e qualità imprima al boccone indirizzi sensoriali parecchio divergenti tra loro.

AI FRUTTI CHIARI E SCURI
Dovendo dare concretezza al nostro argomento, stabiliamo dunque un’ipotesi di lavoro definita e precisa. La crostata “protagonista” di oggi sfoggia una copertura comprendente fragole, lamponi, mirtilli, ananas, kiwi e nettarine. Una miscela di frutti dai diversi colori, porzionati a tocchetti e adagiati su uno strato di crema pasticcera (a base di latte, tuorli d’uovo, farina, amido di riso e scorza di limone); la quale, a sua volta, va a riempire il “canestrino” di pasta frolla: il telaio della nostra ricetta, “costruito” amalgamando ancora farina e tuorli con burro, zucchero a velo e vaniglia, per poi consolidarne la struttura mediante infornamento. All’assaggio il boccone si presenta più o meno così: consistenza morbida ma con momenti di leggera croccantezza (in corrispondenza del bordo e del fondo); alta densità sensoriale; notevole frazione grassa e amidacea; compagine olfattiva ricca e articolata; una tendenza gustativa prevalentemente dolce, ma con spunti succulenti – lo si è anticipato – di acidità e tannicità polifenolica (quest’ultima apportata in specie dalle bacche scure). Un profilo organolettico sul quale abbiamo sperimentato l’abbinamento con tre birre di altrettante diverse tipologie: ed ecco i risultati…

CON LA SOUR FRUIT BEER
Partiamo dal prodotto di minor tasso alcolico; dove minore, occhio, non significa basso in assoluto, visto che si tratta della “Mugnach” del “Birrificio Lariano” (Sirone, Lecco): una Fruit Sour Beer da 8 gradi, “figlia” di un’altra referenza della scuderia lombarda, la “Tripè” (una Belgian Tripel sostanzialmente convenzionale), avviata, in questo caso, a un processo di maturazione in barrique di secondo passaggio (lavate, non sterilizzate), durante il quale accoglie, in macerazione per ben 11 mesi, una cospicua quantità di albicocche, pari per l’esattezza al 15% della massa liquida. Dorata nel colore, velata nell’aspetto ed esile nella carbonazione, la bevuta manifesta ovvie tendenze pungenti (yogurt) e selvatiche (brett), sfoderando un’acidità che, saldata con la stazza etilica, le consente di gestire al meglio la considerevole materia grassa e carboidratica della crostata; mentre il suo “naso” (in cui si fanno valere note fruttate, anche da pesca, e vaniglia) dialoga armonicamente con quello del dessert. Più sottili gli equilibri al palato, ché il bicchiere presenta anche un filo di tannico e d’amaro: i quali, sommati alle acidità e alle speculari tannicità della torta, un minimo di frizione la producono. Ma giusto un minimo, appunto: in realtà la robusta cornice di parti morbide del piatto (grassi, amidi, proteine, zuccheri) garantisce una funzione levigante ad ampio spettro: e alla fine la coabitazione tiene; egregiamente.

CON IL BARLEYWINE
La gittata alcolica sale al 12% con la seconda prova; protagonista della quale è la “Mansueto”, un English Barley Wine che il marchio “Crak” (Campodarsego, Padova) mette sul mercato in edizioni annuale (qui abbiamo la 2022), dopo aver selezionato le migliori tra le botti (ex rum, vino, bourbon e whisky), nelle quali il prodotto sosta e affina, una volta uscito dalla sala cotte. Nel calice il colore è un bruno pieno, l’aspetto velato e la bollicina “piallata”; il che, come prima, non impedisce alla sorsata – in virtù della sua spinta etilica e della naturale acidità fisiologica della birra (anche al di fuori dell’area Sour) – di avere buon gioco nel diluire la massa grassa e carboidratica del boccone, garantendo ordine al palato. Quanto alle interazioni olfattive, il calice sprigiona note – di tipo terziario (vaniglia), fruttato (fico e albicocca in disidratazione, mandorla), mielato (castagno) e panificato (biscotto) – le quali sposano con grande precisione quelle analoghe della pasta frolla; e accompagnano gradevolmente (pur nella loro diversa timbrica) quelle della frutta fresca. Infine le collimazioni gustative: qui davvero interessanti, giacché la bevuta, con la sua densa dolcezza caramellata, non urta e anzi ammansisce gli eventuali nervosismi aciduli o tannici della crostata.

CON L’IMPERIAL STOUT
Terzo giro di giostra: si scende, in gradazione, di uno 0.5%, ma si sale (benché ugualmente non di molto) in densità sensoriale. Sul quadrato si presenta la “Tiramisù Imperial Stout”, nata dalla collaborazione tra i milanesi di “Lambrate” e i norvegesi di “Ølkymisten” (a Oslo). Un progetto volutamente estremo: quello di una “pastry” prodotta secondo una ricetta che include (oltre a tutti quanti gli ingredienti ordinari) anche zucchero moscovado, lattosio, cacao, caffè e aromi di vaniglia. Come dire: un dessert lei stessa, la birra; e quindi un confronto tra muscolature dello stesso calibro. Ma andiamo con ordine… Nel massaggiare la materia grassa e amidacea della crostata, la sorsata fa valere il suo slancio alcolico (siamo a 11.5), la sua acidità fisiologica e, stavolta, anche una bollicina meno “sopita”. Sul piano delle relazioni olfattive, immaginate di rafforzare il nostro dessert con una colata di crema al cioccolato; un connubio decisamente consolidato (e apprezzato dal consumatore) con tutte le componenti del piatto: pasta frolla, crema e… “macedonia”. Infine le interazioni gustative: che di nuovo, come nel “round” precedente, fanno apprezzare l’azione armonizzante operata dalla sostanziosa dolcezza del bicchiere nei confronti delle eventuali piccole affilatezze tannico-acide della frutta fresca…

BIRRIFICIO CRAK
Via Pontarola, 7 – Campodarsego (Padova)
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BIRRIFICIO LAMBRATE
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BIRRIFICIO LARIANO
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