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Birra della settimana

Gli abbinamenti tra birra e i “salumi di sangue”: le pinte perfette per il Biroldo di Lucca

05 Novembre 2023
Birra e biroldo di Lucca Birra e biroldo di Lucca

Nuova puntata della nostra serie di approfondimenti dedicati alla tradizione dei salumi italiani a base (anche) di sangue. Fatta la conoscenza prima del mallegato e poi del biroldo della Garfagnana, rimaniamo nell’area geografica che dà i natali a quest’ultimo (la provincia di Lucca), per scoprire le particolarità di quello che ne rappresenta una sorta di “gemello eterozigote”. Il terzo appuntamento di questa rubrica tematica ha infatti come protagonista il “biroldo” nella versione tipica della stessa città capoluogo, splendida coi suoi bastioni, la chiesa di San Michele, il duomo di San Martino e il prezioso crocifisso ligneo qui custodito, detto Volto Santo. Una variante, il biroldo di cui parliamo oggi, in effetti simile a quella caratteristica della vicina montagna (le cui giogaie accompagnano ai valichi verso l’Emilia, in particolare il Modenese e il Reggiano): ma non identica e, nello specifico, contrassegnata dall’impiego di due ingredienti, l’uva sultanina e i pinoli, che invece sono rigorosamente esclusi nelle lavorazioni praticate dagli artigiani dell’alta e media Valle del Serchio.

GESTI CHE RESISTONO AL TEMPO
La procedura di preparazione del biroldo lucchese segue un “manuale” rispettato e tramandato con devota osservanza. Si parte dal trattamento delle parti carnee e cartilaginose del maiale: cotenne, polmoni, reni, milza, cuore e altre frattaglie; da bolline in acqua per 2 ore per poi essere macinate grossolanamente. A questo punto si aggiungono lardelli e sangue, essi stessi di maiale, e si procede ad amalgamare il tutto con spezie e aromi in quantità: cannella, chiodi di garofano, noce moscata, sale, pepe, più – come accennato – i pinoli e l’uva sultanina. L’impasto che se ne ottiene viene quindi raccolto in un involucro naturale (budello) di origine suina (vescica o stomaco), bovina o equina: così, insaccato e assicurato da una legatura, il salume viene ulteriormente cotto in caldaia, sottoposto a pressatura, fatto stemperare e infine conservato in frigorifero.

UN SAPORE ANTICO E INTRAMONTABILE
Al termine della lavorazione, abbiamo un boccone dalla consistenza complessivamente morbida; dalla densità sensoriale decisamente elevata; dalla tendenza gustativa prevalentemente dolce (il sangue, l’uvetta…), ma non priva di contrappesi sapidi e piccanti; dalla frazione grassa non trascurabile (basta considerare i lardelli e gli stessi pinoli); un profilo aromatico intenso tipico e ovviamente divisivo: ché la “scena”, accanto alle componenti speziate presenti in forze (come appena sottolineato), vede il protagonismo di quelle attinte dal patrimonio suino, cioè le carni, le cartilagini, la porzione ematica. Come regolarsi nella sfida degli abbinamenti in tavola? Parlando, qui, di birra, anzi di birre, ne abbiamo sperimentate tre, ognuna ispirata a una diversa tipologia di riferimento.

CON LA SMOKED BEER
Primo assaggio: un’alta fermentazione ambrata con, in ammostamento, una miscela di malti Vienna, Pils, Weizen, Rauch più farina di castagne. Insomma – in funzione di come la si vuol vedere – una Chestnut Beer o una Smoked Beer: a noi, nella fattispecie, piace valorizzare questo secondo lato del suo temperamento. Perché la “Fuma.a” della scuderia “Badalà” (Montemurlo, Prato) offre una sorsata in cui la corrente affumicata produce, in combinazione, con il varietale degli ingredienti suini una sensazione da “maiale alla griglia” o da “pulled pork” davvero suggestivo e interessante. Per il resto, la birra, riducendo l’amaro ai minimi termini, non rischia alcunché nell’incrocio con le incursioni sapido-piccanti dell’insaccato; mentre la sua calibrata corrente acidula (garantita anche attraverso l’uso di frumento maltato) agisce, in collaborazione con la bollicina e con il diluente alcolico (siamo a quota 5.6), in modo da tenere alla briglia sia la frazione grassa del salume sia la sua esuberanza olfattiva, di timbro (come detto) animale ed ematico.

CON LA HONEY BEER
Secondo banco di prova: sotto i riflettori una Honey Beer (con miele di erica aggiunto in bollitura, a caramellizzare parte dei suoi zuccheri) sulla “base” di una Belgian Golden Strong Ale. È la “Ester” targata “La Diana” (isola d’Arbia, Siena), una pantera bionda da 8 gradi, la cui costruzione gustativa, volutamente orientata alla dolcezza, cerca la sovrapposizione in affinità con la medesima dominante palatale del salume; e contemporaneamente opera in contrasto armonico con il suo cuneo di affilatezza sapido-piccante. Quanto ai grassi del boccone, laddove nella sorsata diminuisce (rispetto al primo round) la percezione di acidulità, cresce (e assai) l’efficacia fluidificante della ben maggiore spinta etilica. Infine il valzer aromatico: di nuovo si deve tener conto della leggermente minore acidità della bevuta, il che ne limita la capacità di ammansire le insistenze varietali ed ematiche dell’insaccato; e allora si va a cercare di “coprirle”: compito in cui le poderosità mielate, caramellate e biscottate della birra riescono in modo complessivamente disinvolto, saldandosi peraltro con la speziature del biroldo in una piacevole impressione combinativa da dolce natalizio o pasquale.

CON IL BARLEYWINE
La stazione d’arrivo, in questa sequenza, guarda alle altitudini alcoliche più elevate. Si raggiunge infatti una quota percentuale pari a “Dieci” con l’omonima etichetta di casa “Brùton” (San Cassiano di Moriano, alle porte proprio di Lucca). Si tratta di un English Barlewine di colore bruno, il cui telaio in parte (slancio etilico e dolcezza di fondo) ripropone, anzi accentua, alcuni parametri appena visti in azione nel sorseggio della “Ester”: e dunque replica (con le stesse meccaniche e gli stessi esiti positivi) le sue regole d’ingaggio nei confronti della personalità organolettica del biroldo. Due gli elementi di maggiore divergenza: vediamoli. Il primo: la birra, con il suo colore più scuro (frutto dell’impiego di malti cotti a maggiore temperatura), introduce nella propria sorsata un pizzico di acidità supplementare, rispetto al quella precedente; il che non fa affatto male, date la filamentosità lipidica e l’odorosità del boccone. Secondo punto: sempre in tema di relazioni olfattive, la bevuta presenta una nota, nitida, di noce moscata, che intercetta, riprende e amplifica quella del salume, dando luogo a quella dinamica di continuità aromatica tra piatto e bicchiere che risulta statisticamente gradito al consumatore.

BIRRIFICIO BADALÀ
Via Riva, 58 – Montemurlo (Prato)
T. 329 7942736
info@birrificiobadala.it
www.birrificiobadala.it

BIRRIFICIO LA DIANA
Via Landucci, 2 – Isola d’Arbia (Siena)
T. 0577 385588
www.birrificioladiana.it
birrificio@birraladiana.it

BIRRIFICIO BRÙTON
via Lodovica, 5135 – San Cassiano di Moriano (Lucca)
T. 0583 494955
info@bruton.it
www.bruton.it