Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 166 del 20/05/2010

IL BILANCIO Vini a testa alta

20 Maggio 2010
stevenin stevenin

IL BILANCIO

Si è chiuso il terzo Congresso internazionale della viticoltura di montagna e in forte pendenza, promossa dal Cervim. Il presidente: “Questi prodotti non conoscono crisi. L’Etna? Passi da gigante”

Vini a testa alta

Tutt’altro che a rischio di abbandono, la viticoltura di montagna si conferma una realtà in fermento  decisa a rivendicare il proprio posto nel panorama vitivinicolo mondiale. Questo il quadro emerso dal terzo congresso internazionale della Viticoltura di Montagna e in Forte Pendenza, tenutosi a Castiglione di Sicilia, confermato dalle parole di Francois Stevenin, presidente del Cervim, l’istituto organizzatore dell’evento.

“La partecipazione di tecnici, scienziati provenienti da undici paesi, la mole dei lavori presentati, ben 80 suddivisi in tre sessioni,  sono un dato positivo per il congresso. A sottolineare l’importanza e il ruolo economico e sociale della vite di montagna in forte pendenza. Anche le visite tecniche ai vigneti dell’Etna hanno consentito di prendere atto di questa viticoltura estrema, di conoscere il territorio, e attraverso le degustazione il prodotto di questa pratica eroica”. Una terza edizione che ha dato, secondo quanto dichiarato dal presidente, i suoi contributi sulle reali possibilità di una viticoltura che rappresenta il 5% di quella europea. “Durante le tre giornate sono stati analizzati i punti di debolezza e sottolineati i punti di forza che consistono nel fatto che non può essere confrontata con il resto della viticoltura perché ha caratteri specifici e diversi, direi unici”. Come il territorio dell’Etna, per Stevenin,  emblema di questa viticoltura estrema.
“Le visite tecniche nei vigneti sono state apprezzate – dice –. Abbiamo notato un salto di qualità per quanto riguarda la conduzione dei vigneti e le cantine che sono all’avanguardia. La degustazione a 2500 mt sull’Etna ha avuto un grande successo e apprezzata da tutti i 180 partecipanti”. Il territorio avrebbe quindi dato prova di avere fatto passi da gigante, come osserva Stevenin. “Rispetto al passato l’Etna ha avuto momenti di difficoltà, ma da un po’ di tempo sta facendo passi da gigante. Anche se a mio avviso c’è ancora possibilità di sviluppo per molte zone abbandonate. Vedo speranze  di recupero perché la zona si presta per diversi motivi, per il clima, che è fondamentale, per il territorio minerale che solo l’Etna ha, per l’escursione termica data dal mare e dalla montagna unica”. Il territorio avrebbe quindi tutte le caratteristiche per fare un vino di qualità, che Stevenin però vede come chiave di sviluppo se promosso attraverso il turismo, attraverso la promozione del territorio stesso. Tema portante del congresso, considerata la grande sfida per reggere la concorrenza al livello globale e per consentire alle persone di vivere e lavorare in questi territori considerati ai margini. “Sono duecentomila le aziende che praticano la viticoltura di montagna per un totale di cinquecentomila lavoratori e questo è un fatto non solo economico ma anche sociale”. Da un lato per la qualità dei vini prodotti e dall’altro come sostegno e difesa di un territorio, dal punto di vista ambientale, culturale e turistico. “A queste aziende si deve il fatto che hanno saputo modellare nei secoli i paesaggi, creando opere d’arte, emblematiche che trasmettono emozioni e racchiudono i valori della tradizione e del territorio”, dice Stevenin, che lancia anche un appello affinché  la viticoltura di montagna possa essere salvaguardata con sforzi concreti e proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il futuro comunque è roseo. “Nonostante la crisi del settore,  scaturito in questo momento, dai dati di vendita emerge un messaggio positivo, che i vini provenienti da viticoltura di montagna non stanno avvertendo questo momento di recessione”. Dalle relazioni presentate dal comitato tecnico scientifico Oiv (Organisation International de la Vigne e du Vin) che ha coordinato i lavori del congresso, nel quadro della globalizzazione starebbero emergendo forti le identità regionali, gli elementi culturali espressione delle realtà locali, come fattori ricercati da un consumatore sempre più attento.

Manuela Laiacona