Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 104 del 12/03/2009

L’INDAGINE Falsi d’autore

12 Marzo 2009
carbonara carbonara

L’INDAGINE

Boom di pietanze taroccate, soprattutto in Italia, secondo una ricerca dell’Accademia della cucina. Tra le ricette tradite spiccano i risotti e la pasta alla carbonara

Falsi d’autore

Attenzione alle pietanze taroccate. ”La cucina italiana, tra 20 o 50 anni, potrebbe non “ricordarsi” più come si fa una carbonara o una costoletta alla milanese. Se fino a oggi ci si poteva mettere la coscienza a posto ripetendo il ritornello che l’imbarbarimento della gastronomia italiana riguardava solo l’estero, dove le ricette tipiche vengono regolarmente tradite, mentre in Italia tutto continuava nel rispetto della tradizione, oggi purtroppo scopriamo una realtà ben diversa.

 Lo denuncia l’Accademia italiana della cucina. Su  530 segnalazioni di veri e propri “falsi culinari” – quando si chiama un piatto in un modo ma ingredienti e procedimento canonici non sono rispettati -  ben 360, giungono dalla nostra penisola. Lo sostiene una ricerca resa nota nei giorni scorsi dall’Accademia che attraverso le sue 290 delegazioni presenti in tutto il mondo ha monitorato la ristorazione pubblica in Italia e all’estero con ”l’obiettivo di verificare, appunto, l’effettiva congruenza delle ricette presentate dai menu dei ristoranti con quelle della tradizione, duemila circa, custodite gelosamente nel ricettario nazionale online anche dell’Aic”. Ed ecco le ricette  più tradite in Italia.  Al primo posto troviamo i risotti. Seguono  pasta alla carbonara, pasta al pesto, tortellini e costoletta alla milanese. Ma, a sorpresa, non vengono risparmiate neanche le ricette regionali, simbolo dei tanti campanili italiani: dalla pasta alla Norma al vitello tonnato, dal brodetto di pesce all’erbazzone, dalla bagna cauda ai cannoli siciliani.
  ”Mangiare un piatto frutto di una ricetta falsificata  – spiega Giovanni Ballarini, presidente dell’Accademia Italiana della Cucina – ovviamente non è pericoloso per la salute del consumatore, ma per quella della nostra gastronomia nazionale, purtroppo, rischia di esserlo.  Nei ristoranti troviamo sempre più spesso ricette non autentiche che offendono il patrimonio culturale rappresentato dalle ricette tradizionali  per il quale  da più di mezzo secolo ci battiamo.  Per chi voglia rispettare la tradizione sul nostro sito abbiamo messo a disposizione un database di oltre 2.000 ricette tradizionali, frutto di un lavoro di ricerca durato ben 7 anni. Di queste circa 160 sono state depositate dalle nostre delegazioni  presso le Camere di Commercio, a ulteriore salvaguardia di questo patrimonio”. All’estero, sottolinea la ricerca, riescono a stravolgere qualsiasi piatto con abbinamenti e alchimie per lo meno bizzarri. Dalla carbonara con wurstel e burro alle lasagne alla bolognese con uova sode e tofu, fino alla pizza, le cui varianti stravaganti sono sbarcate anche in Italia. Il confine tra creatività e incapacità, tra innovazione e ricette tradite, è sottile. Ma anche gli italiani, “custodi” della cucina mediterranea, non sono da meno. Ma a sorpresa non vengono risparmiate neanche ricette regionali, come la pasta alla Norma, la Bagna cauda e i cannoli siciliani. I metodi sono molti. Per la preparazione dei risotti, ad esempio – sottolinea l’Accademia italiana di cucina – si usano riso cinese o nero, con l’aggiunta spesso di panna e liquirizia. Per la carbonara lo strafalcione più comune è lo scambio del guanciale con il prosciutto cotto, la pancetta affumicata o la salsiccia piccante. Per la pasta al pesto l’errore è dato dalla mancanza dei pinoli, sostituiti da noci, pistacchi o mandorle. Per le lasagne, invece, l’oltraggio al gusto arriva sotto forma di strati di sottilette o panna. Al ‘millantato credito’ dei piatti serviti, si aggiunge il falso alimentare che, nel 2007, ha portato a sequestri dell’Istituto controllo e qualità del ministero delle Politiche agricole pari a 22 milioni di euro, con quasi 40 mila ispezioni. I Nas dei carabinieri hanno accertato oltre 24 mila infrazioni, di cui 5 mila di rilevanza penale. E 14 milioni sono stati i chili di prodotti alimentari sequestrati. Di fronte a un fatturato export dell’industria  alimentare italiana di 20 miliardi di euro, l’imitazione dei prodotti agroalimentari nel mondo ne vale oltre 50 miliardi. Solo negli Stati Uniti il valore di mercato stimato per gli alimenti ‘Italian Sounding’, che suonano italiano ma non Made in Italy, è di 6,2 miliardi di dollari, contro i circa 2 dei prodotti italiani. Intanto, nei supermercati falsi e imitazioni abbondano, legalmente o meno. Così, se il pesce è l’ingrediente più falsificato (classico lo squalo per lo spada), ci sono anche l’aceto balsamico con caramello e la mozzarella di bufala con latte di vacche colombiane sbiancato con calce e soda. Mentre all’estero i falsari colpiscono dietro sigle a volte ridicole come il Parmesao brasiliano, il Regianito argentino o il Parma ham a stelle e strisce, fino al Daniele prosciutto and Company (Usa). Ma c’è anche l’Asiago del Wisconsin e la mozzarella company di Dallas (Usa). e il Danish Grana (Danimarca).

Elena Mancuso