Manfredi di Svevia, ultimo sovrano Svevo del Regno di Sicilia, figlio di Federico II e di Bianca Lancia, che con l’omonima casa automobilistica non aveva nulla da spartire, nacque nel 1232 a Venosa, nel Vulture, nell’odierna regione della Basilicata.
Così quando Gruppo Italiano Vini nel 1998 comprò una bella tenuta a circa 2 km da Venosa, sembrò una buona idea dargli il nome dell’ultimo Re. Era ed è una tenuta di 110 ettari che cominciò ad essere vitata nel 1978 fino al 1981 per 60 ha. Re Manfredi ha continuato a piantare vigne e oggi sono 90 ha di Aglianico, l’autoctono per antonomasia e, udite, 10 di Muller Thurgau e 10 di Traminer, piantati intorno al 2000 secondo l’intuizione e il coraggio dell’amministratore dell’epoca.
Un’azienda nella quasi totalità accorpata in una zona ondulata di mezza collina sui 440 metri, terreni dominati dal Vulture, un vulcano spento che ha mischiato la sua lava con i suoli ricchi di argilla, calcio, azoto e tufo creando un terroir unico che conferisce ai vini mineralità e sapidità. Territorio dalle forti escursioni termiche dove si passa nello stesso giorno da oltre 30 ai 15 gradi notturni. La cantina è stata realizzata dal ’98 e fino al 2005 ristrutturata, ampliata e attrezzata modernamente. Nei caseggiati aziendali dove si possono effettuare visite guidate e degustazioni anche un punto vendita.
I vigneti sono a spalliera potata a Guyot per la maggior parte con una produzione totale di 300.000 bottiglie. Solo 5 le etichette, oltre al vino in recensione abbiamo un Rosato, il Bianco con gli aromatici già detti, il Serpara dal vigneto omonimo in comune di Maschito di cui 3 ettari vecchi di oltre 40 anni, che costituisce il cru dell’azienda., e un interessante Rosso Manfredi Taglio del Tralcio sempre di Aglianico dove però il capo a frutto è stato tagliato ed il grappolo si disidrata appassendo naturalmente. Enologo della cantina è Piero Riccobono sotto la guida di Christian Scrinzi che coordina l’attività enologica delle 18 cantine del Gruppo.
L’Aglianico è un vitigno di origine greca che si pasce bene nei terreni a componente vulcanica, dà uve che maturano tardi ed è diffuso nel meridione producendo grandi vini come il Taurasi DOCG, l’Aglianico del Taburno DOCG e chiaramente il nostro del Vulture DOC, che diventa DOCG nella denominazione Superiore.
Le uve dell’Aglianico del Vulture DOC, che degustiamo, sono vendemmiate da ottobre inoltrato a mano ed a macchina e siccome le vigne sono accanto alla cantina, in pochi minuti dopo la raccolta inizia la macerazione che si protrae per circa 10 giorni. L’immediata vinificazione evita che i chicchi raccolti meccanicamente subiscano ossidazioni e fermentazioni per cui, da tante comparazioni effettuate, non si avverte alcuna differenza tra le due tipologie. Alla fine della fermentazione con lieviti selezionati il vino riposa in acciaio per 6 mesi e poi in barriques per oltre 14 secondo le annate. Non fa filtrazione, come tutti gli altri vini dell’azienda, ed affina in bottiglia per altri 6 mesi.
Colore rosso rubino fitto praticamente granato. All’olfatto sprigiona con buona intensità l’amarena mista a tanto pepe nero, liquirizia, note si piante officinali: menta, rosmarino e timo, vaniglia appena avvertibile. Un bouquet fine, spesso, molto equilibrato, da vino potente. Al palato arriva sorprendentemente fresco per la sua vivace acidità, seguono i tannini evidenti ma soffici ed un crescendo di alcolicità che si espande caldamente nonostante i soli 13,5 gradi. Densa corposità e complessa struttura. Si ritrovano i profumi nel retrolfatto lungo. Un grande vino che appaga, armonioso, di eccellente fragranza, che ha raggiunto maturità ed equilibrio, ma che può durare per altri anni.
Da abbinare a piatti di forte struttura o complessità. Carne stufata, magari nello stesso vino, pasta al forno ricca di ragout, salumi gustosi e possibilmente da assaporare davanti al camino accompagnandolo alle castagne arrostite. In enoteca a 22 euro.
RE MANFREDI |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |