Chardonnay e Viognier. E finalmente parliamo dell'Imperatore, del Re Sole dei vitigni bianchi.
Non perchè solo dalle sue uve vengano fuori i migliori vini in assoluto, ma per il fatto che il suo impero, la sua diffusione è totale nei cinque continenti. Effettivamente, come e più del Re, lo Chardonnay può dire: sulle mie campagne il sole non tramonta mai. E' un vitigno duttile che ama i terreni argillosi e quelli calcarei, i climi caldi e aridi o quelli freschi. Adatto ad essere vinificato per fini fermi, frizzanti e spumanti, in purezza e in uvaggio. Dai vini economici agli Champagne e ai grandi Borgogna, lo Chardonnay può diventare il protagonista, e lo fa spesso.
L'origine è discussa, chi lo fa provenire dall'Illiria, diventata poi Jugoslavia, chi da Gerusalemme. Una cosa è certa, il vitigno emigrò in Borgogna, in Francia che a quanto pare costituiva per le viti quello che l'America lo era per gli umani. E da lì continuò ad emigrare in tutti i continenti e siccome la Sicilia è terra ospitale, vi crebbe molto bene. Il successo planetario dello Chardonnay è dovuto alla sua capacità di dare vini profumati, ma non eccessivamente, acidi e quindi freschi, che sopportano bene sia il legno che l'acciaio, capaci di invecchiare. Insomma vini che piacciono, vini di successo. Inoltre si adatta bene sia nei territori freddi sia in quelli caldi e non è esigente per quanto riguarda la natura del terreno.
Aggiungiamo ancora che sa vivere da solo ma ama la compagnia dove però vuole essere il protagonista. Ecco spiegata in due parole la vittoria dell'Imperatore che è tanto sinonimo di vino bianco che in molte etichette francesi ed americane non viene nemmeno menzionato, basta la denominazione del vino. Potremmo occupare tutto il giornale parlando di Chardonnay, ma vedremo di farlo diventare telenovela a puntate in quanto in futuro non mancherà di ripresentarsi.
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Oggi descriviamo un uvaggio fifty-fifty Chardonnay-Viognier nel Cusora bianco IGP 2011 di Caruso & Minini. Siamo a Marsala e i 120 ha di azienda si estendono verso l'interno con quote che arrivano ai 400 m. Sono 8 ha di Chardonnay e 3 di Viognier. Sia in campagna che in cantina si fanno vini quasi biologici nel senso che non sono certificati e comunque i trattamenti e le lavorazioni non bio sono riservati a casi eccezionali, quando si ritiene di non poterne fare a meno. Con oltre un milione di bottiglie è già una realtà economica da non sottovalutare. Il Cusora che sarebbe l'anagramma di uno dei proprietari, è vendemmiato per primo, e il suo taglio internazionale è stato voluto per poter penetrare nei mercati esteri e fare da riuscita testa di ponte agli autoctoni. In cantina, sotto la guida dell'enologo Giuseppe Clementi, tutto il processo è in acciaio: criomacerazione a 4° per poche ore, pressatura dolce, illimpidimento statico del mosto, fermentazione a 16-18° per 20 giorni, affinamento in vasca per 4 mesi e in bottiglia per tre, dando 13° di alcol e 24.000 bottiglie per l'annata.
Analizziamolo. Colore giallo paglierino carico. Se lo avvicinate al naso a bicchiere fermo sentite erba, sentori vegetali, ma appena roteate si sprigiona una carica di frutta: banana, ananas, melone giallo, mela, non abbandonati da fiori, dalla salvia e dall'erbaceo; il tutto unito da note minerali ed esaltato da eleganza e franchezza. Un bel naso equilibrato.
Al palato arriva morbido, quasi molle per un attimo, ma non si ha tempo per notarlo che si sprigiona una bella acidità che rinfresca la bocca. Le note fruttate si avvertono appena in quanto spiccano quelle minerali che rendono il vino molto secco e dal lungo finale leggermente amarognolo. Un vino dalla duplice personalità, fruttato al naso, minerale in bocca e facile da abbinare ad un'infinità di piatti. Noi l'abbiamo accompagnato a dei busiati con cozze e pesto alla genovese, a calamari grigliati e ad una provola dei Nebrodi di media stagionatura. In enoteca a 9 euro.
Caruso & Minini |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |