Chianti DOCG, Sangiovese grosso 80%.
Già in epoca medicea e 16 anni prima del Bando Granducale che limitava la zona del Chianti, nel 1705, la famiglia Melini fondò a Pontassieve l’omonima Casa Vinicola. Siamo pertanto al cospetto della storia del Chianti, della sua evoluzione, della sperimentazione che nel 1830 introdusse una specie di pastorizzazione del vino e nel 1860 l’adozione del tipico fiasco in vetro temperato, del suo successo internazionale. Fu la prima in Toscana a vinificare secondo il principio della selezione del vigneto, del cru. Nel secolo scorso la famiglia Melini cedette l’azienda alla Buitoni e questa alla Martini & Rossi che infine l’ha venduta negli anni ’80 all’attuale proprietà, il Gruppo Italiano Vini.
Oggi Melini, che chiaramente continua ad identificarsi col Chianti, ha sede a Gaggiano di Poggibonsi, si è rinnovata, aumentando la superficie vitata a 524 ha, 5 fattorie, 5 milioni di bottiglie che per il 70% vanno oltre confine, una ristrutturazione totale della cantina, più di venti etichette che oltre ai Chianti, anche nella denominazione Classico, comprendono, tra l’altro, San Gimignano, Morellino di Scanzano, Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano, Vermentino.
Sotto la guida del direttore generale Marco Galeazzo da due anni a quella classica si affianca la linea Re Chianti per ricordare e rinnovare l’autenticità del vino toscano. Sono 3 etichette, vini di carattere che riprendono vecchie tradizioni, riletti in chiave contemporanea partendo anche da antichi metodi per abbinarsi ad una gastronomia più leggera, per essere goduti negli happy hour, per attirare un consumatore giovane che spesso desidera vini dall’approccio più immediato e coinvolgente. Vini arricchiti nella componente aromatica e fruttata, più morbidi, dal palato più semplice ma senza rinunciare all’identificazione sensoriale del Chianti.
Ecco allora un Chianti, un Chianti Riserva ed un Governo all’Uso Toscano, che degusteremo. Tutti nella nuova bottiglia a campana, che in realtà era già stata adottata negli anni ’60, rinnovamento nella tradizione. Delle varie denominazioni dei Chianti abbiamo scritto QUI. E siccome di Chianti ce n’erano pochi dal 2014 ci sarà anche il Chianti Classico Gran Selezione.
Ora concentriamoci sul Governo all’Uso Toscano, un nome lungo che intende comunicare la ripresa di una antica metodologia che si era persa: l’aggiunta di acini appassiti alla fine della fermentazione. Ce lo racconta Alessandro Zanette, l’enologo dell’azienda. Il vigneto, condotto come gli altri convenzionalmente, è a San Lorenzo, località di Poggibonsi, a 300 m di quota, a spalliera Guyot in terreni a base argillosa di medio impasto ricchi di scheletro. Raccolta, diraspatura, inizio della macerazione con prefermentazione a freddo per 3-4 giorni, poi la fermentazione a temperature ordinarie con lieviti selezionati. Nel frattempo un 15% dell’uva raccolta era stata posta in piccole cassette aerate e messa in locali di appassimento per quasi un mese. Finita la fermentazione e pressati dolcemente gli acini appassiti, mosto e bucce sono immerse nel vino innescando una seconda fermentazione lenta che dura altre 2 o 3 settimane. Questa tecnica veniva fatta nel passato per rinforzare i vini, aumentare la gradazione e arricchire il colore, visto che c’era una piccola percentuale di uve bianche. Dopo la svinatura finale maturazione in vasche di cemento ed in botti grandi fino ad 8 mesi e, previa filtrazione, un affinamento in bottiglia almeno di 3 mesi.
Versato nel calice il colore è rosso rubino brillante. All’olfatto i profumi fruttati si elevano già a bicchiere fermo: polpa fresca di amarena matura, di lampone, pepe, liquirizia anche se l’intensità non è massima. In bocca assume caratteri diversi secondo il grado di ossigenazione nel calice. Inizialmente tannini ed acidità si fondono con una leggera prevalenza della seconda. Poi invece predominano, ma di poco, i tannini vellutati . Una beva equilibrata di buon corpo, accattivante, non molto complessa ma elegante, che inizia fresca per divenire calda con i suoi 14°. Un palato fruttato con retrogusto amarognolo abbastanza lungo.
Rosso facile da abbinare, dalle carni grigliate o a spezzatino ai formaggi freschi e mediamente stagionati, ai salumi non molto grassi, da bere come aperitivo magari un tantino più fresco. Noi l’abbiamo apprezzato anche su una mozzarella di bufala. Sono 160.000 bottiglie che potrete trovare anche nella GDO ad un prezzo medio di euro 9,50.
Melini |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |