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Il dibattito

Franco Giacosa: “Il vino che rispetta l’ambiente sia la tradizione del domani”

13 Dicembre 2012
giacosa giacosa

Sui temi sollevati da Giusto Occhipinti, produttore vinicolo titolare di una cantina nel ragusano, interviene anche Franco Giacosa (nella foto), enologo direttore tecnico di Zonin sino allo scorso anno, che oggi si dedica alla conoscenza dei metodi della biodinamica e dell’omeodinamica, aiutando anche i produttori di vino che vogliono operare secondo una coscienza ecosostenibile.

L'ecosostenibilità in agricoltura e in particolare nell'attività vitivinicola è sempre stata per me fondamentale per cui, ho molto apprezzato il contenuto di quanto scritto da Giusto Occhipinti, e pubblicato da Cronache di Gusto. Ho trovato ogni aspetto espresso con garbo ed efficacia nell'articolo, francamente molto condivisibile. Il rispetto dell'ambiente e del consumatore deve essere un imperativo per tutti.

In generale buona parte dei produttori vitivinicoli sono ormai impegnati a rivedere i propri metodi di coltivazione e vinificazione sostituendoli con pratiche meno inquinanti e più salutari, per i produttori stessi e per il consumatore. Tuttavia molto resta ancora da fare per giungere ad una auspicabile conservazione della fertilità naturale dei suoli, a non inquinare le acque e l'aria, ad assicurare al consumatore un vino autentico, salubre e non eccessivamente manipolato con l'impiego massiccio di coadiuvanti enologici o con l'utilizzo di tecnologie che ne modificano profondamente le caratteristiche originali.
 
Prima di tutto occorrerebbe un cambiamento generalizzato di mentalità. Si tratta di non accettare acriticamente ciò che viene proposto e confezionato da società che producono o commercializzano fertilizzanti, agrofarmaci, coadiuvanti enologici, etc. necessari per consentire elevate rese produttive e produrre vini tecnicamente perfetti ma, a volte, spersonalizzati.
 
Se i cambiamenti oggi sono percepibili, è grazie soprattutto a diversi gruppi di viticoltori, testardi, determinati, disposti a rischiare che, nelle varie regioni viticole italiane, pur con immancabili difficoltà, errori, delusioni ma anche con rilevanti successi hanno adottato dei nuovi modi di coltivare la vigna e di fare il vino. E' un dovere aiutarli e supportarli. Il mercato sembra avvertire queste tendenze ed è sempre più disponibile verso i produttori impegnati in questo profondo cambiamento identificati con gli appellativi forse non perfettamente appropriati ma molto significativi di biologico, biodinamico o naturale. 
 
Si potrebbe innescare un ciclo virtuoso tale da attrarre sempre più produttori e consumatori, anche nei confronti delle altre produzioni agricole, a tutto vantaggio dell'ambiente, dell'uomo e delle future generazioni. Dobbiamo temere che diventi un fenomeno di moda?  Sappiamo che le mode sono effimere e quindi passeggere, ma quando le mode sono fondate su valori veri, ci sono ottime possibilità che non tramontino per diventare la tradizione del domani. Certamente gusti e stili subiranno nel tempo dei cambiamenti ma il rispetto per la terra, il rispetto per l'ambiente e per l'uomo dovranno necessariamente affermarsi. E' una necessità urgente!
 
La produzione biologica e biodinamica non ha ancora raggiunto una quota consistente, nel 2011 l'estensione dei vigneti convertiti a biologico ammontava a 52.812 ettari (dati Sinab) ma è auspicabile che subisca un notevole incremento. Esempi virtuosi non mancano anche presso aziende di ragguardevoli dimensioni. Forse se si innesca un probabile fenomeno riconducibile alla moda, potrebbe costituire un impulso rapido per il coinvolgimento anche delle grandi realtà vitivinicole italiane oggi ancora molto timide nel convertirsi al biologico e meno ancora al biodinamico. Potrebbe crearsi una sinergia nella messa a punto di metodologie di produzione volte alla conservazione e al miglioramento nel tempo dei suoli, dell'ambiente e della qualità della vita in generale.
 
Si potrebbe così contare anche su una maggiore attenzione degli enti di ricerca per la soluzione, senza intervento della chimica, dei diversi problemi che ancora i piccoli e medi produttori devono superare. Sopratutto per eliminare eventuali piccoli o grandi difetti talvolta ancora presenti in alcuni vini (in via di rapida riduzione) che possono mascherare le innegabili bontà. La ricaduta sullo sviluppo dei mercati non sarebbe da sottovalutare.
 
Personalmente, come Giusto Occhipinti, sono affascinato dalla perfezione della natura e credo molto nella opportunità di sviluppare, con i debiti adeguamenti, i metodi biologici e biodinamici tant'è vero che nel luglio del 2011 ho scelto di terminare gli impegni professionali e dedicarmi alla conoscenza e all'esplorazione di ciò che possono offrire ai viticoltori e ai vinificatori dette metodologie di produzione. Anzi mi sono spinto oltre, cercando di conoscere meglio l'omeodinamica che, ai concetti della biodinamica, applica anche quelli dell'omeopatia (pratica che fa ricorso all'impiego di preparati omeopatici con diluizioni tali dei principi attivi da non renderli più riscontrabili all'analisi chimica).
 
Forse sono solo utopie. Ma, come alla fine degli anni '60, quando ipotizzavo che il Nero d'Avola potesse raggiungere la stessa dignità (e apprezzamento) dei più grandi vitigni italiani come il Nebbiolo, il Sangiovese e altri, l'utopia si è realizzata in modo così ovvio da non porsi neanche più in discussione, spero proprio che si realizzi anche quest'altra utopia.
 
Perdonatemi l'atteggiamento da sognatore.
 

Franco Giacosa