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Il prodotto

Formaggi non a denominazione, i produttori rivendicano pari dignità rispetto alle Dop e il marchio d’impresa

22 Maggio 2013
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A fronte del calo dei consumi interni si registra una crescita nell'export verso i paesi Mist e Bric


Un momento del dibattito a TuttoFood

Ancora il settore lattiero caseario al centro dei dibattiti che hanno animato TuttoFood a Milano.

 Dai dati del rapporto Ismea il trimestre gennaio-marzo 2013 è stato incerto, con una lieve ripresa dei prezzi alla produzione di latte e derivati ma con un calo duraturo delle quotazioni dei formaggi duri (-6,6% rispetto al I trimestre 2012) e dall'altrettanto negativo andamento del prezzo del latte alla stalla (-3,1%). Il buon andamento dell’export l’anno scorso lascia invece presagire una buona performance anche per il 2013, soprattutto nei paesi “MIST” (Messico, Indonesia, Corea del Sud e Turchia) e “BRIC” (Brasile, Russia, India, Cina). Riguardo ai consumi, gli acquisti tramite canale retail risultano in ripresa ma si riduce la spesa ed il consumo di latte fresco e yogurt mentre cresce il consumo di formaggi (+2,1%), anche se con andamenti differenziati per i diversi segmenti merceologici.

Di consumi, mercati ma anche tradizione casearia si è discusso al convegno che si è svolto lunedì a TuttoFood  dal titolo provocatorio “Similare sarà lei. Come e perché i formaggi non DOP rappresentino vera tradizione e formidabile beneficio per consumatori e mercato”.  “Il termine similare – riferisce Roberto Brazzale, presidente dell’omonima azienda casearia – ha una connotazione negativa che non rispecchia la tradizione e la storia dei nostri prodotti.  Il Consorzio del Grana Padano vieta l’utilizzo del nome “grana” come termine generico ma noi per primi non vogliamo confondere il nostro prodotto con la Dop, riconoscendo che il nostro formaggio è un’evoluzione della stessa. Per questo motivo – continua – proponiamo il nome “prodotti a marchio d'impresa”, mettendoci il nostro nome e la nostra faccia e lavorando su ricerca e innovazione per fornire ai nostri clienti un prodotto unico”.

Riguardo all’evoluzione che ha attraversato questa Dop, il professore Germano Mucchetti, docente di tecnologia casearia all'Università di Parma, ha spiegato come il formaggio Grana sia stato protagonista di una serie di trasformazioni, riguardo  alle zone di produzione, nella denominazione ed anche nelle dimensioni passando dai dai 13 chili del XV secolo agli oltre 30 chili attuali. “Le caratteristiche dei prodotti Dop – conclude Brazzale – sono riscontrabili anche in quelli non Dop. Ciò che  ci distingue è la loro natura consortile, dove la legge garantisce i produttori di materia prima, e le nostre singole aziende, dove al centro del lavoro degli imprenditori c’è innanzitutto la soddisfazione del consumatore”. Il dibattito è aperto.

Daniela Corso