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La ricerca

Vini senza solfiti, ecco il protocollo enologico sperimentale dell’Irvos e i risultati della ricerca

20 Marzo 2013
distefanograssini distefanograssini

In anteprima la degustazione dei campioni. La ricerca verrà presentata al Vinitaly e ha visto la collaborazione di Graziana Grassini e Rocco Di Stefano


Rocco Di Stefano e Graziana Grassini

Un nuovo protocollo enologico per produrre vini senza solfiti e di alta qualità.

E’ ancora in fase sperimentale ed è stato condotto utilizzando uve Grillo e Nero d’Avola.  Il progetto lo ha voluto mettere in campo l’Irvos,  fa capo all’Unità Operativa di Biotecnologia coordinato da Daniele Oliva e ha visto la prestigiosa partecipazione, per la definizione del protocollo stesso, del professore Rocco Di Stefano della Facoltà di Agraria di Palermo e di Torino e dell’enologa Graziana Grassini, il tecnico che firma alcune delle etichette icona del vino italiano, come il Sassicaia.

Quartier generale dell’equipe è stata la cantina Dalmasso di Marsala. La sperimentazione ha richiesto tre anni di tempo, e adesso, avvenuto l’imbottigliamento, arrivano i primi risultati sul gradimento del vino. A questo primo stadio, infatti, qualora in vigna e in cantina si seguano determinati accorgimenti e paletti, appunto rispettando il protocollo, i vini senza solforosa si sono mostrati con un profilo di alta qualità che è stato gradito: praticamente hanno goduto dello stesso peso nella preferenza degli assaggiatori, allo stesso modo dei vini con solforosa. Il panel di degustazione ha esaminato alla cieca i campioni nel nuovo reparto preposto all’analisi sensoriale della sede centrale dell’Istituto a Palermo. Concentrandosi esclusivamente sull'aspetto olfattivo e gustativo, si è diviso equamente, al 50%, nell’apprezzamento dei vini con e senza solfiti. Sebbene quelli senza solforosa avessero un profilo distinguibile dagli altri, a molti dei degustatori, ignari quindi, sono piaciuti. E ha dato un risultato ancora più sensazionale l’assaggio dei campioni di Nero d’Avola. Il panel non ha riscontrato alcuna differenza tra le due tipologie di campione dal punto di vista organolettico.

Siamo partiti dagli ultimi dati per spiegare l’obiettivo della sperimentazione ancora in “work in progress”. Come chiarisce Oliva: “La cornice in cui si inserisce la linea di  ricerca è quella di un mercato dei consumatori sempre più attenti agli aspetti salutistici e che vede le decisioni prese dalla Comunità Europea, nell’ottica di tutelare la salute dei consumatori, di ridurre l'utilizzo di questa sostanza nociva. E’ chiaro che l’orientamento sarà scegliere sempre di più vini senza solfiti, e così l’Istituto ha pensato di individuare protocolli tecnici che fossero ripetibili ed esportabili in cantina”. Ed ecco il perché della selezione del Grillo e del Nero d’Avola, i vitigni utilizzati dal 70% delle aziende siciliane. Ma c’è una motivazione dettata anche dalle caratteristiche delle due varietà che le rendono adatte alla produzione di vini senza solfiti. Il protocollo, infatti, chiede uve che possano, da un lato con la giusta acidità, e gioca un ruolo fondamentale il tempo di raccolta, e dall’altro con il corredo polifenolico, sopportare gli inevitabili processi che scattano durante la vinificazione senza la protezione dall’ossigeno. Il Grillo, vendemmiato nel momento previsto dai ricercatori, ha un’acidità che gli consente di superare al meglio la malolattica e il Nero d’Avola possiede un alto contenuto di polifenoli che fanno da scudo, preservandolo dall’ossigeno.
 
Il protocollo messo a punto dall’Irvos non è però applicabile tout court, da qualsiasi azienda e in qualsiasi condizione. Mira ad una produzione di alta qualità ed esige, prima di tutto, uve sanissime, e cantine che, oltre ad avere l’ambiente ideale e asettico per accogliere questo tipo di vinificazione, siano in grado di utilizzare, con i giusti strumenti, i gas inerti previsti (che sono di tre tipologie), e che utilizzino i ceppi di lievito selezionati. Le aziende devono essere appunto preparate, e rispettare tutti i paletti prima di potere applicarlo. “La mission – conclude Oliva – è dare nuovi strumenti agli enologi.  Adesso aspettiamo l’evoluzione che il vino avrà in bottiglia, e quindi un altro anno. E poi dovremo capire se si possono ottenere gli stessi risultati con i volumi aziendali. Dobbiamo quindi trovare aziende che siano disponibili ad usare il protocollo in via sperimentale, così come è stato fatto con il progetto Inoveno”.  Circa 100 i litri vinificati. E sia Grillo che il Nero d’Avola verranno presentati e fatti degustare al Vinitaly presso lo stand della cantina sperimentale dell’Irvos. Alla ricerca hanno anche lavorato Valentina Gandolfo dal punto di vista enologico e Giovanna Ponticello per quanto riguarda l’analisi microbiologica.
 
Cronache di Gusto ha assaggiato i campioni di Grillo prodotti per il progetto in anteprima e alla cieca, identici ma con variabili “con, con poco e senza solforosa”. Ecco le nostre note di degustazione.

Campione Grillo con solfiti
Colore giallo paglierino brillante con qualche riflesso verdolino. Naso  intenso, netto, pulito. Note fragranti di frutta e fiori, tra cui  agrumi, glicine, pesca, mela smith. Splendido il varietale del grillo.  La bocca è fresca e sapida, di buon equilibrio. Buona anche la  persistenza aromatica. Il peso del vino è tutto spostato verso una  fragrante piacevolezza. La facilità di beva è notevole.

Campione Grillo con pochi solfiti (inoculata in piccolissima percentuale solo al momento dell'imbottigliamento)
Il colore è giallo paglierino. Al naso si mostrano profumi di frutta  quali kiwi, frutta a polpa gialla e note verdi, pepate. Leggermente più  evoluto, rispetto al precedente campione, è tuttavia fresco ed  equilibrato. In bocca è leggermente più caldo, con un buon equilibrio  tra sapidità e corpo. Bella anche la sensazione minerale e discreta  persistenza aromatica. E’ un interessante compromesso tra le sensazioni  giovanili, varietali, e l’evoluzione.

Campione Grillo senza solfiti
Colore giallo paglierino con qualche riflesso ramato. Il naso è intenso,  carico, difficile. Rimembranze di frutta, spiccano invece le note  eteree, di smalto, rinforzate da una ricca mineralità. Il terreno  olfattivo si è spostato con decisione verso sensazioni evolute. In bocca è secco, caldo, con tangibile rispondenza tra naso e bocca.  Equilibrato e sapido sul finale. Da bere leggermente più caldo.  L’aspetto varietale è quasi svanito, lasciando spazio a note terziarie.

M.L. e F.P.